Leggende metropolitane sulle carni eterne
Molte sono le leggende metropolitane sulle carni, non ultima la storia di un cittadino americano che per 14 anni avrebbe conservato un hamburger nel frigorifero di casa per esibirlo in programmi televisivi mostrandone il buono stato di conservazione e l’assenza di muffe. Altra storia è quella del californiano David Whipple, che attribuisce la conservazione degli hamburger a conservanti misteriosi, additivi sconosciuti e altri strani ingredienti aggiunti per garantire vita eterna all’hamburger.
Periodicamente negli States vi è qualcuno che cerca un minuto di celebrità con storie analoghe.
Fin dal 2007 su YouTube gira un video, Bionic Burger, nel quale Len Foley sostiene di avere collezionato hamburger vecchi di 18 anni. L’artista Sally Davis di New York fotografa un Happy Meal (panino e patatine) per 145 volte per dimostrare che i prodotti non ammuffiscono. La blogger Keren Hanrahan, nel suo Best of Mother Earth, racconta di un hamburger acquistato nel 1996 e da lei usato per 14 anni per spiegare a bambini e genitori quali sono i danni di una cattiva alimentazione. La multinazionale Burger King, dopo essere stata al centro di una bufera mediatica per uno slogan sulle donne che stanno bene in cucina, l’8 marzo 2021 ha lanciato una pubblicità per promuovere il nuovo hamburger, il Moldy Whopper, con uno spot che presenta il panino pieno di muffa, dimostrando che cosa succede ad un hamburger lasciato lì per un mese e sottolineando come gli ingredienti usati siano freschi e senza conservanti.
Le carni eterne sono fenomeni forse inventati o naturali, perché da tempo immemorabile è noto che le carni, in particolari condizioni, si possono conservare senza additivi ma semplicemente per disidratazione ed essicazione, come dimostrano anche antichissimi reperti di carni mummificate egiziane.
Carni per l’eternità nelle tombe egiziane
Nelle tombe degli egiziani più ricchi, la mummia è accompagnata dalle immagini o piccole sculture di servitori e da immagini di cibi o cibi adeguatamente trattati. Tra questi ultimi, semi, pani e carne essiccata sono i ritrovamenti più comuni.
Le tecniche usate per preparare la carne al viaggio nell’aldilà sono molto diverse: si va dalla semplice essiccazione fino all’avvolgimento in bende intrise di balsami molto ricercati, come accade per le mummie. Per la conservazione delle carni tramite mummificazione gli egiziani usano bende, grasso di origine animale, cera d’api e resina di lentisco. La carne così trattata dura per millenni, come nel dettaglio hanno dimostrato i ricercatori dell’università di Bristol in una pubblicazione sulla rivista Pnas dell’Accademia americana delle scienze. Carni mummificate trovate e studiate nelle tombe sono un cosciotto di capra e un’anatra, ma il piatto più pregiato è quello a base di costole di manzo nel quale la carne è avvolta da bende intrise di grasso, cera d’api e resina di lentisco, un piatto che nell’antico Egitto è considerato un bene di grande lusso. Per la conservazione dei piatti di carne gli egiziani usano una resina molto pregiata derivata dalla Pistacia lentiscus, più comunemente nota come lentisco o mastice di Chio, perché questa sostanza è un potente antibatterico e quindi un prezioso conservante. La resina è importata dalla Siria o dal Libano e usata per la mummificazione degli uomini e delle donne appartenenti alle più influenti élite; questo indica che la carne e i piatti di carne sono trattati con lo stesso rispetto dei corpi umani. Non è però da escludere che la resina di lentisco sia adoperata anche per insaporire le pietanze destinate ai vivi, perché ancor oggi è adoperata in diversi piatti tipici dei paesi del mediterraneo orientale, quali un gelato particolarmente apprezzato in Turchia e il liquore mastika tipico dell’isola di Chio.
Hamburger e prosciutto vecchissimi
Che le carni si possano conservare a lungo con il solo essiccamento, con o senza congelamento, è ampiamente dimostrato anche dalle mummie ritrovate in tutte le parti del mondo. Per quanto riguarda le carni alimentari vi sono però due esempi particolari che riguardano un hamburger di 51 anni e un prosciutto di 118 anni.
Nell’edificio legislativo di Alberta, Provincia del Canada, dal 1969 giace archiviato un hamburger, ora in una confezione di plastica. Nel 1969 l’Assemblea Legislativa sta discutendo una legge che riguarda le forniture, e tra queste anche quelle alimentari; nella discussione è presentato anche un hamburger, che diviene di proprietà ufficiale della documentazione relativa alla legislatura. Per questo gli è assegnato un numero (301/69), ed è debitamente archiviato insieme a tutti gli altri rapporti governativi. Dopo varie traversie, oggi l’hamburger rivestito di plastica è ancora presente nella libreria Legislature di Alberta come originariamente previsto. A parte l’aspetto, non si hanno più precise informazioni sulla sua eventuale commestibilità.
Il prosciutto più antico conosciuto risale al 1902 e ha quindi quasi 120 anni. Si tratta di un prosciutto di maiale originariamente lavorato e stagionato in tale anno dalla compagnia di carne P. D. Gwaltney Jr & Co., Inc. di Smithfield, nello Stato Americano della Virgina, poi perduto nella fabbrica stessa dove viene scoperto due decenni dopo da Pembroke D. Gwaltney Jr.
Al prosciutto ormai di 20 anni è fissata una placca di ottone ed è presentato in varie esposizioni per dimostrare che la carne lavorata dalla ditta può essere conservata senza essere refrigerata. Infatti, il processo di stagionatura a secco utilizzato nella lavorazione del prosciutto prevede solo la salatura della carne e il drenaggio del sangue, il che consente una maggiore conservabilità e un sapore piccante. Il prosciutto è ora conservato nel l’Isle of Wight County Museum Smithfield (Virginia, USA) e custodito in una teca climatizzata con altri due prosciutti, uno dei quali di orso e l’altro presumibilmente il prosciutto più grande del mondo. I microbiologi dicono che da un punto di vista di sicurezza sanitaria il prosciutto ormai ultracentenario potrebbe essere ancora commestibile, ma sulle proprietà gustative di un prosciutto così a lungo stagionato e certamente molto asciutto vi potrebbero essere dei dubbi. Il museo che ospita il prosciutto centenario, nel luglio di ogni anno ne celebra il compleanno con una festa.

Prosciutto di 118 anni (al centro) e prosciutto di orso (a sinistra) conservati nell’Isle of Wight County Museum Smithfield, Virginia USA.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.
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