Per far fronte all’esplosione dei costi dell’energia e dei fattori di produzione causata della guerra, la Commissione auropea ha annunciato a marzo l’attivazione della riserva di crisi, uno strumento previsto nella PAC con uno stanziamento di circa 500 milioni di euro, che dalla sua creazione nel 2013 non era mai stato utilizzato.

Allo stesso tempo, la Commissione ha annunciato la possibilità per gli Stati membri di integrare in larga misura questo sostegno al settore agricolo con fondi nazionali. Inoltre, il massimale per gli aiuti de minimis, aiuti nazionali che possono essere attuati senza la preventiva autorizzazione della Commissione, è stato portato a 25.000 euro in 3 anni.

Gli Stati membri hanno fatto ampio uso di queste flessibilità. Secondo l’analisi del think tank agricolo Farm Europe, alla Commissione sono stati notificati quasi 20 programmi dedicati all’agricoltura per il 2022, per un importo complessivo di quasi 4 miliardi di euro. Ciò rappresenta un 10% degli importi degli aiuti diretti. Parte di questo aiuto, circa un terzo, è stato mobilitato per far fronte all’impennata dei prezzi dei fertilizzanti, attraverso una distribuzione geografica e settoriale molto diseguale.

L’Italia in particolare, che con 1,2 miliardi è stato il paese che ha stanziato più fondi, ma anche la Svezia, la Polonia, l’Austria e la Bulgaria, hanno liberato ingenti volumi finanziari per il settore agricolo, che secondo Farm europe rappresentano più di una semplice compensazione per la perdita economica legata all’inflazione e alla relativa perdita di valore dei pagamenti diretti per i loro agricoltori. Questo chiaro sostegno all’agricoltura non si trova in altri Stati membri, creando secondo il think tank gravi distorsioni.

Un secondo gruppo di paesi, tra cui Paesi Bassi, Francia, Germania, Spagna, Estonia, Slovenia e Ungheria, ha parzialmente compensato lo shock, senza fare dell’agricoltura uno dei settori prioritari. Infine, un terzo gruppo di Stati membri (Repubblica ceca, Grecia, Belgio e Danimarca) che a volte è stato anche duramente colpito dalla crisi, non è stato in grado di fornire un sostegno significativo al proprio settore agricolo per motivi politici o di bilancio.

A questi aiuti si sono sommati anche quelli versati all’agricoltura nell’ambito dei vari programmi residui legati alla pandemia di Covid-19. 850 milioni di euro sono stati sbloccati nel 2022, che secondo Farm europe corrisponderebbero al 12% della dotazione annuale per gli aiuti diretti, il 33% per l’Italia. Per una corretta analisi, vanno citati anche i 25 miliardi di euro svincolati dai Paesi Bassi nell’ambito del piano nazionale di transizione agricola, ovvero 2 miliardi di euro all’anno.

Per evitare gravi distorsioni economiche, – avverte Farm Europe – parallelamente al tanto necessario e legittimo sostegno al settore agricolo di fronte a una grave crisi, è urgente riflettere sulla moltiplicazione degli aiuti a livello nazionale, piuttosto che a livello comunitario, per un settore coperto da una forte politica comune. La riserva di crisi ha dimostrato sia la sua utilità che la sua inadeguata dotazione di bilancio in caso di uno shock per tutti i settori agricoli.”

“La mancanza di margine di bilancio all’interno della PAC –  si legge nella nota – richiede una riflessione approfondita sulle modalità di azione per far fronte alle crisi, ancor più in un momento in cui la nuova PAC prevede ulteriori flessibilità. Come dimostra l’entità dei volumi finanziari attualmente liberati a livello nazionale, è necessaria una netta rivalutazione al rialzo della riserva di crisi affinché possa essere la principale leva di solidarietà per il settore agricolo europeo, coniugando reattività ed equità sia tra Stati membri che tra i settori agricoli.