800 a. C.

Antiche leggende e soprattutto il successo del poema Odissea nella forma attribuitagli da Omero, in tutti i paesi del mediterraneo vi è un vivo interesse per il formaggio che Polifemo produce nella Terra dei Ciclopi e per questo sono mosso a intervistarlo. Un compito non facile, non solo per l’indeterminatezza delle leggende e dello stesso Omero sul luogo, ma anche per il carattere di Polifemo. Omero è un poeta, non uno storico e in quanto cieco, almeno così si dice, non dà precisioni sulla Terra dei Ciclopi, anche se la si ritiene situata in Sicilia ai piedi dell’Etna, così ritengono anche i navigatori greci che audacemente si spingono verso le Colonne d’Ercole. Non manca però chi situa la terra dei Ciclopi a nord di Napoli fra le scogliere di Posillipo dove da tempi immemorabili vi sono grotte che servono da abitazioni rupestri, o nelle isole Egadi anch’esse con grotte di antiche frequentazioni. Polifemo inoltre è così denominato perché, come dice il suo nome, parla molto, è un chiacchierone e quindi uomo non sempre affidabile, ma soprattutto perché, secondo Omero, è un pastore dal difficile carattere che nella Terra dei CiclopiQui un uomo aveva tana, un mostro, / Che greggi pasceva, solo, in disparte, / con gli altri non si mischiava, / ma solo viveva, aveva animo ingiusto. / Era un mostro gigante; e non somigliava / a un uomo mangiator di pane, ma a picco selvoso / d’eccelsi monti, che appare isolato dagli altri.” Dopo diverse peregrinazioni nel Mediterraneo e dopo alcuni infruttuosi tentativi, in una terra che gli abitanti affermano abitata da Ciclopi, riusciamo a incontrare un rude pastore cieco, vestito di pelli e dal carattere scontroso da tutti chiamato Polifemo.

Seguendo il consiglio degli abitanti del luogo, sul far della sera lo attendo all’imbocco della grotta che fa da abitazione e stalla per il gregge di pecore e che Polifemo guida con l’aiuto di un giovane di cui si fida e al quale consegno l’otre di buon vino che ho portato per ingraziarmi il rustico pastore. Il giovane informa della mia presenza Polifemo che, dopo aver assaggiato e poi bevuto un abbondante misura di vino, prima che io possa parlargli quasi aggredendomi mi dice. “Non creda a tutti quanto di falso si è detto e si dice di me, e sono disposto a rispondere a alcune sue domande solo sulla mia attività di casaro e sul formaggio che produco”.

Celebre pastore, nel ringraziarla di questa precisazione le confermo che è proprio mia intenzione chiederle notizie sulla sua attività di chi non coltiva la terra, non pratica il mare ed esercita la pastorizia con pecore e capre trasformando il latte in formaggi con un tipo di allevamento di grande interesse.

Con la sua domanda lei ha colpito un argomento di cui sono molto orgoglioso: la razza delle mie pecore e capre, animali grassi, dal vello fortissimo, belli e grandi, con lana color di viola e le cui femmine producono molto, ottimo latte. Gli animali sono alimentati al pascolo dove sono condotti di mattino per rientrare di sera, con l’abbeverata nei ruscelli e fiumicelli e una grotta che mi serve da abitazione, stalla e luogo di produzione del formaggio. Pratico una doppia mungitura, mattina e sera, in stalla, non differenziata tra pecore e capre e in presenza del redo. Per produrre il formaggio ho secchi e vasi per la mungitura, boccali per contenere il siero residuato dalla coagulazione del latte, canestrelli intrecciati per raccogliere la cagliata e graticciati per la maturazione del formaggio. Il formaggio lo preparo con il latte intero, misto ovi-caprino e della mungitura della sera.

Nel ringraziare per aver accettato questa intervista, mi può dare qualche altra informazione sul suo formaggio? A chi lo vende?

Qui tocchiamo un aspetto delicato: per far coagulare il latte uso il lattice dei fichi, ma soprattutto delle erbe che solo io conosco e che non voglio rivelare. Il formaggio lo faccio maturare su graticciati che ho costruito nella mia grotta, anche attraverso la affumicatura, per ottenere un formaggio stagionato che può anche essere grattugiato. Anche Omero ricorda che quando Macaone è ferito alla spalla destra Nestore gli consiglia: “Siedi, bevi e gratta del formaggio di capra nel vino e mangia molta cipolla, perché ti stimoli a bere” e sempre da Omero è detto che la bionda Ecamede versa a Nestore e a Macaone una bevanda ristoratrice fatta con farine, vino e formaggio. Le mie pratiche di preparazione del formaggio sono molto migliori di quelle di una semplice acidificazione del latte di altri popoli orientali. Il mio formaggio è prodotto durante la stagione primaverile e estiva, dopo il parto degli animali e quando i pascoli sono abbondanti e quando le forme sono stagionate lo vendo soprattutto ai marinai che lo usano come cibo durante le loro lunghe navigazioni e ai mercanti fenici.

 

 

 

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.