Ismea ha publicato un nuovo report “Carne ovicaprina: tradizione a tavola e provenienza locale sostengono il mercato” che riporta la situazione del mercato della carne ovicaprina in Italia a seguito della pandemia Covid-19.
La produzione nazionale della carne ovicaprina ha subito l’iniziale impatto delle restrizioni “Covid-19”, ma ha recuperato nella parte finale dell’anno; tale mercato si è quindi ritrovato tra la crisi del 2020 e la ripresa del 2021.
La produzione nel 2020 ha subìto, come tutte le altre produzioni, l’impatto della crisi sanitaria mondiale che ha avuto il suo esordio in Italia, proprio a ridosso dei mesi di marzo e aprile, periodo in cui si concentrano oltre un terzo delle vendite annuali. La situazione di incertezza e le successive limitazioni imposte dai DPCM per contenere la diffusione del virus hanno provocato un immediato arresto della domanda e nei mesi di marzo aprile, e le macellazioni hanno segnato flessioni del 14,5% e del 28,9% (con oltre 224 mila agnelli in meno avviati al macello). Il recupero della fiducia per un ritorno alla normalità ha però ridato slancio alla domanda che, associata ad un maggior numero di capi disponibili per le mancate macellazioni di Pasqua, nei mesi successivi, ha fatto sì che il numero dei capi macellati sia risultato sempre maggiore rispetto al 2019. Nel mese di dicembre, che corrisponde al periodo di massima domanda dell’anno, le macellazioni sono risultate inferiori rispetto all’anno precedente (-11%); tuttavia, la flessione è stata meno importante rispetto a quella registrata a Pasqua, tanto da sorprendere le aspettative dei produttori, che in assenza di flussi turistici e con i ristoranti chiusi e le tavolate natalizie vietate anche in casa, temevano un risultato peggiore.
Gli allevamenti di ovini e caprini in numeri
Secondo il censimento al 31 dicembre 2020 dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica in Italia, risultano presenti circa 7,6 milioni di capi, di cui poco più di un milione di caprini e oltre 6,5 milioni di ovini. Di questi ultimi, 2,7 milioni di capi risultano registrati in allevamenti con orientamento produttivo carne o misto. A livello territoriale, quasi i due terzi del patrimonio si localizza in 4 regioni con un’elevata concentrazione nelle Isole, dove si trovano oltre la metà dei capi censiti a livello nazionale. In Sardegna si si alleva quasi la metà del patrimonio ovino nazionale (47%); a seguire la Sicilia, con il 12% dei capi e, poi Lazio (9%) e Toscana (5%).
La filiera ovicaprina si caratterizza per l’elevato numero di operatori nella fase agricola e da una dinamica strutturale orientata ad una costante diminuzione, confermata anche nel 2020, a causa del progressivo abbandono dell’attività da parte di aziende di ridotte dimensioni e meno competitive. Gli allevamenti ovicaprini attivi nel 2020 sono 138.211, quasi 9 mila in meno rispetto a cinque anni fa (-6,1%). La Sardegna detiene il primato anche per il numero degli allevamenti (pari al 14% del totale), seguita da Lombardia e Sicilia.
Più prodotto nazionale sulle tavole degli italiani
Importante è la presenza delle Indicazioni Geografiche che, con tre IGP e oltre 6.500 tonnellate di carne certificata, rappresentano più del 20% della produzione nazionale. Parliamo di oltre 900 mila i capi certificati, di cui l’80% afferenti all’Agnello di Sardegna IGP (755mila capi), 100mila i capi afferenti all’Abbacchio Romano IGP e 60mila gli Agnelli del Centro Italia IGP, per un valore che supera i 43 milioni di euro e che, considerato il rinnovato successo di quest’annata, è probabilmente destinato crescere.
Inaspettatamente la voglia di tradizione ha vinto sulla crisi economica, sanitaria e sociale ed il bilancio a fine anno, considerata la particolarità della situazione, è stato solo parzialmente negativo: a fronte di una flessione complessiva delle macellazioni rispetto alla precedente annata (-4,1%), sono rimasti pressoché stabili i capi macellati di provenienza italiana ed a ridursi sono stati i capi di provenienza estera (-36%), in particolare nei mesi di aprile (-67%) e dicembre (-39%) in cui generalmente si concentra l’offerta di capi provenienti da oltreconfine.
L’andamento del mercato degli agnelli
Il mercato della carne ovina ha subito un tracollo dei listini per gli agnelli (-16% rispetto alla Pasqua 2019). Per sostenere questo settore la Commissione Europea ha introdotto un regime eccezionale e temporaneo di ammasso per le carni ovine e caprine (Regolamento UE n. 2020/595), cui si sono aggiunte le risorse nazionali del “Decreto competitività” con il pagamento aggiuntivo di 9 euro/capo per gli agnelli macellati nei mesi di marzo e aprile 2020. Ciò ha contribuito a stabilizzare il mercato e facilitarne la ripresa negli ultimi tre mesi del 2020, in corrispondenza del secondo picco stagionale. Gli scambi degli agnelli si sono intensificati in netto anticipo rispetto alle festività natalizie, anche perché molti importatori non avevano sottoscritto contratti con l’estero a causa della generalizzata incertezza dovuta al perdurare dell’emergenza Covid sia per i prezzi più alti praticati da Ungheria e Romania (che rappresentano l’80% delle forniture estere), e le quotazioni hanno raggiunto precocemente i 4,20 euro/kg di peso vivo (pareggiando il livello del Natale 2019).
Dopo mesi di scambi lenti agli esordi del 2021, il mercato pasquale del bestiame e delle carni ovicaprine ha evidenziato un buon andamento, facendo registrare segnali di normalizzazione dell’attività produttiva e commerciale. I prezzi all’origine degli agnelli nelle quattro settimane precedenti la Pasqua sono progressivamente aumentati, passando da 3,38 euro/kg a 4,29 (+27%), risultando mediamente superiori sia rispetto alla stessa fase della campagna precedente (+14%), che, come anticipato, è stata profondamente influenzata dalle misure di contenimento della pandemia, sia rispetto a quella del 2019 (+0,8%).
I prezzi pagati agli allevatori sono stati diversi in base alla zona: le quotazioni più elevate si sono registrate in Sardegna (3,70-5,10 €/kg per gli agnelli 8-12 kg), anche grazie all’affermazione e al consolidamento di mercato del prodotto IGP “Agnello di Sardegna” che rappresenta attualmente oltre 1/4 del totale delle carni di agnello italiane. Nell’areale toscano la contrattazione degli agnelli da latte sulla piazza di Grosseto è passata da 3,05 a 4,35 euro/kg nella Settimana Santa, mentre su quella di Firenze il valore massimo delle quotazioni si è fermato a 3,65 euro/kg. Nel Lazio il prezzo rilevato nella settimana pre-pasquale è stato di 4 euro/kg su Viterbo (con riferimento ai capi di peso 12-20 kg), mentre in Puglia le quotazioni si sono assestate sui 4,10 euro/kg per i capi di meno di 12 kg di peso. Le quotazioni all’ingrosso della carne di agnello hanno replicato il medesimo andamento del mercato del vivo registrando nella Pasqua 2021 una ripresa anche più intensa (+18% rispetto al 2020 e +3% rispetto al 2019) anche come conseguenza di una minore pressione delle importazioni.
Il Centro Italia traina i consumi: +21% nei primi due mesi 2021
A livello territoriale i dati dell’ultimo periodo mostrano un andamento diversificato delle vendite nelle quattro macroaree: particolarmente evidente il recupero nell’areale del Centro dove tradizionalmente si consuma l’agnello da latte, in particolare sono in netto aumento i dati sulle vendite che arrivano dai mercati tradizionali come la Sardegna e il Lazio (+6,5% nel 2020 e +21% nei primi due mesi 2021), ma positivo è anche il trend di regioni come Lombardia e Piemonte che iniziano ad apprezzare sempre di più il consumo dell’agnello da latte (+11,5%nel 2020). Di contro restano con segno negativo le dinamiche di consumo nell’areale Sud (-8,2% nel 2020 e -4,7% nei primi mesi 2021), che essendo l’areale con peso maggiore (44% sul totale Italia) frena il recupero del dato complessivo nazionale, lasciandolo appena sfiorare i livelli pre-crisi Covid.
Una filiera rilevante soprattutto per la funzione sociale e ambientale
I produttori aderenti ai consorzi IGP, per ampliare il mercato, stanno mettendo a punto delle strategie come: investire in tecnologie di packaging che consentano al prodotto di avere una shelf-life maggiore conservando le caratteristiche fisiche e organolettiche del prodotto fresco (favorendo così anche una maggiore destagionalizzazione del prodotto) e proporre tagli di carne più piccoli per meglio rispondere alle nuove esigenze del consumatore.
Infine, l’analisi dei dati e le dinamiche in atto sembrano confermare che a dispetto del ruolo marginale assunto dal settore ovicaprino nell’economia agricola nazionale (il settore vale infatti circa 624 milioni di euro, pari a poco più dell’1% del valore della produzione agricola nazionale a prezzi correnti, di cui 164 milioni generati dal segmento della carne), la presenza degli allevamenti ovicaprini risulta determinante per la funzione sociale e ambientale di mantenimento e presidio del territorio in aree marginali.
Scarica il report Ismea: Tendenze_carni_ovine_2021
Fonte: Ismea
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