La caseificazione è suddivisa in varie fasi che si concludono con la stagionatura. È possibile tracciare una linea generale di tale processo, ricordando che ogni formaggio ha le sue peculiarità e differenze.
Il latte crudo è una materia prima altamente versatile da cui si possono ottenere diversi prodotti e sottoprodotti lattiero-caseari, con caratteristiche e tipicità differenti; il suo uso è quindi estremamente ampio. È possibile comprendere l’enorme potenziale di questo prodotto dalla Figura 1, che rappresenta tutti i processi di trasformazione a cui il latte crudo può essere sottoposto.
Figura 1. L’albero del latte – tecnologia e utilizzo. Fonte: IDF.
In questo articolo ci concentreremo sul processo di caseificazione, ovvero la produzione di formaggi. La lavorazione del latte ha una durata di circa 24 ore, salvo alcune operazioni successive, mentre la maturazione della cagliata, ovvero la stagionatura, ha una durata che può andare da pochi giorni a anni. Nella Figura 2 viene rappresentato lo schema generale della caseificazione.
Figura 2. Schema caseificazione
Latte
Per prima cosa si parte dal latte, che viene inserito in una vasca a caldaia dove avviene tutto il processo di caseificazione. Bisogna sottolineare che il latte utilizzato per questo procedimento può essere di due tipologie: crudo o pastorizzato. Il latte crudo (di cui abbiamo parlato nell’articolo C’è il latte… e il latte crudo) è quello che non ha subìto alcun tipo di trattamento fisico o chimico prima della coagulazione, e che quindi mantiene delle caratteristiche organolettiche diverse rispetto al latte pastorizzato che, invece, viene riscaldato a 72°C per 15 secondi.
Aggiunta degli starter e del caglio
Uno dei passaggi fondamentali per avviare il processo di caseificazione è aggiungere al latte sia lo starter microbico, composto principalmente da batteri lattici (sotto forma di lattoinnesto o sieroinnesto naturali o fermenti selezionati; per approfondire l’argomento consulta l’articolo “Starter microbici per l’industria lattiero casearia”) che il caglio, così da poter iniziare la coagulazione, che può essere presamica o acida a seconda della tipologia di coagulante utilizzato (per approfondire l’argomento consulta l’articolo “La coagulazione del latte e le tipologie di caglio”).
Rottura della cagliata
Una volta che è stata ottenuta la cagliata, viene effettuata la fase della “rottura”: la massa gelatinosa che si è formata viene rotta per favorire lo spurgo del siero. Quest’ultimo viene separato della cagliata, e può essere sottoposto a cottura, così da produrre la ricotta. L’operazione di rottura consente di ottenere dei granuli di dimensione variabile a seconda del tipo di formaggio che si vuole produrre, e del clima. I granuli della cagliata possono essere più o meno grandi, della dimensione di un chicco di riso o di una noce. Più i grani sono piccoli e più è favorito lo spurgo del siero, operazione preferibile nei formaggi a pasta dura, il contrario per i formaggi freschi. Ma la grandezza dipende anche dal clima, d’estate è opportuno realizzare una cagliata più spinta, per evitare un’eccessiva acidificazione del mezzo. Per rompere la cagliata viene utilizzato un particolare strumento definito “spino tagliacagliata”, costituito da dei fili di acciaio o lamine taglienti, mantenendo la massa in agitazione.
Estrazione della cagliata e cottura
Quindi, una volta che la cagliata è stata rotta, questa viene estratta e eventualmente sottoposta a cottura così da stimolare l’acidificazione e l’ulteriore spurgo del siero. La cottura avviene ad una temperatura compresa fra 38-60°C (38°-48°C per i formaggi a pasta semicotta; 48°-60°C per i formaggi a pasta cotta), con tempi che variano dai 15 minuti ad un’ora e mezza: la cottura più breve viene impiegata per produrre i formaggi semiduri, mentre quella più lunga per i formaggi duri, caratterizzati quindi da una maggiore consistenza. È importante sottolineare che ogni tipologia di formaggio prevede una temperatura e dei tempi di cottura rigorosi e costanti. Durante la cottura la massa viene mantenuta in agitazione, completando in tal modo la contrazione e lo spurgo della cagliata. Non tutti i formaggi, però, necessitano di questo trattamento. La cagliata dei cosiddetti formaggi a pasta cruda, infatti, non subisce un trattamento superiore ai 40°C; si tratta di formaggi come la Robiola o la Crescenza.
Formatura
In seguito, la cagliata viene sottoposta al processo di “formatura”, ovvero viene posta in apposite formelle, cioè degli stampi, che vengono sistemati su un tavolo in modo tale da permette loro di drenare il siero rimanente non allontanato precedentemente; a volte, per stimolare tale procedimento, le forme possono essere anche pressate. Per la preparazione dei formaggi freschi a pasta molle si può procedere con un periodo di stufatura in locali caldo-umidi per tempi variabili da alcune ore ad un giorno; in tal modo prosegue lo spurgo del siero e si favorisce la formazione di acido lattico. Per i formaggi a pasta dura, invece, le forme vengono fatte riposare, ed è proprio l’aumento di acidità che facilita lo spurgo.
Salatura
Successivamente alla fase di formatura, le forme ottenute vengono sottoposte a salatura che può avvenire a secco o in salamoia. Gli obiettivi della salatura sono molteplici, conferire sapidità al prodotto finale, completare lo spurgo del siero, favorire la formazione della crosta e aumentare la conservabilità del formaggio creando un ambiente sfavorevole alla proliferazione microbica. La salatura a secco consiste nello sfregare o cospargere con sale la superficie delle forme mentre il procedimento della salamoia è caratterizzato dall’immersione delle forme in soluzioni di NaCl al 18-24% per tempi variabili a seconda del tipo di formaggio che si vuole ottenere. Per quanto riguarda i formaggi freschi, il procedimento della salatura è l’ultimo che subiscono prima della vendita, mentre i formaggi stagionati saranno sottoposti a stagionatura, che può essere di durata variabile (breve, media, lunga) a seconda delle caratteristiche tipiche finali che i prodotti devono acquisire.
Stagionatura
La stagionatura è quella fase del processo che più di altre determina la differenziazione dei formaggi. Anzitutto va precisato che con stagionatura si intende quel periodo che parte dall’uscita della forma dalla salamoia alla commercializzazione, e che può essere molto variabile e durare giorni, mesi o anni. Durante tale arco temporale avvengono tutte quelle trasformazioni fisico-chimiche che conferiscono al formaggio sapori, aromi, colore e consistenza peculiari. Come per il vino l’invecchiamento, e il conteniture in cui avviene, è fondamentale, anche per il formaggio la stagionatura, e la superficie su cui avviene, è determinante. Sarà infatti differente un formaggio stagionato su legno (di questo particolare tipo di stagionatura abbiamo parlato in L’impiego del legno nella stagionatura dei formaggi) su plastica o su metalli. Tra le caratteristiche conferite dal legno al prodotto abbiamo, oltre a quelle organolettiche, ad esempio una minor possibilità di essere colonizzato da Listeria monocytogenes. Più in generale, ai prodotti a contatto con esso il legno cede sostanze antimicrobiche; inoltre, stabilizza umidità e temperatura dell’ambiente creando un clima favorevole alla maturazione.
La stagionatura, come suddetto, è variabile, e per convenzione si divide in breve, per formaggi freschi, e media o lunga, per formaggi a pasta dura.
Se è vero che le proprietà e caratteristiche del formaggio provengono dal latte, è anche vero che la stagionatura permette l’esaltazione di tali connotati tramite delle specifiche reazioni, quali la fermentazione del galattosio a carico dei batteri propionici e butirrici, nonché la fermentazione della bassissima percentuale di lattosio rimanente a carico dei batteri lattici starter, e le trasformazioni enzimatiche a carico di lieviti, funghi filamentosi e Micrococcaceae; si tratta di attività proteolitiche e lipolitiche. Con proteolisi si identificano tutte quelle reazioni di degradazione delle proteine che portano ad una differente consistenza e pH della pasta e ad una sensazione di sapidità durante la masticazione. La lipolisi comprende tutte quelle attività che portano allo sviluppo di aromi e sapori, fondamentali per la diversificazione casearia.
Determinante per i differenti tipi di formaggio che si possono ottenere, e per regolare il corretto percorso della stagionatura, è la scelta del luogo in cui avviene questa fase fondamentale. Gli ambienti o i supporti su cui può avvenire la maturazione sono molteplici, abbiamo luoghi artificiali e naturali. Le celle di stagionatura sono ambienti controllati e gestiti in modo tale da avere un continuo e attento accertamento del formaggio, e possono essere realizzate con pannelli sandwich o in muratura; i pannelli sandwich hanno un rivestimento esterno in vetroresina, in materiale plastico o in metallo a volte ricoperto da film plastico, e internamente sono costituiti da materiale isolante. Le pareti in muratura prevedono comunque uno strato isolante interno e soprattutto ottimi materiali di rivestimento poco soggetti a usura. I locali naturali (cantine e grotte di stagionatura) sono sicuramente i più folcloristici, va ricordato che devono rispettare le norme igienico-sanitarie, perciò la scelta dell’ambiente naturale va valutata attentamente dato che vi potrebbero essere variazioni di clima (in dipendenza del clima esterno), umidità, oppure le pareti potrebbero presentare crepe che facilitano uno squilibrio nella temperatura e l’ingresso di animali indesiderati.
Per un andamento corretto della stagionatura bisogna regolare in modo attento temperatura e umidità dei luoghi di maturazione. Per i formaggi a lunga maturazione la temperatura adatta si aggira intorno ai 10°C (il Grana ad esempio deve essere mantenuto a 12°C con un tasso di umidità relativa inferiore al 90%). I formaggi a pasta molle, invece, che hanno una maturazione di 60 giorni circa, devono essere mantenuti ad una temperatura più bassa: 2-8°C in ambienti con umidità superiore al 90%. Regolare il tasso di umidità è necessario al giusto sviluppo della crosta; un basso livello di umidità porta ad un formaggio con crosta resistente e compatta, il contrario avviene se l’umidità viene mantenuta alta. La crosta del formaggio è essenziale per la conservazione del prodotto stesso, fornisce l’aspetto ed il sapore caratteristici e rende ogni tipologia di formaggio riconoscibile, basti pensare alla crosta particolare dei formaggi a crosta fiorita.
Il controllo della stagionatura è necessario affinché la qualità del formaggio sia ottimale, e siano sviluppati tutti gli aromi, il giusto colore e la consistenza perfetta. Questo perché durante la maturazione possono incorrere dei difetti. Le alterazioni più comuni riguardano la pasta e sono:
- gonfiore precoce: è un difetto tipico dei formaggi a pasta molle, consiste in delle occhiature che si sviluppano entro 24 h della produzione provocate da una proliferazione eccessiva di Enterobacteriaceae;
- gonfiore tardivo: tipico al contrario dei formaggi a lunga stagionatura, che consiste in delle occhiature causate da batteri del ceppo Clostridium.
I difetti dei formaggi in cui si può incorrere sono molteplici, e per questo è necessario un attento controllo delle forme e dei parametri degli ambienti.
Autori:
Eleonora Fiorucci e Angela Di Berardino Redazione Ruminantia.
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