Tra il 2019 e il 2020 lo spreco alimentare a livello mondiale è stato stimato essere di circa 930 milioni di tonnellate, alimenti finiti nei bidoni dei rifiuti di famiglie, rivenditori, ristoranti e altri servizi alimentari. Ad oggi, nelle case degli italiani tale spreco ammonta a circa 65 kg all’anno pro capite.
Per spreco alimentare si intende l’insieme dei prodotti alimentari scartati per la presenza di difetti estetici e imperfezioni (Buzby e Hyman, 2012), ancora commestibili e destinabili al consumo umano o animale e che, in assenza di un possibile uso alternativo, sono destinati a essere smaltiti. Tuttavia, il reimpiego di questi alimenti come mangimi destinati alle produzioni animali porterebbe ad una riduzione degli sprechi e all’ottenimento di alimenti economici alternativi.
Osservando i diversi tipi di alimenti, si nota come, per quanto riguarda la frutta, tra le fonti di rifiuti non evitabili ritroviamo in primis le banane (29%), seguite dalle mele (26%) e dalle arance (14%), mentre tra le verdure, le patate sono le protagoniste assolute con il 36% del totale, seguite da carote, piselli, cavoli, cetrioli e altri ortaggi, attorno al 10%.
Come sopraindicato, le carote (Daucus carota) rientrano tra quegli alimenti particolarmente scartati per difetti estetici e imperfezioni. Esse forniscono circa 13,76 MJ di energia metabolizzabile (ME) su kg di sostanza secca (SS) (Wadhwa et al., 2013) e circa 120 g di proteina grezza su kg di SS (Goby e Gidenne, 2008; Sharma et al., 2012; Wadhwa et al., 2013), ed è un alimento che, insieme alle patate, ha mostrato risultati interessanti quando impiegato nelle produzioni animali (Duynisveld e Charmley, 2018; Onwubuemeli et al., 1985). Ad esempio, la sostituzione dell’80% del mais o dell’orzo con le patate nelle diete per bovini da carne non ha portato a variazioni sulle performance di crescita e sulla qualità della carne (Charmley et al., 2006). Altri studi effettuati impiegando nelle produzioni zootecniche alimenti di origine vegetale scartati per il consumo umano (Das et al., 2019) hanno evidenziato una significativa flessione dei costi di produzione, portando ad una consequenziale riduzione dell’impiego di alimenti in concorrenza con l’alimentazione umana.
Per quanto riguarda le carote come alimenti alternativi, risultati confortanti sono stati osservati impiegandole con tassi di sostituzione del 40% (Rust e Buskirk, 2008) e del 50% (Morel, 1990) nelle diete per bovini da carne.
Recentemente è stato condotto uno studio sugli effetti dell’impiego di tale sottoprodotto su agnelli da carne (Forwood et al., 2021), ad oggi forse l’unico lavoro sull’impiego della carota nelle diete per piccoli ruminanti.
Forwood et al. (2021) hanno osservato come la sostituzione del 45% dell’orzo con le carote nelle diete per agnelli da carne ha portato ad un miglioramento del 25% dell’efficienza di conversione alimentare e un significativo aumento di 30 g dell’incremento medio giornaliero, in linea con i dati ottenuti da studi precedenti impiegando alimenti caratterizzati da alti livelli di carboidrati altamente digeribili (Beauchemin et al., 1995). Risultati simili sono stati infatti osservati integrando i distillers di mais al 45% della SS, in sostituzione del frumento, nelle diete per agnelli da carne, sottoprodotto che mostra un tenore energetico paragonabile a quello riscontrato nelle carote (14,1 contro 13,8 MJ ME/kg di SS – Birkelo et al., 2004), con un aumento dell’incremento medio giornaliero di 23 g (Curzaynz-Leyva et al., 2019).
Nonostante le carote rientrino tra quegli alimenti che accumulano un elevato contenuto di carotenoidi, pigmenti che svolgono una potente funzione antiossidante, più di molti frutti e vegetali (Desobr et al., 1998), l’ossidazione dei lipidi, valutata tramite l’analisi del TBARS sulla carne a 24 h dalla macellazione e dopo 10 giorni di conservazione in ambiente refrigerato, non è stata influenzata dalla dieta, indicando un mancato effetto antiossidante delle carote sulla carne. Inoltre, gli autori non hanno osservato variazioni sulla tenerezza e sul profilo acidico della carne.
I risultati di questo lavoro suggeriscono come l’integrazione nelle diete per piccoli ruminati delle carote fino al 45% della SS in sostituzione dei cereali è una strategia promettente per ridurre la dipendenza dai cereali, migliorando l’efficienza produttiva pur mantenendo gli standard qualitativi della carne.
La presente nota è una sintesi del seguente articolo scientifico pubblicato da Meat Science dove è riportata tutta la letteratura citata: Forwood, L., Holman B.J.B, Hopkins D., Smyth H.E., Hoffman L.C., Chaves A.V., Meale S.J. 2021. Feeding unsaleable carrots to lambs increased performance and carcass characteristics while maintaining meat quality. Meat Science 173, 108402. doi.org/10.1016/j.meatsci.2020.108402.
Autori
Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Antonio Gallo, Antonio Natalello, Sara Pegolo, Manuel Scerra – Gruppo Editoriale ASPA
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