Come è noto nel passato in Europa la produzione di lana di qualità proveniva dall’allevamento di ovini di razza merinos che, originatasi in Spagna in epoca medioevale, si erano diffusi successivamente in diverse nazioni. Nel corso dei secoli i differenti nuclei trasferiti nei diversi paesi (anche con modalità singolari e documentate storicamente, come donazioni e scambi commerciali tra sovrani e lunghe transumanze attraverso l’Europa come quella compiuta dall’Andalusia a Parigi nel 1786 per trasferire le merinos acquistate da Luigi XVI re di Francia), mediante una specifica selezione ed incroci con animali locali, hanno dato vita ad una serie di razze caratterizzate ognuna da un proprio nome e storia e legate alle condizioni ambientali e culturali del luogo di allevamento. Per ricordarne alcune delle diverse razze merinos europee si possono citare la Rambouillet in Francia, la Wuttenberg in Germania ed in Italia la Gentile di Puglia, la Sopravissana e la Merinizzata Italiana.
Nel nostro paese, l’importanza storica e culturale di questi tipi genetici è ancora più accentuata poiché erano gli ovini che praticavano la transumanza nell’Italia centro-meridionale, una modalità di allevamento ora pressoché scomparsa nella forma di trasferimento su lunghe distanze (ma ancora attuale per gli allevamenti in montagna), che ha un valore non soltanto zootecnico ma anche ambientale e culturale, tanto da essere stata riconosciuta dall’UNESCO quale patrimonio culturale intangibile dell’umanità.
Dal punto di vista zootecnico, le differenti razze specializzate per la lana, pur avendo perso molto del loro valore economico anche conservando un’ottima qualità del prodotto, a causa della concorrenza della lana extraeuropea, sono considerate comunque una risorsa genetica (poiché hanno un patrimonio genetico specificatamente adattato all’ambiente locale) e storica.
Non è poi trascurabile il fatto che questi ovini, per le loro caratteristiche genetiche e modalità di allevamento, possiedono comunque buone attitudini in produzione di latte e carne che, anche se certamente non significative dal punto di vista quantitativo, lo sono, ed anzi eccellono, da quello qualitativo. Si tratta, generalmente, di produzioni di nicchia di elevate qualità organolettiche ottenute in un sistema di allevamento compatibile più di altri con il benessere animale ed utile al mantenimento del paesaggio e delle tradizioni rurali.
Per questo motivo la FAO (l’organismo sovranazionale deputato tra l’altro alla conservazione e alla valorizzazione della biodiversità agraria e zootecnica) tramite l’European Regional Focal Point (ERFP) ha iniziato un’azione di coordinamento tra le diverse realtà europee. Si è quindi costituito un network tra ricercatori ed associazioni allevatori interessati alla conservazione e valorizzazione delle razze derivate merinos Europee. La rete di lavoro riguarda i paesi Spagna, Portogallo, Francia, Germania, Italia, Ungheria, Polonia e Romania.
L’Italia ha un ruolo importante, occupandosi del coordinamento di tale azione, e partecipa al network con l’Università degli Studi del Molise, l’Associazione nazionale della pastorizia – Assonapa (Ente Selezionatore che gestisce i Libri Genealogici della specie ovina e della specie caprina), ed un gruppo ricercatori di diversi atenei quali Bari, Perugia, Ancona e Palermo, nonché con l’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile). Tra gli scopi del network prevale quello della valorizzazione dei prodotti ottenuti dalle razze territoriali merinos e tra questi, ovviamente, particolare attenzione viene data alla lana. Non sfugge, infatti, la considerazione che questa potrebbe avere una rinnovata importanza come materia prima che, oltre a presentare buone caratteristiche qualitative, contiene valori di sostenibilità ambientale e sociale, di storia e di territorialità, che ben si sposano con le attuali sensibilità.
In questo contesto, il network ha messo in campo diverse iniziative sia di ricerca che di confronto sul tema, realizzando a tal riguardo un primo webinar lo scorso 15 Febbraio 2021.
Durante questo incontro una prima sessione è stata dedicata all’illustrazione delle specifiche realtà europee. Ne è emerso un quadro composito: in alcune realtà per alcune razze l’allevamento è ancora vivo, sebbene in difficoltà, mentre per altre le greggi rimaste hanno solo una funzione di conservazione e museale; la realtà italiana si colloca in una situazione intermedia. Sono stati illustrati, inoltre, i primi risultati dell’analisi genetica delle merinos europee e del resto del mondo, che sarà utile per ricostruire la storia delle diverse merinos e per individuare i geni specifici per l’adattamento ai diversi ambienti. Per quest’ultimo punto le merinos sono particolarmente interessanti anche come “razze modello”, poiché presentano la particolarità di avere la stessa base genetica “costretta” ad adattarsi in ambienti radicalmente diversi per clima, dove è rimasta isolata oramai da decenni. Inoltre, i risultati di queste ricerche saranno utili alle associazioni e agli allevatori non soltanto per la selezione e la conservazione della razza, ma anche come opportunità di marketing per i prodotti soprattutto perché potrà essere oggettivamente raccontata una unicità ed una storia affascinante.
La seconda sessione è stata dedicata alla valorizzazione della lana europea. Sono stati infatti portati alcuni esempi di operatori della moda e del tessile che hanno creato delle collezioni e dei prodotti di arredamento che si caratterizzano, oltre che per il design e la manifattura, proprio per l’utilizzazione della lana merinos autoctona. Gli interventi hanno evidenziato come non sfugge all’attenzione di diversi imprenditori del tessile l’alto contenuto in valori di sostenibilità ambientale e sociale, di storia e di territorialità insite nella materia prima “lana” che ben si sposano con le attuali sensibilità e gli orientamenti strategici dominanti.
In conclusione, quindi, le razze merinos d’Europa rappresentano effettivamente un patrimonio zootecnico che, dopo un periodo di oblio, sembra particolarmente adatto alle attuali esigenze. Infatti questi tipi genetici, come già ricordato, assicurano una produzione eccellente non solo per la lana, ma anche per la carne e il latte, produzione che è ottenibile, ed anzi viene esaltata, da condizioni di allevamento rispettose dell’ambiente e del benessere animale. Importante è anche il loro ruolo nel preservare e mantenere il paesaggio (un gregge al pascolo è di per sé paesaggio) e l’identità culturale e la tradizione pastorale dei territori in cui vengono allevate, tutte funzioni tra l’altro utili alle attività turistiche di tipo “lento” ed esperienziale che sempre più si vanno affermando.
Ovviamente tutto questo sarà possibile solo quando l’effettivo valore, anche e soprattutto immateriale, di queste razze e dei loro prodotti sarà riconosciuto ed economicamente ricompensato, cosa che, ad oggi, non può dirsi avvenga. Proprio per questo è necessario (ed il webinar ne è stato un piccolo esempio) che tutti i segmenti della filiera (allevatori, istituzioni, consumatori e industria) possano conoscersi e confrontarsi.
Il cammino è ancora lungo, ma sembra possibile una nuova vita per le razze merinos d’Europa!
Autori:
Prof. Fabio Pilla dell’Università degli Studi del Molise (pilla@unimol.it).
Dott. Silverio Grande, Direttore ASSONAPA (direzione@assonapa.it).
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