Assalzoo ha presentato oggi il suo Report Ambientale 2020, che analizza l’impatto sull’ambiente del settore mangimistico.
Recentemente, la filiera zootecnica è stata spesso oggetto di critiche in relazione al suo impatto sull’ambiente. Un anello di questa catena è il comparto della mangimistica, che però fornisce un contributo non trascurabile alla sostenibiità del settore agro-zootecnico.
Questa mattina Assalzoo, l’Associazione nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici, ha presentato il suo Report Ambientale 2020, che analizza i risvolti ambientali della produzione di alimenti per animali e fornisce molti dati utili a fotografare il settore e le sue tendenze.
“Oggi presentiamo l’ennesima tappa del percorso intrapreso sulla sostenibilità del settore mangimistico – ha dichiarato Marcello Veronesi, Presidente Assalzoo in apertura all’evento. – Abbiamo realizzato un’indagine specifica per definire lo stato dell’arte e tracciare le direttrici per il comparto, in modo da elevare la filiera zootecnica. Negli anni il focus si è spostato dalla produttività alla sostenibilità ambientale. Il nostro settore è stato sin dalle origini volano per valorizzare i co-prodotti dell’industria alimentare e promotore di innovazione sostenibile.”
Come sottolineato da Veronesi, molte sono le misure che sono già state messe in campo su diversi fronti per aumentare la sostenibilità del comparto. L’ambiente è inoltre al centro delle politiche comunitarie che pongono obiettivi stringenti. Assalzoo intende quindi sostenere l’impegno del settore volto al raggiungimento di tali obiettivi. La mangimistica ha infatti un ruolo chiave nella filiera per la riduzione del suo impatto ambientale e per perseguire l’obiettivo comune di una zootecnia ad impatto zero.
Fondamentale è però non soltanto parlare di sostenibilità, ma anche fornire dei dati e delle misurazioni che permettano di capire come stiamo migliorando e quali sono i punti critici su cui è necessario intervenire maggiormente.
E’ a Massimo Marino di LCE, esperto di impatto ambientale nel settore food, che è stata affidata la presentazione del report e dei principali dati in esso contenuti.
Il Report Ambientale 2020 è stato suddiviso in 4 capitoli:
- “Di cosa parliamo quando parliamo di mangimi”
- “Quanti mangimi e quali materie prime”
- “Gli impatti ambientali dei mangimi”
- “Mangimi di domani”
I primi due capitoli del documento sono rivolti ad una comunicazione più generale, con informazioni qualitative e quantitative sul settore dei mangimi, utili per fornire un contesto in cui inserire i dati e per fornire una chiave di lettura anche per i non addetti ai lavori. Diversi sono gli aspetti affrontati in questa prima parte: ogm, deforestazione, consumo dell’acqua, cambiamenti climatici, soia, mais, importazioni, LCA, trasporti e molto altro. La seconda parte analizza invece nel dettaglio l’impatto lungo la filiera, dalla coltivazione al mangimificio, e contiene spunti per il settore e per il miglioramento della sua sostenibilità.
L’analisi è partita dai mangimifici. “La prima cosa fatta è stata condurre uno studio degli impatti ambientali dei mangimifici – ha spiegato Marino – Abbiamo avuto risultati molto interessanti; ad esempio, se consideriamo solo il processo di produzione del mangime, e non le materie prime, abbiamo ottenuto un dato di 40 kg di emissioni di CO2 eq per una tonnellata di mangime. Interessante è la ripartizione nelle varie fonti di impatto. Energia ed imballaggi sono punti più critici.” L’attenzione è stata poi focalizzata sulle formule di alcune filiere di produzione, rilevando che il mangimificio contribuisce all’impatto della formula per il 5% mentre il resto è legato alle materie prime, fonte principale dell’impatto ambientale.
La selezione delle materie prime è un aspetto importante. Tra queste, di particolare importanza è la soia. “Spingere verso un approvvigionamento di soia sostenibile è fondamentale“, ha infatti ricordato Marino.
Nel report si parla moltissimo di circolarità, aspetto su cui si può lavorare ancora molto per aumentare la sostenibilità della filiera. Molti prodotti usati nella produzione dei mangimi sono infatti sotto prodotti che non avrebbero avuto altro destino. “Abbiamo fatto un focus sull’uso di ex prodotti alimentari, con una sperimentazione fatta su una filiera specifica in cui sono state usate razioni di controllo confrontate con quelle in cui sono stati inseriti ex prodotti alimentari”.
Altro punto importante su cui lavorare di concerto con allevatori è l’efficienza alimentare, che permette, usando meno materie prime, di produrre le stesse unità zootecniche.
Si è svolto poi un dibattito sul tema del trasferimento della sostenibilità lungo la catena del valore, al quale hanno partecipato Lea Pallaroni (Assalzoo), Giovanna Parmigiani (Confagricoltura) e Claudio Mazzini (Coop Italia). A moderare l’incontro è stato Carlo Alberto Pratesi (EIIS).
“Le aziende agricole hanno piena consapevolezza del ruolo chiave della sostenibilità. Per questo negli ultimi 20 anni molto è stato fatto”, ha dichiarato Giovanna Parmigiani, membro della Giunta esecutiva di Confagricoltura, ricordando i dati pubblicati ad aprile 2021 da ISPRA relativamente alle emissioni dei vari settori. “Questi passi avanti però – ha sottolineato – non sempre sono riconosciuti dal punto di vista economico.” Altro aspetto sottolineato nel corso dell’intervento è l’importanza di considerare, quando si parla di impatto ambientale, anche i benefici apportati dalla fissazione del carbonio nelle colture nelle aziende agricole e le emissioni dei paesi da cui importiamo materie prime.
Claudio Mazzini, responsabile commerciale per i “freschissimi” di Coop Italia, ha fatto una fotografia delle tendenze dei consumi alimentari degli italiani, anche in considerazione degli effetti della pandemia. “Certamente avremo la più grande recessione dal dopo guerra, con molti posti di lavoro a rischio – ha dichiarato Mazzini – Un aspetto importante è però vedere come in questo scenario di crisi economica gli italiani, più di altri europei, non vogliono risparmiare sul cibo.”
Il Covid ha accelerato alcuni fenomeni latenti, come la polarizzazione dei comportamenti d’acquisto dovuta al cambio del potere di spesa. “Dobbiamo tener conto del fatto che avremo due tipologie di consumatori: una con un potere di spesa più alto e sempre più esigente e una con meno potere di spesa che cerca prodotti di buona qualità ad un prezzo accessibile; entrambe non rinunceranno alla sostenibilità e alla qualità. Quindi dobbiamo fornire a tutte e due prodotti adeguati.” Altro aspetto importante che caratterizza il periodo post covid è l’aumento degli acquisti di prodotti che hanno al loro interno garanzie di etica e sostenibilità.
L’incontro si è chiuso con l’intervento di Lea Pallaroni, Segretario generale Assalzoo, che ha ricordato l’importanza per il lavoro della filiera di avere dati affidabili e dettagliati da cui partire. Altro aspetto affrontato dal Segretario sono gli indici di conversione (quantità di mangime per unità di prodotto): minore è l’indice, maggiore è la performance e minore è l’impatto ambientale, con risvolti positivi anche per la sostenibilità economica. “Negli ultimi decenni abbiamo migliorato questi indici di conversione mediamente del 15% per le varie filiere, ma sul pollo abbiamo fatto il 26 % in meno. Questo porta ad un miglioramento della sostenibilità. Il caso delle vacche da latte è interessante. Dal 75 al 2010 questo settore ha ridotto del 40% l’indice di conversione. Questo porta ad una riduzione dell’impatto ambientale del 60%, come azoto e fosforo. Bisogna però ricordare che qui è coinvolta anche la genetica e la gestione, non solo la mangimistica.” A conclusione del suo intervento, Pallaroni ha ricordato la questione delle DOP. “Quando ci confrontiamo con l’UE dobbiamo far capire che il disciplinare porta ad avere una scarsa flessibilità nell’uso delle materie prime e dei co-prodotti. Da una parte questo crea delle limitazioni ma dall’altra forse è ora di modificare i disciplinari per andare incontro alla sostenibilità.”
In conclusione, notevole è il contributo che il settore mangimistico può dare per la riduzione dell’impatto ambientale del settore zootecnico, grazie anche alla sua intrinseca circolarità, ovvero la sua capacità di riutilizzare prodotti non più destinati all’alimentazione umana, riducendo gli sprechi e contenendo le emissioni inquinanti, venendo anche incontro alle richieste dei consumatori. Insieme all’alimentazione di precisione, l’economia circolare è una delle risorse su cui la filiera punterà in futuro per incrementare i livelli di sostenibilità dell’agro-zootecnia.
Clicca qui per scaricare il report: Report Ambientale 2020 Assalzoo
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