Introduzione

Tendenzialmente c’è un crescente interesse da parte dell’opinione pubblica verso il benessere degli animali (Cornish et al., 2016). Questo aumento dell’interesse si traduce in ulteriori sfide da fronteggiare in futuro, perché ci si aspetta che gli allevatori raggiungano standard di benessere animale sempre più elevati. Le definizioni di benessere animale sono cambiate nel tempo seguendo i valori e le convinzioni delle persone ed i cambiamenti nella nostra comprensione scientifica degli animali.

La maggior parte delle ultime definizioni promuove l’importanza delle esperienze affettive, cioè le emozioni e gli stati d’animo degli animali (ad esempio Fraser et al., 1997; Green e Mellor, 2011; Webb et al., 2019). Le emozioni e gli stati d’animo sono esperienze affettive che cambiano in valenza (piacevole/spiacevole) ed in eccitazione (elevata eccitazione/bassa eccitazione) (Scherer, 2005; Fraser, 2008). Possono quindi essere concettualizzate in uno spazio bidimensionale lungo gli assi della valenza e dell’eccitazione (Russell, 1980). Le emozioni sono considerate come esperienze di breve durata, esperienze intense suscitate da uno specifico oggetto o evento (Paul e Mendl, 2018). Vengono percepite come adattamenti funzionali legati a decisioni comportamentali che facilitano la sopravvivenza e la riproduzione, promuovendo l’avvicinamento alla ricompensa e l’evitamento dalla punizione (revisionato in Kremer et al., 2020). Gli stati d’animo, al contrario, sono considerati più duraturi delle emozioni e non sono innescati da specifici oggetti o eventi – tanto che gli stati d’animo vengono spesso indicati come fluttuanti – e costituiscono una media di emozioni (Mendl et al., 2010).

Questa review si concentra sulle emozioni acute, in quanto non sappiamo se gli stati d’animo possono essere espressi tramite vocalizzazioni acute.

In passato, la preoccupazione per il benessere degli animali d’allevamento si concentrava principalmente sulla minimizzazione delle esperienze negative (Yeates e Main, 2008). Tuttavia al giorno d’oggi, c’è una maggiore consapevolezza tra gli scienziati su come questo approccio sia incompleto, su come non rispecchi le preoccupazioni dei cittadini (Vigors, 2019), e sul fatto che anche le esperienze positive sono una parte importante del benessere animale (Yeates e Main, 2008). È stato proposto che, affinché gli animali abbiano una vita buona o felice (o comunque una buona qualità della vita), la frequenza delle esperienze piacevoli dovrebbe superare la frequenza delle esperienze spiacevoli (FAWC, 2009; Green e Mellor, 2011; Webb et al., 2019). Tuttavia, sebbene in rapido sviluppo, la ricerca sugli aspetti positivi per il benessere è lontana dall’essere sviluppata come quella riguardante gli aspetti negativi che possono influire sul benessere (Boissy et al., 2007; Lawrence et al., 2019; Webb et al., 2019), e mancano ancora dei buoni indicatori di emozioni positive (cioè affidabili, veloci e non invasivi). C’è quindi la necessità di sviluppare dei validi indicatori delle emozioni positive negli animali d’allevamento e di integrarli nei protocolli di valutazione aziendali (potenzialmente attraverso l’impiego di sensori).

Un indicatore particolarmente promettente delle emozioni positive è rappresentato dalle vocalizzazioni (Manteuffel et al., 2004). Ad oggi, abbiamo prove sostanziali che l’emissione delle vocalizzazioni è influenzata dallo stato emotivo di chi le produce. In particolare, il tasso di produzione e la struttura acustica (frequenze, ampiezza e durata) delle vocalizzazioni cambiano con l’eccitazione emotiva in modo relativamente predittivo tra le specie; i suoni sono prodotti con ritmi più veloci, con un’ampiezza maggiore e diventano più alti in frequenza quando l’eccitazione aumenta (Briefer, 2012, 2020). I cambiamenti che si verificano nella valenza emotiva sono meno costanti tra le specie, ma le prove attuali mostrano che spesso, diverse tipologie di suoni sono prodotte in situazioni con valenza opposta (ad esempio, nel maiale grugnito versus strillo; Tallet et al., 2013), ed i suoni che vengono prodotti in situazioni sia positive che negative tendono ad essere più brevi e di frequenza inferiore quando chi li emette sperimenta una situazione positiva (ad esempio, interazione affiliativa) rispetto ad una situazione negativa (ad esempio un’interazione spiacevole) (Briefer, 2012, 2020). Inoltre, la prova che le vocalizzazioni sono coinvolte nell’espressione delle emozioni è supportata dal ruolo dell’amigdala nella produzione vocale animale (Jürgens, 1982).

L’amigdala è una porzione del cervello coinvolta nell’espressione delle emozioni, sia positive che negative, nei vertebrati amnioti (almeno) (Martínez-García et al., 2008), compresi quindi uccelli e mammiferi, i due gruppi di animali usati in zootecnia. Inoltre, si è scoperto che le tipologie di vocalizzazioni che compongono il repertorio vocale di una specie vengono prodotte attraverso una serie di specifici percorsi che hanno origine nell’amigdala (Jürgens, 1982; Hamann e Mao, 2002). Le vocalizzazioni sono adatte all’espressione e alla comunicazione delle emozioni (Manteuffel et al., 2004; Briefer, 2012, 2018). In primo luogo, il suono può viaggiare relativamente bene attraverso gli ostacoli (a seconda delle sue frequenze), cosa che non è altrettanto valida per l’espressione visiva delle emozioni (ad esempio, le espressioni facciali) (Nordell e Valone, 2017). In secondo luogo, i segnali acustici possono essere trasportati su distanze relativamente lunghe, il che significa che i conspecifici non devono necessariamente essere vicini per percepire le informazioni codificate dalle reciproche vocalizzazioni (Manteuffel et al., 2004). Infine, la struttura acustica delle vocalizzazioni può variare abbastanza rapidamente quando cambia la situazione, cosa che non è possibile, ad esempio, con i segnali chimici (Nordell e Valone, 2017).

Un vantaggio delle vocalizzazioni come indicatori del benessere degli animali d’allevamento è che la maggior parte dei mammiferi ha relativamente meno controllo sulle proprie vocalizzazioni rispetto agli esseri umani (Jürgens, 2009), quindi negli animali il legame tra espressione delle emozioni e vocalizzazioni dovrebbe essere ancora più forte che negli esseri umani (Briefer, 2012). Inoltre, con l’attuale potenziale di sviluppo dei sistemi automatizzati per il rilevamento delle vocalizzazioni, è possibile sviluppare tecnologie da impiegare in azienda per valutare rapidamente e per lunghi periodi di tempo queste vocalizzazioni (Mcloughlin et al, 2019; Herborn et al., 2020). Gli animali possono produrre svariate tipologie di vocalizzazioni per esprimere le loro emozioni. Per esempio, le vocalizzazioni chatter negli scoiattoli terricoli della California annunciano la presenza di un predatore (Owings e Leger, 1980), mentre le vocalizzazioni ultrasoniche a 50 kHz nei ratti sono associate al piacere (Rygula et al., 2012). A seconda del contesto, alcune vocalizzazioni possono quindi essere associate ad emozioni negative (ad esempio in presenza di predatori, durante l’isolamento sociale o durante le interazioni agonistiche) ed altre ad emozioni positive (ad esempio in presenza di cibo, durante il ricongiungimento sociale o durante le interazioni affiliative) (Brudzynski, 2013). Le vocalizzazioni positive, cioè le vocalizzazioni prodotte in situazioni con valenza positiva, hanno un’importante funzione comunicativa in natura e probabilmente anche negli ambienti domestici o in cattività. Possono facilitare la vita di gruppo nelle specie sociali promuovendo la comunicazione, la cooperazione e la formazione di legami tra gli individui (Spoor e Kelly, 2004; De Waal, 2008; Špinka, 2012). Nei ratti, è stato inoltre dimostrato che le vocalizzazioni legate alle emozioni positive vengono avviate attraverso un percorso diverso nel cervello rispetto a quello delle vocalizzazioni legate alle emozioni negative (Brudzynski, 2015), sottolineando l’esistenza di una distinzione tra l’espressione di emozioni positive e negative a livello vocale.

Le vocalizzazioni sono state studiate anche negli animali d’allevamento, ma manca una buona panoramica delle varie tipologie e della loro funzione, soprattutto in relazione alle emozioni con valenza positiva. Pertanto, lo scopo di questa review sistematica era quello di riassumere le prove attuali che suggeriscono che le vocalizzazioni potrebbero essere utilizzate per identificare le emozioni positive nelle specie animali ad uso zootecnico. L’obiettivo era suddiviso in due sotto domande:

  1. Quali aspetti delle vocalizzazioni degli animali possono essere misurati?
  2. Quali tipologie di vocalizzazioni possono essere collegate alle emozioni positive, all’interno di una specie e tra le specie di animali d’allevamento?

La review si conclude inoltre con una discussione sulla quantità e sulla qualità della ricerca che si concentra sul legame tra vocalizzazioni ed emozioni positive negli animali d’allevamento e sull’applicazione pratica di queste vocalizzazioni come metodo di valutazione delle emozioni positive in azienda.

Abstract

Il benessere animale viene definito come un equilibrio tra emozioni positive e negative, dove le emozioni positive rappresentano la chiave per una buona vita degli animali. L’emotività viene definita come un’esperienza che varia in valenza ed eccitazione. Molti metodi sviluppati per identificare le emozioni positive negli animali comportano degli svantaggi. Per esempio, possono richiedere l’addestramento degli animali, sono specifici per l’età o sono invasivi. Le vocalizzazioni sono un promettente indicatore delle emozioni positive. Abbiamo voluto effettuare una review delle attuali conoscenze riguardanti le vocalizzazioni degli animali d’allevamento apparentemente associate alle emozioni positive e discutere il loro potenziale come strumento per valutare, a livello di azienda, le emozioni positive espresse dagli animali. Le tipologie di vocalizzazioni e le strutture acustiche che potrebbero potenzialmente essere utilizzate per identificare le emozioni positive, dipendono dalle specie. Nei maiali, le vocalizzazioni a bassa frequenza vengono prodotte maggiormente in situazioni positive, tuttavia, all’interno della gamma di grugniti, anche le frequenze più alte possono riflettere situazioni positive. Nei cavalli, un aumento degli sbuffi e nitriti più brevi ed a bassa frequenza potrebbero essere collegati a situazioni positive. Nelle vacche, le vocalizzazioni a bocca chiusa (a frequenza più bassa) potrebbero essere più comuni nelle emozioni positive. Nei polli, i richiami per il cibo ed il chiocciare veloce potrebbero essere collegati ad emozioni positive. Nelle capre, la frequenza di base mostra meno fluttuazioni durante le situazioni positive rispetto a quelle negative. Nelle pecore non è stato ancora dimostrato l’esistenza di un legame tra vocalizzazioni ed emozioni positive. Nel complesso, una combinazione di vocalizzazioni e di altre misure delle emozioni potrebbe essere un promettente strumento da impiegare in azienda per monitorare le emozioni positive.

 

Vocalisations in farm animals: A step towards positive welfare assessment

Karin A. Laurijs a, Elodie F. Briefer b, Inonge Reimert c, Laura E. Webba*

aAnimal Production Systems Group, Department of Animal Sciences, Wageningen University & Research, 6700 AH Wageningen, the Netherlands.

bBehavioural Ecology Group, Section for Ecology and Evolution, Department of Biology, University of Copenhagen, 2100 Copenhagen, Denmark c Adaptation Physiology Group, Department of Animal Sciences, Wageningen University & Research, 6700 AH Wageningen, the Netherlands.

*Corresponding author. E-mail addresses: karin.laurijs@wur.nl (K.A. Laurijs), elodie.briefer@bio.ku.dk (E.F. Briefer), inonge.reimert@wur.nl  (I. Reimert), laura.webb@wur.nl  (L.E. Webb).

Applied Animal Behaviour Science, journal homepage: www.elsevier.com/locate/applanim

https://doi.org/10.1016/j.applanim.2021.105264

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