Abstract

Introduzione

Sistemi di alimentazione per vacche da latte

Conoscenze attuali sui prodotti grass-fed: composizione, proprietà nutrizionali, sensoriali e funzionali

Prodotti che derivano da animali al pascolo

Salute della bovina, benessere e sostenibilità

La necessità di standard grass-fed accreditati a livello nazionale

Conclusioni e prospettive

Riferimenti

Abstract

Il pascolo è alla base dei sistemi di produzione lattiero-casearia nelle regioni geografiche con climi temperati, come l’Irlanda, la Nuova Zelanda, alcune zone dell’Australia, gli Stati Uniti e l’Europa. Precedentemente è stato dimostrato che il latte e i prodotti lattiero-caseari provenienti da vacche allevate al pascolo che consumano prevalentemente erba fresca pascolando (tipicamente classificato come latte “di pascolo” o grass-fed) possiedono un profilo nutrizionale diverso, fonte di potenziali benefici, rispetto al latte convenzionale ottenuto da animali alimentati con razione totale mista. Inoltre, i sistemi di produzione basati sul pascolo sono considerati dai consumatori più rispettosi dell’ambiente e del benessere degli animali. Pertanto, i prodotti lattiero-caseari definiti grass-fed hanno un buon potenziale di capitalizzazione del mercato. Con l’aumentare della concorrenza in questo ambito, le regolamentazioni di quello che rappresenta un prodotto grass-fed variano tra le diverse zone del mondo. Tenendo questo a mente, esiste la necessità di sviluppare standard chiari ed accreditati in modo indipendente per il grass-fed, che definiscano i criteri per l’etichettatura dei prodotti grass-fed in quanto tali e che vadano ad incrementare successivamente la trasparenza e la fiducia da parte del consumatore. Questa review elenca i numerosi effetti dei sistemi di produzione al pascolo sulla composizione, sul profilo nutrizionale e sulla sostenibilità dei prodotti lattiero-caseari e mette in evidenza i potenziali metodi per la certificazione da utilizzare in futuro.

Parole chiave: grass-fed, latticini, pascolo, benessere animale, sostenibilità

Introduzione

Si prevede che la popolazione mondiale raggiungerà i 10.4 miliardi entro il 2067, con una conseguente diminuzione dei terreni coltivabili disponibili per la produzione alimentare, generando pertanto una serie di sfide al fine di soddisfare la crescente domanda di approvvigionamento alimentare (Britt et al., 2018). I prodotti lattiero-caseari sono altamente nutrienti e la loro presenza nella dieta umana fornisce EAA e micronutrienti che altrimenti sarebbero carenti nei classici alimenti di origine vegetale (Haug et al., 2007). Il consumo annuo di prodotti lattiero-caseari in tutto il mondo è in media di ~ 87 kg a persona, con l’82.4% del latte mondiale che viene prodotto da vacche da latte (Britt et al., 2018). Le strategie di produzione primaria dei latticini variano in tutto il mondo a seconda di numerosi fattori come la disponibilità di terreni, il clima, le infrastrutture e così via. Tuttavia, negli ultimi anni l’interesse dei consumatori ha fatto aumentare la percentuale di etichette con dicitura “grass-fed” sulle confezioni di latte presenti negli scaffali del mercato, che spesso stanno a significare un prezzo premium a causa di determinate percezioni su tali prodotti legate a considerazioni sulla salute e sull’impronta a livello ambientale. Infatti, Stampa et al. (2020) hanno riferito che ci sono dei consumatori, con una certa variabilità di dati demografici, disposti a pagare un prezzo premium per caratteristiche come “allevato al pascolo”, anche in aggiunta ad un prezzo già premium per il biologico. Tuttavia, gli autori hanno anche riportato che la conoscenza dei consumatori sull’argomento è bassa e che quindi c’è confusione sulla terminologia utilizzata, tanto che spesso il sistema di produzione alla base dei prodotti allevati al pascolo viene scambiato per biologico o convenzionale, con differenze importanti che verranno discusse in seguito. Si potrebbe anche sostenere che vi è una certa ambiguità intorno alla terminologia “grass-feed” versus “basata su pascolo”, ove “grass-fed” è un’indicazione della proporzione di erba, fresca o insilata, presente nella dieta mentre “basata sul pascolo” implica che le vacche possano pascolare all’aperto sull’erba fresca. Si prevede che la produzione di latte in tutto il mondo crescerà dell’1.7% all’anno nel prossimo decennio e raggiungerà i 981 Mt entro il 2028, più velocemente della maggior parte degli altri principali prodotti agricoli (OCSE-FAO, 2019). A causa della crescita della popolazione, dell’urbanizzazione, dell’aumento dei redditi e dei cambiamenti nella dieta, la domanda di latte e di latticini nei paesi in via di sviluppo è in crescita. Questa tendenza è particolarmente evidente nell’est e nel sud-est asiatico, in particolare nei paesi densamente popolati come Cina, Indonesia e Vietnam. In queste aree, così come in Africa e Medio Oriente, si prevede che il consumo crescerà più rapidamente della produzione nazionale, determinando un aumento sostanziale del commercio transfrontaliero di latticini (FAO, 2019). I trend recenti affermano il declino dell’industria lattiero-casearia in Australia, con la produzione nazionale di latte ora a 8.8 miliardi di litri, in calo di oltre il 10% dal 2008-2009. Anche il numero di produttori di latte è diminuito, passando da 8.000 a poco più di 5.000 nello stesso periodo (Australian Bureau of Statistics, 2020). La stragrande maggioranza degli allevamenti da latte australiani è situato nelle regioni costiere, dove vengono sfruttate le maggiori precipitazioni che cadono in queste zone e dove, di conseguenza, vi è una maggiore crescita di erba. Mediamente, nell’arco di un anno circa il 60-65% della dieta di una vacca è costituita da erba fresca da pascolo (Dairy Australia, 2020). Tuttavia, anche in Australia si sono verificati dei cambiamenti significativi nei sistemi di alimentazione, con una diminuzione dell’impiego del pascolo nelle vacche da latte e un aumento dell’alimentazione a base di concentrati, con una media di 1.6 t di DM/vacca all’anno, passando dalle 0.7 t di DM/vacca di qualche anno fa (Dharma et al., 2012). Questi cambiamenti si sono verificati a causa del costo relativamente basso dei cereali rispetto ad altri integratori energetici e sono motivati dall’incremento della produzione per vacca e per ettaro (Jacobs, 2014). Un aumento dell’incidenza di condizioni di siccità ha colpito numerose regioni produttrici di latte, e gli agricoltori si sono ritrovati alle prese con la scarsa crescita dei pascoli, con l’aumento dei prezzi dei mangimi e con la diminuzione delle risorse idriche. Nel 2018-2019 questo ha visto crescere significativamente i costi di produzione in tutte le regioni ed ha contribuito al calo della produzione di latte. In queste condizioni, molti allevatori hanno scelto di mungere una parte minore della mandria, di diminuire il numero dei capi allevati o addirittura di uscire dal settore. La ricerca di Wales e Kolver (2017a) ha mostrato che il 64% degli allevatori australiani ha somministrato come alimentato quantitativi di concentrato da moderati a elevati (>1 t/vacca all’anno), che evidenziavano un aumento del 10% rispetto ai risultati dell’indagine 2010-2011. Gli allevamenti dove il pascolo era integrato con una razione mista parziale offerta in una piattaforma per l’alimentazione (feed-pad) rappresentavano il 12% degli allevamenti da latte. In Australia a livello regionale, circa il 10% delle aziende da latte della Tasmania e del Gippsland nel Victoria non somministrano cereali, il che contrasta con quanto succede nelle restanti regioni dove questo numero è inferiore al 4%. Negli Stati Uniti si utilizzano prevalentemente TMR, con le aziende che dipendono in modo significativo dai concentrati a base di cereali (Wilkinson e Lee, 2018). Tuttavia, vi è una grande variabilità per quanto riguarda la dimensione della mandria sia all’interno della stessa regione che tra regioni diverse. C’è una ripresa dell’interesse verso i sistemi di allevamento da latte al pascolo in diverse aree degli Stati Uniti. Ciò può essere in parte attribuito alle tendenze prevalenti nel settore lattiero-caseario. Dall’abolizione delle quote latte dell’Unione europea nel 2015, c’è stato un aumento del 4.5% nella produzione di latte crudo negli allevamenti dell’UE, che è passata da 164.8 milioni di tonnellate nel 2014 a 172.2 milioni di tonnellate nel 2018 (Eurostat, 2019). Questa rapida crescita ha comportato molte sfide, tra cui il mantenimento del benessere degli animali, nonché il rispetto di obiettivi più rigorosi per le emissioni di gas serra e per la qualità dell’acqua. In Irlanda, uno dei vantaggi derivanti dai drammatici cambiamenti e dall’espansione degli allevamenti da latte è stato il miglioramento dell’efficienza tecnologica e della redditività, in particolare per i sistemi basati sul pascolo (Kelly et al., 2020), con il costo della produzione di latte in diminuzione in tutta Europa. Ad esempio, il settore lattiero-caseario irlandese è correlato alla crescita dell’erba durante la maggior parte dell’anno viste le condizioni favorevoli di un clima temperato, con piogge abbondanti e terreni fertili (Hurtado-Uria et al., 2013); per questo si riducono le esigenze di un’integrazione con concentrati nella dieta e dei costi ad essa associati. Infatti l’immagine delle vacche al pascolo è sinonimo di azienda da latte irlandese, dove il pascolo viene utilizzato come principale fonte di alimentazione a basso costo (Finneran et al., 2012). Solitamente in Irlanda, la maggioranza dei parti della mandria avviene in modo sincrono nel periodo primaverile, tra gennaio e aprile (ICBF, 2020), dopo di che le vacche si spostano al pascolo ed iniziano la lattazione, in genere pascolando per più di 240 giorni all’anno (O’Brien et al., 2018). Di conseguenza, l’Irlanda pratica un sistema di produzione di latte stagionale, da febbraio a novembre/dicembre, nel quale l’offerta di latte raggiunge il picco da maggio a giugno a cui fa seguito una diminuzione costante fino alla fine della lattazione (O’Brien et al., 1999c). Il sistema si concentra sul far combaciare la fornitura con la domanda di alimento tramite la gestione del tasso di allevamento, della data del parto e dei livelli di mangimi supplementari offerti (Shalloo et al., 2014). Oltre al valore nutrizionale tradizionale del latte (contenuto di grassi e di proteine), i trend riguardanti la preferenza dei consumatori si sono evoluti andando ad includere altri aspetti come l’impronta ambientale di un prodotto, la sostenibilità e i più ampi benefici nutrizionali e le caratteristiche sensoriali (Haas et al., 2019; Stampa et al. al., 2020). Per questo ci sono ulteriori opportunità di mercato per gli allevatori e i produttori di latte di pascolo. Tenendo questo a mente, lo scopo di questa review è quello di esaminare l’attuale letteratura che si occupa dell’effetto dell’alimentazione basata sul pascolo sulla composizione e sulla qualità del latte e dei latticini definiti “grass-fed” e le caratteristiche di questi sistemi, tenendo in considerazione il benessere degli animali, la sostenibilità e i potenziali strumenti per una futura certificazione.

Sistemi di alimentazione per vacche da latte

La composizione del latte bovino, che contiene principalmente acqua (~87%), lattosio (~4.8%), grassi (~4.2%) e proteine (~3.5%), viene influenzata da numerosi fattori, tra cui la razza bovina, la genetica, l’età, la dieta e lo stadio della lattazione. Il sistema di alimentazione delle vacche è stato identificato come un importante fattore che può modificare il profilo nutrizionale del latte (Linn, 1988; Auldist e Hubble, 1998; Mackle et al., 1999; O’Brien et al., 1999b,c; Auldist et al. ., 2000a,b; Moran, 2005; Fox et al., 2015).

Pascolo

Tradizionalmente, il pascolo fresco era il sistema di alimentazione principale per le vacche da latte. Mentre alcuni paesi sono passati dall’alimentazione tramite pascolo a sistemi più intensivi con TMR, che offrono un maggiore controllo della dieta delle vacche al fine di massimizzare la produzione, paesi come l’Irlanda e la Nuova Zelanda, che hanno un clima temperato, praticano un allevamento di tipo estensivo al pascolo che è considerato efficiente in termini di costi, specialmente in quelle regioni dove c’è una diffusa crescita di erba (Roche, 2007; O’Neill et al., 2011). Tuttavia, a livello globale si stima che solo il 10-15% della produzione di latte provenga da sistemi basati sul pascolo (Shalloo et al., 2018) e in Europa la quota dei pascoli è in declino (Hennessey et al., 2020). È stata dimostrata una forte correlazione inversa tra il costo di produzione per litro di latte e la percentuale di erba proveniente dal pascolo presente nella dieta delle bovine da latte (Kelly et al., 2020). In Irlanda, ogni tonnellata aggiuntiva di DM da pascolo ha fatto aumentare l’utile netto di 173 euro (Hanrahan et al., 2018; Kelly et al., 2020). Alcuni studi hanno dimostrato i benefici dell’inserimento del trifoglio bianco nei pascoli, vista la sua capacità di ridurre le emissioni di protossido di azoto, di fissare l’azoto atmosferico e di ridurre l’impronta di carbonio (Ledgard et al., 2009; Yan et al., 2013). Un obiettivo chiave della gestione del pascolo è incentrato sulla massimizzazione dell’utilizzo dell’erba attraverso una gestione ottimale del pascolo stesso garantendo, al contempo, alle singole vacche di esprimere il proprio potenziale individuale. Ad esempio, è stato dimostrato che un aumento del 32% della quantità di pascolo messo a disposizione durante l’inizio o la metà della lattazione determina un aumento della produzione di latte e della concentrazione di proteine totali e di caseina. L’aumento dell’allocazione delle singole vacche consentirebbe un aumento delle performance delle vacche stesse, ma potrebbe comportare uno scarso utilizzo dell’erba su base per ettaro, come hanno dimostrato McCarthy et al. (2011), secondo i quali mentre la produzione di latte per vacca si riduce all’aumentare del tasso di allevamento, esiste una forte correlazione positiva tra il numero di capi e la produzione di latte per ettaro. Nei paesi a clima temperato per riuscire a soddisfare le esigenze nutrizionali delle vacche quando la crescita dell’erba è limitata, la dieta viene solitamente integrata con concentrati, in particolare dopo il parto e verso la fine della lattazione (Dillon et al., 1997; McEvoy et al., 2008), e la capacità di assunzione è più bassa in modo tale da soddisfare il fabbisogno energetico e nutrizionale delle vacche.

Sistemi TMR e Partial Mixed Ration

Negli Stati Uniti, nella maggior parte dell’Europa ed in alcune parti dell’emisfero australe, la TMR viene ampiamente utilizzata come sistema di alimentazione principale, soprattutto quando le vacche vengono mantenute al chiuso tutto l’anno. Questo solitamente viene accompagnato da specifiche strategie di gestione della mandria, come il parto annuale, che diminuiscono gli effetti della stagionalità sulla composizione del latte e sulla funzionalità (Schingoethe, 2017). La razione mista totale è essenzialmente una miscela di mangimi formulata dal punto di vista nutrizionale, che combina mangimi con uno specifico contenuto di nutrienti. Tali mangimi possono contenere foraggio (insilato di erba, fieno o paglia), cereali (mais, avena, frumento e orzo), alimenti proteici (soia, semi di cotone, semi di lino e arachidi), minerali, vitamine, additivi per mangimi e sottoprodotti. I vantaggi dei sistemi TMR impiegati nella stabulazione al chiuso includono la protezione delle vacche dagli eventi climatici estremi, una composizione della dieta costante e omogenea, una registrazione più semplice dell’assunzione di mangime, una regolazione del DMI e una maggiore produzione di latte (Kolver e Muller, 1998; McAuliffe et al., 2016). La razione mista totale può essere facilmente offerta alle vacche stabulate al chiuso durante tutto l’anno, in linea con l’aumento delle dimensioni della mandria e con la richiesta di una maggiore produzione di latte. Pertanto, la stabulazione delle vacche al chiuso è diventata più diffusa in alcune parti del mondo (Elgersma, 2015). Un’alternativa alla TMR è la razione mista parziale, che fondamentalmente è una TMR somministrata in una specifica piattaforma per l’alimentazione collocata al pascolo, che serve ad alimentare gli animali tra i periodi di pascolamento (Bargo et al., 2002). La scelta della tipologia di integrazione può avere effetti diversi sulla composizione del latte prodotto. È stato dimostrato che nelle vacche da latte al pascolo l’integrazione con barbabietola da foraggio all’inizio della lattazione aumenta il contenuto di acidi grassi saturi e a catena media, e non altera la produzione di latte (Fleming et al., 2018). Uno studio simile, che ha esaminato le integrazioni somministrate alle vacche con una quota ridotta di pascolo, ha scoperto che un’integrazione con razione mista contenente granella d’orzo macinata, fieno di erba medica, insilato di mais e granella di mais frantumata aumentava la resa in grasso del latte, con risposte marginali per quanto riguardava la produzione di latte rispetto al solo foraggio pascolato o ad una combinazione di granella d’orzo macinato ed erba di pascolo (Auldist et al., 2013). Un altro studio ha confrontato 4 diverse integrazioni di mangimi per vacche allevate al pascolo: concentrato con 16% di CP, palmisto più concentrato, buccette di soia più concentrato e polpa di barbabietola melassata più concentrato. Questo studio ha dimostrato che la tipologia di integrazione modificava significativamente la dimensione delle micelle di caseina originali, la composizione degli acidi grassi, gli indici nutrizionali, il profilo sensoriale volatile, nonché le proprietà di gelificazione acida dei latti crudi (O’Callaghan et al., 2019). Oliveira et al. (2015) hanno anche riportato che l’aggiunta di palmisto alla dieta della vacca ha avuto un effetto negativo sul profilo degli acidi grassi del latte. Anche lo stadio della lattazione ha un effetto significativo sulla composizione del latte. O’Callaghan et al. (2016b) hanno dimostrato che, in un sistema che prevede parti in primavera, si verificano cambiamenti significativi nella composizione del latte durante la lattazione quando le vacche progrediscono lungo le fasi iniziali, intermedie e tardive indipendentemente dal fatto che la dieta sia basata sul pascolo o sulla TMR.

Conoscenze attuali sui prodotti grass-fed: composizione, proprietà nutrizionali, sensoriali e funzionali

Numerosi studi di ricerca hanno valutato l’effetto dell’alimentazione al pascolo sulla composizione, sulle caratteristiche sensoriali e funzionali del latte e di altri prodotti lattiero-caseari, come formaggio e burro. Solitamente la letteratura esistente riporta cambiamenti per quanto riguarda la resa e la composizione del latte, mentre alcuni ricercatori hanno evidenziato anche modificazioni delle caratteristiche sensoriali e delle proprietà funzionali per il latte proveniente da sistemi basati sull’alimentazione al pascolo. Prima di considerare i potenziali benefici nutrizionali associati al consumo di prodotti derivanti da animali alimentati al pascolo e dovuti a modificazioni della composizione, è importante capire come le diverse componenti del latte possano contribuire alla salute ef al benessere.

Grasso del latte

Latte e latticini sono matrici alimentari complesse, fonti vitali di nutrienti essenziali come CLA, acido oleico, acidi grassi n-3, acidi grassi a media e corta catena, vitamine e minerali, nonché di altri composti bioattivi che possono avere effetti benefici sulla salute umana (Haug et al., 2007). Una quantità significativa di questi nutrienti essenziali viene fornita dal consumo giornaliero di 500 ml di latte o di una quantità equivalente di altri latticini (Haug et al., 2007). Il consumo di latte e di latticini è stato collegato ad esiti positivi per la salute, tra cui la diminuzione del rischio di diabete di tipo 2, la diminuzione del rischio di obesità nei bambini e il miglioramento della composizione corporea negli adulti (Lamarche et al., 2016; Lovegrove e Givens, 2016; Thorning et al., 2016). È stato dimostrato che il consumo di latte intero o fermentato incrementa il tempo di svuotamento gastrico, il che potrebbe essere utile per la risposta glicemica e persino per la regolazione dell’appetito (Haug et al., 2007). D’altra parte il non consumare latticini, specialmente senza un’adeguata sostituzione, fra aumentare il rischio di sviluppare carenze come quella di calcio, vitamina D e di n-3 a lunga catena (Craig, 2009; Clarys et al., 2014; Beto, 2015). Sebbene in passato i grassi saturi siano stati associati ad esiti negativi sulla salute, in particolare alla comparsa di malattie cardiovascolari (Pfeuffer e Schrezenmeir, 2000), è stata dimostrata un’associazione neutra o inversa per i SFA presenti nei prodotti lattiero-caseari (Haug et al., 2007; Siri-Tarino et al. ., 2015; Lamarche et al., 2016; Lovegrove e Givens, 2016; Thorning et al., 2016). In particolare altri indici, come i livelli di acidi grassi n-6 e n-3, l’indice trombogenico e l’indice aterogenico potrebbero essere tenuti in considerazione quando si valutano gli effetti sulla salute dei grassi (Ulbricht e Southgate, 1991). Gli acidi grassi omega-6 (n-6) e omega-3 (n-3) sono PUFA essenziali che non vengono sintetizzati dall’organismo, classificati in base alla posizione finale del doppio legame in relazione all’estremità metilica terminale (Wall et al., 2010). Gli eicosanoidi derivati da n-6 e n-3 sono noti per la loro partecipazione alla regolamentazione dell’infiammazione; pertanto, il loro coefficiente dietetico ha guadagnato molto interesse come biomarker nutrizionale (Patterson et al., 2012; Benbrook et al., 2013). Sebbene il rapporto ottimale di n-6:n-3 sia stato definito inferiore a 4:1, l’aumento dell’assunzione di n-6 nella dieta occidentale risulta in un rapporto stimato da 15:1 a 16.7:1 (Lee et al. , 2019). Un acido grasso specifico che ha riscosso notevole interesse negli ultimi anni è il CLA, che possiede varie capacità bioattive come funzioni anti-ipertensive, anti-diabetiche, anti-obesità e anti-tumorali (Koba e Yanagita, 2014). In studi condotti sugli animali, gli isomeri dell’acido linoleico coniugato si sono dimostrati capaci di ridurre i tumori indotti chimicamente nella ghiandola mammaria, nella pelle, nel colon e nei prestomaci (Kelley et al., 2007). L’isomero cis-9 trans-11 del CLA, noto come acido rumenico (caratteristico e distintivo del latte dei ruminanti), viene bioidrogenato a partire dagli acidi linoleico e linolenico del mangime e prodotto enzimaticamente ad opera della desaturasi a partire dall’acido vaccenico nel tessuto mammario (Mohammed et al., 2009; Elgersma, 2015). È stato scoperto che il formaggio di pecora arricchito naturalmente con acido α-linolenico (ALA), CLA e acido vaccenico se somministrato ad adulti con lieve ipercolesterolemia aumenta significativamente le concentrazioni plasmatiche di CLA, ALA e acido eicosapentaenoico (EPA) e diminuisce il colesterolo causato da lipoproteine a bassa densità (Pintus et al., 2013). Il grasso del latte notoriamente contiene anche importanti acidi grassi n-3, tra cui ALA, EPA e acido docosaesaenoico, che possono avere una serie di benefici per la salute. A causa del loro contributo essenziale per il corretto sviluppo fetale, questi acidi grassi sono particolarmente importanti per le donne in gravidanza e in allattamento. Inoltre, l’EPA e l’acido docosaesaenoico si sono dimostrati capaci di migliorare numerose condizioni fisiologiche e di salute come infiammazione, malattia delle arterie periferiche e gestione del peso, ed hanno mostrato risultati promettenti per quanto riguarda la funzione cognitiva nei soggetti con malattia di Alzheimer molto lieve (Palmquist, 2009; Swanson et al. al., 2012). È stato visto che altre componenti del grasso del latte (ad esempio la membrana dei globuli di grasso del latte bovino e i suoi fosfolipidi) hanno proprietà antibatteriche, antitumorali e sono capaci di ridurre la colesterolemia (Spitsberg, 2005). Il grasso del latte contiene anche numerosi antiossidanti liposolubili, ovvero β-carotene, retinolo e tocoferolo, che giocano un ruolo importante nel mantenere l’equilibrio tra pro- e anti- ossidanti nel corpo umano; il β-carotene funziona anche come precursore per la sintesi della vitamina A, mentre il retinolo e il tocoferolo funzionano rispettivamente come vitamina A ed E (de la Torre et al., 2018).

Proteina del latte

Le proteine che derivano da prodotti di origine animale sono considerate di alta qualità per il loro contenuto di EAA, NEAA e di altri micronutrienti (Broderick, 2017). Il latte contiene ~ 3.5 g/100 mL di proteine di alta qualità, e rappresenta una fonte importante di 9 EAA necessari per l’uomo e di azoto organico per la crescita e lo sviluppo (Schlimme e Meisel, 1995; Fox, 2003; Séverin e Wenshui, 2005). Le proteine del latte bovino sono costituite principalmente da caseine (αS1, αS2, β, κ e γ), che rappresentano circa l’80% delle proteine, e da proteine del siero di latte (α-LA, β-LG, lattoferrina, immunoglobuline, albumina sierica, glicomacropeptide, enzimi e fattori di crescita) che vanno a costituire il restante 20% (Linn, 1988; Fox, 2003; Heck et al., 2009). Queste proteine sono la principale fonte di peptidi bioattivi nel latte e nei prodotti lattiero-caseari, che possono venire liberati dalle proteasi durante la digestione, dalle proteasi presenti nel latte o durante la lavorazione, in seguito dell’aggiunta di colture starter, di enzimi purificati o di entrambi (Korhonen e Pihlanto, 2006; Vargas-Bello-Pérez et al., 2019). Questi frammenti bioattivi hanno dimostrato di possedere varie funzioni benefiche, tra cui proprietà anti-ipertensive, anti-batteriche, immunomodulanti, anti-trombotiche ed antiossidanti (Kitts e Weiler, 2003; Haque e Chand, 2008; Vargas-Bello-Pérez et al., 2019).

Micronutrienti del latte

Il latte contiene anche vari micronutrienti come vitamine e minerali che costituiscono composti vitali, in particolare per lo sviluppo neonatale ma anche per una sana funzione e crescita durante tutta la vita (Aleixo e Nóbrega, 2003). Come accennato in precedenza, la frazione grassa dei latticini contribuisce in modo significativo al contenuto di vitamine ed antiossidanti, tra cui β-carotene, retinolo e tocoferolo (de la Torre et al., 2018). Il latte contiene anche varie vitamine idrosolubili, tra cui B1, B2, B3, B5, B6, biotina, B12, acido folico e vitamina C (Mehta, 2015). Inoltre, il latte è famoso soprattutto per il suo contenuto di Ca. Il calcio è tipicamente associato alla salute delle ossa e dei denti, ma contribuisce anche alla conduzione nervosa e alla contrazione muscolare e vascolare (Beto, 2015). I minerali presenti nel latte sono in equilibrio tra le frazioni solubili e colloidali (considerate insolubili); ad esempio, Ca e P esistono sia in fase solubile che legati alla caseina, e quindi la loro concentrazione è correlata positivamente con quella delle proteine. Le micelle di caseina non sono solamente una fonte alimentare di AA, ma consentono anche, attraverso la loro struttura colloidale, il trasporto di grandi quantità di Ca e P in forma stabile (Gaucheron, 2005).

Prodotti che derivano da animali al pascolo

I risultati primari degli studi di ricerca esistenti sulle proprietà compositive, nutrizionali, sensoriali e funzionali dei prodotti lattiero-caseari derivati da animali alimentati al pascolo (detti anche prodotti grass-fed) sono riassunti nella Tabella 1, dopo una descrizione dettagliata basata sulla tipologia di prodotto. È importante notare che alcuni studi sull’alimentazione erano condotti su vacche da latte multipare, mentre altri includevano una razza specifica; alcuni studi si sono concentrati su una particolare fase della lattazione, mentre altri hanno esaminato l’effetto della dieta durante l’intero periodo di lattazione. Come accennato in precedenza, una varietà di fattori, tra cui la razza e lo stadio della lattazione, possono influenzare la composizione del latte e devono essere tenuti in considerazione quando si traggono conclusioni in una certa gamma di studi.

Latte grass-fed

In linea generale, i sistemi di alimentazione TMR determinano rese di latte da parte delle vacche significativamente più elevate rispetto a quelle che si possono avere nei sistemi che impiegano il pascolo, vista la somministrazione di una dieta più concentrata. È stato dimostrato che l’alimentazione al pascolo fa aumentare il contenuto di grassi e di proteine del latte (O’Callaghan et al., 2016b; de la Torre et al., 2018; Gulati et al., 2018), e l’aumento di proteine e di caseina può andare a modificare le proprietà di trasformazione del latte, in particolare la gelificazione indotta dal caglio (O’Brien et al., 1999a; Amenu et al., 2006). Inoltre, è stato precedentemente dimostrato che l’aumento delle concentrazioni di proteine e di grassi nel latte determina una maggiore resa in formaggio (Fenelon e Guinee, 1999). Il contenuto di proteine e di grassi nel latte è importante non solo da un punto di vista tecno-funzionale industriale, ma anche per gli allevatori in termini di prezzo di vendita del latte (Rice et al., 2019). Un recente studio ha correlato i sistemi di allevamento basati sul pascolo alla redditività, tenendo conto di diversi parametri tra cui il contenuto di proteine e di grassi nel latte (Hanrahan et al., 2018). Le diete a base di pascolo non solo influenzano la concentrazione di grasso del latte, ma alterano anche la composizione degli acidi grassi, in generale verso un profilo più benefico dal punto di vista nutrizionale. Come discusso da Palmquist (2006), gli acidi grassi nell’alimentazione delle vacche hanno un effetto significativo sulla successiva composizione dei grassi del latte e dei latticini.

Tabella 1. Effetti dell’alimentazione al pascolo sulle proprietà dei prodotti lattiero-caseari come  descritto in letteratura.

 

Tabella 1 (Continua) Effetti dell’alimentazione al pascolo sulle proprietà dei prodotti lattiero-caseari come  descritto in letteratura.

 

In particolare, livelli più elevati di ALA nel latte di bovine alimentate al pascolo, rispetto a quelli di vacche non grass-fed, sono stati attribuiti all’elevato contenuto e al rilascio a livello ruminale di ALA dal foraggio. Molti ricercatori hanno notato una diminuzione dei SFA e del rapporto n-6:n-3 nel latte grass-fed, rispetto al latte TMR (Kelly et al., 1998; Couvreur et al., 2006; O’Callaghan et al. ., 2016b; Veiga et al., 2018; Lee et al., 2019). O’Callaghan et al. (2016b) hanno riportato concentrazioni significativamente più elevate di C18:2n -6 trans, C18:3n-3 (ALA), C20:1 e C20: 4n-6 (acido arachidonico) con un aumento di oltre 2 volte dell’isomero biologicamente attivo del CLA, C18:2 cis-9,trans-11, nei sistemi di allevamento con alimentazione al pascolo rispetto ai sistemi che impiegano TMR. Altri hanno dimostrato anche che il pascolo ha portato ad avere un latte più ricco di ALA e CLA (Stanton et al., 1997; Kelly et al., 1998; Dhiman et al., 1999; White et al., 2001; Couvreur et al., 2006; Slots et al., 2009; Veiga et al., 2018; Lee et al., 2019). Inoltre, O’Callaghan et al. (2016b) hanno evidenziato che il profilo degli acidi grassi di latti provenienti da sistemi di alimentazione basati su pascolo e TMR sono nettamente diversi, e che il profilo degli acidi grassi abbinato all’analisi multivariata potrebbe essere sfruttato per verificare i prodotti lattiero-caseari provenienti da sistemi grass-fed. Oltre ai possibili benefici nutrizionali, la composizione modificata degli acidi grassi del latte di pascolo può portare anche a modificazioni delle proprietà di lavorazione, come cambiamenti nella temperatura di fusione e nella consistenza dei vari latticini (Couvreur et al., 2006). Inoltre è importante notare che alcuni dei principali benefici nutrizionali tipicamente associati ai latticini biologici potrebbero in effetti essere collegati all’alimentazione al pascolo piuttosto che ai soli criteri biologici. Ad esempio, il profilo degli acidi grassi dei campioni di latte raccolti da vacche statunitensi alimentate con una dieta quasi al 100% a base di foraggio è stato quantificato e confrontato con i dati di uno studio sul latte proveniente da vacche sottoposte a gestione convenzionale e biologica. Il latte da pascolo è risultato significativamente diverso sia dal latte convenzionale che da quello biologico, contenendo un rapporto di n-6:n-3 più basso nonché livelli più elevati di n-3 totali e di CLA totale (Benbrook et al., 2018 ). In Danimarca, l’accesso al pascolo fa parte di quei requisiti che devono essere soddisfatti per l’allevamento biologico delle vacche da latte, che devono rimanere al pascolo per almeno 150 giorni all’anno, tra il 15 aprile e il 1° novembre (Slots et al., 2009). Tuttavia, uno studio che metteva a confronto il latte proveniente da diversi allevamenti in Danimarca (convenzionale o biologico) e nel Regno Unito (consumo di erba, basato sul pascolo come quasi unico alimento con 95 ± 4% DMI) ha riscontrato chiare differenze tra il latte biologico del Regno Unito e quello danese. Il latte grass-fed del Regno Unito aveva concentrazioni più elevate di CLA, acido vaccenico trans-11, MUFA e antiossidanti, ovvero α-tocoferolo e ꞵ-carotene, rispetto al latte biologico e convenzionale proveniente dalla Danimarca (Slots et al., 2009). Calcio e fosforo sono elementi importanti nel latte sia dal punto di vista nutrizionale che funzionale, poiché si trovano in equilibrio tra stato solubile e colloidale (Tsioulpas et al., 2007; Fox et al., 2015). Il fosfato di calcio, che svolge un ruolo importante per la salute dei denti e delle ossa, è associato alla micella di caseina e contribuisce alla sua integrità strutturale (Gulati et al., 2018; Alothman et al., 2019). Gulati et al. (2018) hanno dimostrato che il latte delle vacche al pascolo aveva un contenuto più elevato di calcio e fosforo. Ciò può avere conseguenze per l’industria lattiero-casearia, influenzando la stabilità termica del latte, la sedimentazione, le proprietà di caseificazione e così via (Tsioulpas et al., 2007; de Kruif et al., 2012; Alothman et al., 2019). È stato anche scoperto che il latte grass-fed contiene quantità maggiori di luteina, una xantofilla che viene considerata un antiossidante liposolubile (de la Torre et al., 2018). Altri studi hanno riportato concentrazioni più elevate di ꞵ-carotene nel latte di vacche alimentate con erba, che è collegato anche alla presenza di un colore nettamente più giallo e ad una consistenza più cremosa, come si riscontrano nel latte grass-fed (Nozière et al., 2006; Butler et al., 2008; Faulkner et al., al., 2018; Clarke et al., 2019). Inoltre, gli studi hanno evidenziato concentrazioni più elevate di toluene, provenienti dalla degradazione del ꞵ-carotene, in campioni di latte grass-fed (Faulkner et al., 2018; Clarke et al., 2019). Sono state riscontrate differenze tra i sistemi di alimentazione anche in termini di profilo volatile del prodotto. Il dimetilsulfone è stato individuato nei campioni derivati da latte di pascolo ed evidenziato come un potenziale biomarker volatile (Toso et al., 2002; Faulkner et al., 2018; Clarke et al., 2019), che è stato identificato anche nei liquidi ruminali di vacche alimentate con una dieta basata sul pascolo rispetto a quelle alimentate con TMR (O’Callaghan et al., 2018). Un altro potenziale biomarker volatile precedentemente identificato era il p-Cresolo, che era maggiormente presente nel latte grass-fed e associato ad un aroma/sapore “da cortile”, mentre il latte TMR ha ottenuto un punteggio più alto per il sapore simile al fieno (Faulkner et al., 2018; Clarke et al., 2019). Il p-Cresolo potrebbe derivare dal ꞵ-carotene e dagli isoflavoni attraverso il metabolismo del microbioma ruminale, cosa che è supportata dalla sua presenza nel liquido ruminale di vacche con alimentazione grass-fed (Faulkner et al., 2018; O’Callaghan et al., 2018 ; Clarke et al., 2019). Un altro studio ha evidenziato anche l’acido ippurico come potenziale biomarker volatile per il latte proveniente dai sistemi grass-fed (O’Callaghan et al., 2018). Utilizzando la profilazione sensoriale dei prodotti, un panel sensoriale irlandese ha preferito il latte di pascolo rispetto al latte TMR (Faulkner et al., 2018; Clarke et al., 2019). Un risultato del genere non sorprende, dato che i prodotti lattiero-caseari ottenuti da animali alimentati al pascolo sono la tipologia prevalente in Irlanda. Cheng et al. (2020) hanno condotto un’analisi sensoriale interculturale del latte scremato in polvere (SMP) proveniente da diete grass-fed e non grass-fed in Irlanda, Stati Uniti e Cina. Gli autori hanno riferito che esistevano differenze nella percezione sensoriale del SMP tra i consumatori statunitensi, cinesi ed irlandesi. Mentre le preferenze dei relatori irlandesi e statunitensi erano in linea con la loro familiarità, i consumatori cinesi erano meno esigenti in relazione alla dieta delle vacche.

Formaggio grass-fed

Diversi studi hanno valutato l’effetto dell’alimentazione al pascolo sulle proprietà di vari formaggi. Mentre è noto come numerosi parametri relativi alla lavorazione, tra cui la scelta della coltura starter, influenzino in larga misura le caratteristiche del formaggio (Coulon et al., 2004), la maggior parte dei risultati e delle tendenze riportate concordavano tra i formaggi esaminati. In questo contesto, Verdier-Metz et al. (2005) hanno ipotizzato che le caratteristiche del latte influenzate dalla dieta avessero un effetto maggiore sulle caratteristiche finali del formaggio come, ad esempio, il colore e le caratteristiche sensoriali del formaggio Cantal per il quale il processo di maturazione avviene principalmente all’interno della cagliata poiché il rapporto cagliata/crosta è maggiore rispetto al formaggio Saint-Nectaire. È stato scoperto che l’alimentazione al pascolo aumenta il contenuto di grassi nei formaggi Cantal, Saint-Nectaire (Verdier-Metz et al., 2005) e Montasio (Lee et al., 2019). Analogamente ai risultati sulla composizione degli acidi grassi nel latte grass-fed, in diversi studi è stato osservato anche un effetto sulla composizione degli acidi grassi del formaggio. Concentrazioni significativamente più elevate di acido vaccenico e CLA sono state individuate nei formaggi da pascolo (Lucas et al., 2006; O’Callaghan et al., 2017; Frétin et al., 2019). Altri hanno osservato anche un aumento significativo di C18:1 cis-9 e ALA (Lucas et al., 2006; Frétin et al., 2019; Lee et al., 2019). Queste modifiche nella composizione degli acidi grassi hanno determinato una composizione dei grassi più benefica dal punto di vista nutrizionale nei formaggi provenienti da sistemi che allevano gli animali al pascolo, ad esempio un rapporto n-6: n-3 più basso e punteggi più bassi dell’indice di trombogenicità e una riduzione dell’acido palmitico (C16:0) (O’Callaghan et al., 2017; Lee et al., 2019). Inoltre, la diversa composizione in acidi grassi ha alterato la consistenza del formaggio come effetto diretto dell’equilibrio tra SFA e UFA, con bassi e alti punteggi di fusione. Ciò ha comportato punteggi di durezza inferiori e una consistenza meno soda, più elastica, più liscia e più cremosa nei formaggi grass-fed (O’Callaghan et al., 2017; Frétin et al., 2019; Panthi et al., 2019a). Analogamente al latte proveniente da sistemi di allevamento al pascolo, il formaggio grass-fed era di colore più giallo rispetto ai campioni ottenuti da diete con TMR, a causa dei livelli più elevati del contenuto di ꞵ-carotene (Verdier-Metz et al., 2005; Lucas et al., 2006; O’Callaghan et al., 2017; Frétin et al., 2019; Panthi et al., 2019a). Inoltre, quando le vacche venivano alimentate con una dieta costituita da pascolo, il formaggio successivamente prodotto risultava essere più ricco di antiossidanti come xantofille, retinolo, α-tocoferolo e con una maggiore qualità antiossidante totale (Lucas et al., 2006). In termini di profilo volatile, diversi studi hanno riportato un aumento del toluene, in maniera analoga ai campioni di latte (O’Callaghan et al., 2017; Panthi et al., 2019b). Cornu et al. (2009) hanno evidenziato una diminuzione dell’odore dell’acido isopentanoico nel formaggio Cantal prodotto con latte di pascolo.

Burro grass-fed

È stato dimostrato che l’aumento della proporzione di erba fresca nella dieta determina un minore contenuto di grassi solidi (Couvreur et al., 2006). È stato visto che l’alimentazione basata sul pascolo può modificare le concentrazioni di CLA (O’Callaghan et al., 2016a; Pustjens et al., 2017), ALA (Pustjens et al., 2017) e C18:1 trans (Couvreur et al., 2006; Pustjens et al., 2017). Di conseguenza, il burro grass-fed aveva un indice di trombogenicità e un indice di aterogenicità più bassi (Couvreu et al., 2006; O’Callaghan et al., 2016a). I cambiamenti nella composizione degli acidi grassi, in particolare l’indice di spalmabilità (C16:0/C18:1), hanno portato a differenze significative nelle proprietà termiche e strutturali di questo alimento, tra cui la diminuzione delle temperature di fusione finali e l’inizio della cristallizzazione che si verifica a temperature più basse, con conseguente punteggi di durezza più bassi per il burro grass-fed (Couvreur et al., 2006; O’Callaghan et al., 2016a). In accordo con i risultati ottenuti per il latte e il formaggio da pascolo, il burro proveniente da un sistema di alimentazione al pascolo era di colore più giallo e più ricco di ꞵ-carotene (O’Callaghan et al., 2016a). Il profilo volatile dei burri indicava concentrazioni più elevate di toluene e di β-Pinene, nonché una minore concentrazione di 2-Butanone nei burri grass-fed rispetto ai campioni provenienti da animali alimentati con TMR (O’Callaghan et al., 2016a). L’aumento della proporzione di erba fresca nella dieta delle vacche ha determinato una minore compattezza in bocca durante la valutazione sensoriale (Couvreur et al., 2006), e gli assaggiatori irlandesi hanno assegnato punteggi di gradimento più alti ai burri ottenuti da animali alimentati al pascolo per quanto riguardava l’aspetto, il sapore e il colore (O’Callaghan et al., 2016a). Garvey et al. (2020) hanno esaminato le preferenze interculturali per i burri salati provenienti da alimentazione al pascolo e da sistemi di alimentazione non basati sul pascolo in Irlanda, Stati Uniti e Germania. Gli autori hanno riferito che le differenze di carattere sensoriale basate sulla dieta della vacca erano evidenti nei 3 paesi e che probabilmente vengono influenzate dalla familiarità, ed hanno concluso che i diversi sistemi di alimentazione influenzano la percezione interculturale del burro.

Altri latticini grass-fed

Magan et al. (2019) hanno messo a confronto l’effetto che ha il sistema di alimentazione al pascolo rispetto a quello che prevede una TMR sulle caratteristiche di cosposizione e funzionali del latte in polvere intero (WMP). Gli autori hanno riferito che il latte in polvere derivato da un’alimentazione al pascolo aveva un colore significativamente più giallo rispetto a quello ottenuto con alimentazione TMR, a causa dell’aumento del contenuto di β-carotene nei campioni provenienti da alimentazione al pascolo, in linea con gli studi sopra menzionati che dimostrano questo stesso effetto nel latte, nel formaggio e nel burro ottenuti in questo modo. Inoltre, gli yogurt prodotti con WMP grass-fed avevano modulo elastico (G′), modulo viscoso (G″) e viscosità complessa (η*) più elevati rispetto ai campioni TMR, aspetti che sono caratteristici di un gel più consistente. Anche gli yogurt ottenuti da animali alimentati al pascolo hanno prodotto un gel più compatto. Tali risultati indicano che possono esserci considerazioni tecnologiche tra la fonte del latte e le proprietà del prodotto finale. Un altro studio ha esaminato l’SMP a bassa temperatura prodotto a metà e a tarda lattazione da latte derivato da vacche al pascolo o da vacche allevate in ambienti al chiuso con dieta TMR (Gulati et al., 2019). Anche in questo caso, è stato riscontrato un colore più giallo per i campioni derivati da un’alimentazione al pascolo. Inoltre, l’SMP grass-fed a bassa temperatura aveva un contenuto proteico più elevato e un contenuto di lattosio, iodio e selenio inferiori rispetto al corrispettivo latte in polvere ottenuto da animali alimentati con TMR. La polvere ricostituita (al 10% wt/wt) proveniente da latte di pascolo presentava livelli maggiori di proteine, caseina e calcio ionico e concentrazioni più basse di lattosio e NPN (% di N totale). Inoltre, l’alimentazione al pascolo ha prodotto una cagliata con un modulo di conservazione (G′) più elevato rispetto al campione TMR. Tuttavia, non vi è stato alcun effetto significativo sulle proprietà dello yogurt omogeneizzato prodotto a partire dalla polvere ricostituita, in base all’acidificazione indotta dallo starter. Ciò ha evidenziato che anche le condizioni di utilizzo e di lavorazione della polvere ricostituita svolgono un ruolo sulla sua funzionalità (Gulati et al., 2019). Vari effetti compositivi, sensoriali, tecno-funzionali e benefici dal punto di vista nutrizionale sono stati precedentemente riportati per il latte grass-fed e per altri prodotti lattiero-caseari simili (Tabella 1). Questi risultati ci suggeriscono che i benefici nutrizionali dovrebbero essere ulteriormente supportati da dati provenienti da studi umani in vivo, ad esempio da studi che mettano a confronto latticini grass-fed e non grass-fed, oltre a studi dose-risposta. Inoltre, gli studi condotti fino ad oggi si sono concentrati su latte, formaggio e burro con scarse informazioni su altri prodotti caseari come latte in polvere e yogurt. Infine, è importante sottolineare che anche la stagionalità, la razza bovina e la genetica giocano un ruolo importante nella composizione e nelle proprietà dei prodotti lattiero-caseari (Knowles et al., 2006; Alothman et al., 2019) e questi fattori dovrebbero essere tenuti in considerazione quando si progettano gli studi, in particolare quelli di sperimentazione sulla nutrizione.

Salute della bovina, benessere e sostenibilità

I consumatori in genere percepiscono positivamente l’allevamento che fornisce erba come alimento o quello al pascolo, in termini di benessere delle vacche e di sostenibilità ambientale (Ellis et al., 2009; Heerwagen et al., 2013; Elgersma, 2015; Armbrecht et al., 2019; Shortall, 2019). Si prevede che l’importanza di questi 2 argomenti, il benessere delle vacche e la sostenibilità, continuerà ad aumentare quando parliamo di accettazione dei cibi da parte dei consumatori, in particolare per i prodotti lattiero-caseari (Britt et al., 2018). Pertanto, gli aspetti che caratterizzano i sistemi di produzione lattiero-caseari basati sul pascolo potrebbero essere sfruttati ed utilizzati per scopi di marketing in ragione del fatto che le vacche sono più libere di esprimere i loro comportamenti naturali in sistemi più sostenibili (Shortall, 2019).

Salute e benessere dell’animale

Quando si parla di animali, il termine benessere non è rivolto soltanto alla salvaguardia della loro salute, ma racchiude in sé anche la possibilità di consentire ad essi di espletare comportamenti naturali, come il muoversi liberamente, lo sdraiarsi a terra ed l’alzarsi in piedi e il riposare senza restrizioni (Dawkins, 2004; Armbrecht et al., 2019). Vasseur (2017) ha classificato gli indicatori utilizzati nelle valutazioni del benessere animale in fattori di rischio, basati sulla stabulazione (densità, dimensione della stalla) o sulla gestione (accesso al pascolo); e in misure di esito del benessere, che sono essenzialmente i risultati di come la stabulazione e la gestione possono influire sullo status di benessere dell’animale. Un report dell’European Food Safety Authority sugli effetti dei diversi sistemi di allevamento nell’Unione Europea per quanto riguarda il benessere e le malattie delle vacche da latte ha sottolineato i benefici dell’accesso al pascolo, attribuendo ai paesi che attuano sistemi di allevamento basati sul pascolo un chiaro vantaggio in termini di benessere rispetto agli altri (European Food Safety Authority, 2009). È stato dimostrato che il pascolare all’aperto in gruppo fornisce alle vacche l’opportunità di esprimere maggiormente i loro comportamenti naturali, compreso il contatto sociale e l’affermazione di una gerarchia all’interno della mandria (Legrand et al., 2009). Il pascolo riduce anche la percentuale di problematiche della salute come mastite, alterazioni del tegumento e la mortalità (Washburn et al., 2002; Hernandez-Mendo et al., 2007; Olmos et al., 2009a,b; Burow et al., 2012). D’altra parte, è stato dimostrato che stabulare le vacche al chiuso in strutture confinate limita l’espressione del comportamento naturale e contribuisce alla comparsa di patologie come mastite e zoppia e diminuisce il benessere riproduttivo (Britt et al., 1986; Dobson e Smith, 2000; von Borell et al., 2007; Armbrecht et al., 2019). Nello specifico la zoppia generalmente viene considerata un buon indice del benessere, in quanto può derivare da fattori di gestione (assenza di pascolo, stalle non confortevoli, camminare o stare in piedi su superfici danneggiate, o maggior presenza di liquami) o dalla presenza di patologie o di lesioni di origine infettiva (von Keyserlingk et al. , 2009). In uno studio recente, è stato dimostrato che l’incidenza della zoppia e i punteggi sulla locomozione delle vacche da latte allevate al pascolo sono più bassi rispetto alle informazioni precedentemente riportate sui sistemi di stabulazione al chiuso (O’Connor et al., 2020). Inoltre, la ricerca ha dimostrato che è molto meglio quando le vacche vengono alloggiate al chiuso ma in gruppo anziché singolarmente, in termini di competenze sociali e di sviluppo di alcuni deficit cognitivi (Costa et al., 2016). Tuttavia, esistono numerose sfide per una valutazione corretta del benessere delle vacche in maniera olistica e in tempo reale; inoltre, mancano ancora informazioni che valutino l’effetto dell’alimentazione al pascolo sulla salute e sul benessere delle vacche (Armbrecht et al., 2019). Recentemente, uno studio ha valutato il benessere delle vacche negli allevamenti da latte tedeschi, combinando il protocollo di qualità del benessere per i bovini da latte e le registrazioni di dati di routine. Gli allevamenti al pascolo hanno ottenuto punteggi più alti per quanto riguardava il comfort durante il riposo, mentre il gruppo stabulato al chiuso e senza alcun accesso al pascolo ha ricevuto punteggi più bassi per quanto riguardava la zoppia, le lesioni e l’assenza di ferite e di zone glabre sul tegumento (Armbrecht et al., 2019). Un altro studio recente ha messo in collegamento il punteggio della mobilità delle vacche con altri parametri come BCS, patologie degli unghioni (sia la tipologia che la gravità) e il numero dei parti delle vacche, evidenziando la necessità di monitorare regolarmente le vacche anche con lievi deviazioni dal modello di mobilità ottimale per evitare un ulteriore scadimento delle loro condizioni (O’Connor et al., 2019). Precedentemente è già stata espressa la preoccupazione che l’espansione dell’allevamento (Kelly et al., 2020) possa mettere a rischio il benessere e la salute degli animali in seguito all’aumento delle dimensioni degli allevamenti e delle mandrie (Britt et al., 2018; Shortall, 2019; Kelly et al., 2020). Inoltre, l’intensificazione dell’allevamento può essere associata alla selezione genetica per una maggiore produzione di latte, che viene identificata come uno dei principali fattori di scarso benessere e di problemi di salute, correlati con l’incidenza di zoppie, di mastiti e di disturbi della fertilità e metabolici (Miglior et al. ., 2017). Tuttavia Beggs et al. (2019), esaminando gli allevamenti da latte al pascolo di varie dimensioni in Australia, non hanno trovato forti correlazioni tra le dimensioni della mandria e una serie di esiti sul benessere degli animali. Il loro studio ha concluso che c’era una notevole variabilità sia nei rischi per il benessere degli animali che nell’utilizzo di strategie di mitigazione tra allevamenti di tutte le dimensioni. Uno studio di O’Connor et al. (2020) ha mostrato che le vacche con un Economic Breeding Index più alto avevano un punteggio di locomozione più basso e una diminuzione dei problemi di zoppia.

Sostenibilità

Nei prossimi decenni il settore dell’agricoltura dovrà fronteggiare delle sfide considerevoli. L’agricoltura globale dovrà produrre più cibo per una popolazione in costante crescita e sempre più benestante e, al contempo, si ritroverà a dover competere per l’accesso a risorse naturali sempre più scarse, a dover salvaguardare la biodiversità e la qualità dell’acqua, a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, ad adattarsi alle nuove minacce di malattie delle piante e degli animali ed a dover fronteggiare le preoccupazioni dei consumatori su questioni come il benessere degli animali, riducendo al contempo la competizione esistente tra mangimi versus cibo. Negli Stati Uniti la definizione legale per agricoltura sostenibile è “un sistema integrato di pratiche di produzione vegetale ed animale con un’applicazione sito-specifica che, nel lungo termine, dovrà essere capace di; (A) soddisfare i fabbisogni umani di cibo e di fibra; (B) migliorare la qualità ambientale e le risorse naturali basilari da cui dipende l’economia agricola; (C) fare un utilizzo più efficiente delle risorse non rinnovabili e delle risorse in azienda ed integrare, ove appropriato, cicli e controlli biologici naturali; (D) sostenere la redditività economica delle attività del settore agricolo; e (E) migliorare la qualità della vita degli allevatori e della società nel suo insieme” (USC Title 7, 2011). In generale, a livello globale l’agricoltura moderna viene associata ad importanti sfide che riguardano la sostenibilità (Arvidsson Segerkvist et al., 2020); tuttavia, il settore si sta sforzando nel fornire prodotti alimentari convenienti e nutrienti, consapevole della necessità di ottimizzare l’uso delle risorse naturali e di ridurre gli impatti ambientali (Miller e Auestad, 2013). L’espansione delle aziende da latte può avere un effetto sulle emissioni di gas serra e di ammoniaca, nonché sulla qualità dell’acqua (Ledgard et al., 1998; Clark et al., 2007; Wales e Kolver, 2017b; Shortall, 2019; Kelly et al., 2020). Esiste un forte legame tra la redditività delle aziende lattiero-casearie e la loro sostenibilità (Britt et al., 2018); quindi, gli allevatori sono incentivati nel migliorare la sostenibilità delle loro aziende. In particolare, è stato dimostrato che i sistemi di allevamento basati sul pascolo consumano meno energia rispetto ai sistemi al chiuso (O’Brien e Hennessy, 2017). Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato come i sistemi che prevedono l’alimentazione degli animali al pascoli siano eco-sostenibili. Uno studio ha evidenziato che, nell’Unione Europea, il latte irlandese emette la più bassa impronta di gas serra per unità di latte corretto per grassi e proteine (Leip et al., 2010). Una comparazione dell’analisi del ciclo di vita tra allevamenti da latte al pascolo e al chiuso ha preso in considerazione gli impatti ambientali come il riscaldamento globale, l’eutrofizzazione, l’acidificazione, lo sfruttamento del suolo e le energie non rinnovabili, in termini di impatti ambientali interni all’allevamento, esterni all’allevamento e combinati (O’Brien et al., 2012; O’Brien e Hennessy, 2017). Questo studio ha indicato che per tonnellata di produzione di latte per superficie agricola, l’impatto ambientale (in relazione al potenziale utilizzo delle risorse e agli inquinanti) era inferiore per il sistema a pascolo rispetto al sistema di stabulazione in stalle al chiuso. Inoltre, l’allevamento che prevede il pascolo ha avuto un impatto ambientale complessivo inferiore rispetto al sistema al chiuso. Murphy et al. (2017) hanno dimostrato che l’impronta idrica del latte, valutata su 24 aziende da latte irlandesi, era principalmente rappresentata dalla coltivazione di erba con acqua verde (ovvero, dal consumo dell’umidità del suolo dovuto all’evaporazione-traspirazione). La conoscenza dell’utilizzo dell’acqua da sola ha meno utilità della conoscenza dell’utilizzo dell’acqua in relazione alla disponibilità/scarsità di acqua nota come indice di stress idrico. Il metodo dell’impronta idrica con coefficiente di stress utilizzato da Pfister et al. (2009) fornisce un coefficiente di qualificazione per valutare gli effetti del consumo di acqua a livello di bacino fluviale o idrografico. Sulla base di questo metodo, l’effetto ponderato della produzione di 1 kg di latte corretto per grasso e per le proteine in Irlanda è stato calcolato essere pari a 0.4 L di H2O-equivalenti (Murphy et al., 2017). Uno studio irlandese sulla qualità dell’acqua ha mostrato che, nonostante un aumento del 20% del tasso di stoccaggio, negli ultimi 11 anni si è verificato un calo della concentrazione di azoto nelle acque sotterranee irlandesi (Huebsch et al., 2013). Gli autori hanno stabilito che per migliorare la qualità delle acque sotterranee dovrebbero essere adottate alcune misure, come il miglioramento della gestione del pascolo, un maggiore utilizzo di concimi organici e l’adozione di metodi per ridurre la risemina delle colture. In definitiva, si potrebbero compiere passi significativi per ridurre i pathway di perdita di azoto diminuendo il surplus di azoto e incrementando l’efficienza dei sistemi valutati. Tecnologie e sensori avanzati potrebbero potenzialmente aiutarci a migliorare le emissioni, la qualità dell’acqua, la qualità del suolo e la salute delle colture (Britt et al., 2018). Ad esempio, i sensori nel vicino infrarosso potrebbero determinare la massa e la densità dei nutrienti dei prati misurando la riflettanza spettrale della copertura vegetale o utilizzando una varietà di tipologie di sensori che potrebbero facilitare una migliore classificazione dei comportamenti di ingestione delle vacche (ad esempio, tempo e velocità di alimentazione, entità del morso e numero di masticazioni; Wales e Kolver, 2017b). L’integrazione di pascoli diversi richiede ulteriori studi per ottimizzarne l’utilizzo e per dimostrare chiaramente che non influiscono negativamente sulla resa in solidi del latte, sull’alimentazione e sulla salute degli animali, o su tutti e tre (Wales e Kolver, 2017b). L’integrazione con concentrati può anche aumentare la ripartizione dell’azoto nel latte in un sistema di alimentazione al pascolo, come recentemente dimostrato per le vacche in tarda lattazione (McKay et al., 2019). Un altro approccio promettente per attenuare la perdita di N, che mira alle emissioni gassose di protossido di azoto e di ammoniaca rallentando l’idrolisi dell’urea, consiste nell’utilizzare fertilizzanti contenenti inibitori dell’ureasi, come la N-(n-butil) triammide tiofosforica (de Klein e Eckard, 2008; Harty et al., 2016).

La necessità di standard grass-fed accreditati a livello nazionale

È essenziale che venga sviluppato uno standard chiaro e ben regolamentato per i prodotti lattiero-caseari definiti grass-fed. I consumatori, che vedono svariati vantaggi dal consumo di questa tipologia di prodotti, e che potrebbero essere disposti a pagare di più per acquistarli (Shalloo et al., 2018), dovrebbero essere fiduciosi del fatto che i prodotti pubblicizzati come grass-fed siano effettivamente tali e di conseguenza correttamente etichettati. Questo sta diventando sempre più importante in quanto abbiamo numerose prove a supporto dei vantaggi riguardanti la composizione, la funzione, gli aspetti nutrizionali e la sostenibilità dei prodotti grass-fed, come descritto in precedenza. Attualmente, questo termine è ampiamente utilizzato su etichette e siti Web aziendali, con una certa confusione dei consumatori che deriva dalle numerose definizioni e criteri con i quali viene identificata l’alimentazione grass-fed nei diversi paesi e persino nelle diverse aziende all’interno dello stesso paese. È chiaro che a livello globale esistono svariati metodi di produzione dei latticini per una serie di motivi, tra cui l’intensificazione dell’allevamento (per ottimizzare la produzione di latte), la limitata disponibilità dei terreni e delle risorse naturali o le diverse condizioni climatiche. Per questo lo sviluppo di uno standard universale per l’alimentazione grass-fed risulta essere difficile, ma si dovrebbe almeno tener conto della percentuale di dieta basata sull’erba sotto forma di erba da pascolo o insilato d’erba. Questo standard fornirebbe al consumatore le informazioni necessarie per prendere una decisione informata.

Quantificare i livelli del pascolo

Un aspetto chiave che dovrebbe essere incluso in una dichiarazione sul grass-fed è rappresentato dalla quantità di pascolo che viene utilizzata nella dieta delle vacche da latte, che potrebbe anche fornirci un’indicazione su quanto tempo le vacche trascorrono all’aperto pascolando (Shalloo et al., 2018). Ciò potrebbe contribuire a garantire un requisito minimo per i prodotti grass-fed, ma potrebbe anche aiutarci a differenziare i diversi livelli di grass-fed e potrebbe agevolare la realizzazione di uno standard riconosciuto a livello internazionale. In alcuni paesi Europei, anche se le vacche trascorrono solo poche ore sull’erba al giorno, il prodotto verrà etichettato come basato sul pascolo (Shortall, 2019). Attualmente, alcuni fornitori di latte possono ricevere premi monetari se consentono alle loro vacche di pascolare per un periodo minimo (Elgersma, 2015). In Nuova Zelanda, Fonterra utilizza il claim “Certified Grass Fed”, certificato da AsureQuality un organismo di valutazione della conformità indipendente. L’azienda afferma sul proprio sito Web che le loro vacche “consumano una dieta composta in media dall’85% di erba”. Inoltre, le vacche trascorrono almeno il 90% del loro tempo fuori al pascolo, come requisito minimo dello standard (Fonterra, 2020). Synlait, un’altra azienda da latte Neozelandese, offre agli allevatori un prezzo premium extra (in aggiunta al prezzo base dell’azienda) per il “latte grass-fed” se le vacche vengono alimentate esclusivamente al pascolo e senza l’impiego di mangimi importati (Synlait, 2015). Alcune aziende statunitensi affermano di essere al 100% grass-fed, ad esempio con il nuovo Certified Grass-Fed Organic Livestock Program e Certification Mark, lanciato da Maple Hill e Organic Valley nel febbraio 2019, che definisce un “prodotto biologico grass-fed”. Secondo il programma, le vacche da latte devono essere alimentate esclusivamente con una dieta a base di erba e devono avere l’accesso ad un’area considerevole di pascolo con almeno il 60% dell’alimentazione proveniente dal pascolamento per una stagione di pascolo della durata di 150 giorni. Gli allevamenti devono già essere certificati come biologici dall’USDA e, una volta che il latte lascia l’allevamento, deve rimanere separato dal latte convenzionale e dal latte biologico per garantirne l’integrità dall’azienda alla tavola. Le vacche devono avere pieno accesso al pascolo, 365 giorni all’anno (tempo permettendo). Mangiano solo erba, ad eccezione del fieno e dell’insilato come integrazioni quando l’erba non è disponibile. La produzione lattiero-casearia irlandese basata sul pascolo è stata chiaramente presentata come elemento di differenziazione per i latticini irlandesi da Bord Bia o dalle singole aziende lattiero-casearie. Inoltre, per aiutare nel creare claim verificati sui prodotti lattiero-caseari grass-fed con dati solidi a supporto, la Bord Bia Statement of Strategy 2019-2021 (Bord Bia, 2019) ridchiede lo sviluppo di punti di prova verificabili. Shalloo et al. (2018) hanno classificato gli attuali claims internazionali riguardanti il quantitativo di erba nella dieta in 3 gruppi: (1) 100% grass-fed, (2) con specifica percentuale di erba indicata o (3) etichetta generica con dicitura “grass-fed” e senza ulteriori informazioni. O’Brien et al. (2018) hanno sviluppato una metodologia per quantificare i livelli di pascolo nella dieta delle vacche da latte irlandesi. Questo modello quantifica mensilmente i livelli di erba assunti al pascolo e tramite insilato d’erba nella dieta delle vacche da latte utilizzando informazioni sulla produzione di latte e sul numero di capi di bestiame, sui flussi e sulla stabulazione, informazioni sull’alimentazione con concentrati e può essere compilato con i dati del National Farm Survey o del Sustainable Dairy Assurance Scheme. Tuttavia, le informazioni in questi database sono raccolte in modo retrospettivo; pertanto, gli attuali claim delle società irlandesi vengono acquisiti nell’arco di diversi anni su una media mobile. Un altro database ampiamente utilizzato è PastureBase Ireland per le aziende commerciali con pascolo attive dal 2013, che contiene informazioni più aggiornate rispetto al National Farm Survey o al Sustainable Dairy Assurance Scheme. Poiché gli allevatori inseriscono i dati in chilogrammi di SS d’erba per ettaro o in centimetri, è possibile valutare in tempo reale le performance dei singoli paddock sia negli anni che all’interno dello stesso anno (Hanrahan et al., 2018) e anche determinare le diete delle vacche in tempo reale. Nel 2018, c’erano oltre 6.000 produttori di latte (su 18.000 in Irlanda) nel sistema PastureBase Ireland e quasi 1.400 aziende hanno completato le coperture settimanali. Shallo et al. (2018, pagina 5) hanno evidenziato che lo standard per il grass-fed “dovrebbe essere sviluppato seguendo gli standard riconosciuti a livello internazionale (ISO)”. Uno degli aspetti importanti di uno standard dovrebbe essere la presenza in ogni paese di un organismo indipendente e centralizzato che raccolga e controlli i dati utilizzati per la richiesta della denominazione grass-fed, che verrebbe poi ulteriormente supervisionato da un organismo di regolamentazione internazionale. Uno standard grass-fed Irlandese è stato stabilito ed accreditato dall’Irish National Accreditation Board, e ci indica quali criteri devono essere rispettati per il latte proveniente dalle singole aziende e per il latte proveniente da più strutture che viene impiegato nella trasformazione primaria per poter essere classificato come “grass-fed” ( Bord Bia, 2020). Utilizzando il modello di quantificazione Grass-Fed sviluppato in Teagasc e il software integrato basato sul web (Grass-Fed Dairy Model; O’Brien et al., 2018), viene stabilito il valore numerico della “cifra grass-fed” per le singole aziende valutate su una media mobile di tre anni per la “cifra grass-fed” per quell’azienda; “la cifra grass-fed media per un gruppo di mandrie che costituiscono un pool di latte per la trasformazione primaria o secondaria deve raggiungere una media ponderata del 95% sulla base del peso fresco”, mentre “il valore minimo accettabile della cifra grass-fed per una singola mandria per poter essere certificata come Grass-Fed è del 90% sulla base del peso fresco” (Bord Bia, 2020). Le vacche devono alimentarsi al pascolo almeno 160 giorni (giorni medi nazionali al pascolo, cioè 240 giorni meno 80 giorni) e “per ogni lotto di prodotto spedito verrà generato un corrispettivo “Grazing Days Report” che sarà accessibile online al produttore” (Bord Bia, 2020, pagina 11).

Certificazione dei prodotti lattiero-caseari grass-fed

Uno degli ostacoli principali è verificare e certificare accuratamente i prodotti lattiero-caseari grass-fed in quanto tali. Seguendo uno standard che definisce chiaramente cosa può essere considerato come grass-fed e mettendo in atto un sistema di norme per verificare che le condizioni vengano soddisfatte, il passo successivo è quello di riuscire ad certificare i prodotti di tutto il mondo. I metodi per farlo possono aiutarci ulteriormente a supportare e sostenere la creazione di un documento che classifichi un prodotto come grass-fed e, data la mancanza di uno standard internazionale per questa dicitura, a garantire la certificazione di quei prodotti internazionali etichettati come grass-fed. Tuttavia, la ricerca in questo settore è ancora preliminare e richiede molti più dati. Numerosi studi hanno dimostrato che i prodotti lattiero-caseari di pascolo possono essere differenziati dai prodotti originati da vacche alimentate con TMR grazie al profilo degli acidi grassi, durante l’intera lattazione (Capuano et al., 2014; Coppa et al., 2015; O’Callaghan et al. , 2016b). Pertanto, è stato suggerito che il profilo degli acidi grassi potrebbe essere utilizzato come strumento di verifica per i prodotti grass-fed rispetto a quelli provenienti da animali alimentati con TMR (O’Callaghan et al., 2016b). Più recentemente, nei Paesi Bassi è stato visto che il profilo degli acidi grassi è utile anche per distinguere con successo il latte biologico da quello di pascolo (Liu et al., 2020). Inoltre, è stato dimostrato che i campioni di latte e formaggio derivati da un’alimentazione al pascolo, rispetto a quelli derivati da un’alimentazione basata sui cereali, possono essere differenziati con successo in base alla presenza di terpeni e carotenoidi al loro interno (Tornambé et al., 2006; Slots et al., 2009). Precedenti studi hanno indicato la possibilità di sfruttare il profilo volatile per scopi di certificazione, con il p-cresolo (un prodotto della degradazione del β-carotene, collegato anche alla presenza di certe caratteristiche sensoriali) che viene specificamente evidenziato come potenziale marcatore nel latte (Faulkner et al., 2018 ; Kilcawley et al., 2018; Clarke et al., 2019). È stato visto anche che metodi analitici avanzati, come la risonanza magnetica nucleare quantitativa (1H-RMN), sono capaci di discriminare tra i prodotti grass-fed e quelli da alimentazione con TMR (O’Callaghan et al., 2018; Boiani et al., 2019; Panthi et al., 2019b). La metabolomica quantitativa basata sulla risonanza magnetica nucleare presenta numerosi vantaggi; è un metodo non distruttivo con una capacità di rilevamento di tutte le molecole mobili contenenti idrogeno, e quindi è considerata una tecnica promettente per la verifica dei prodotti grass-fed (Sundekilde et al., 2013). Recentemente, O’Sullivan et al. (2021) hanno evidenziato la possibilità di utilizzare il profilo degli isotopi stabili del latte per certificare la fonte. Un’altra tecnica potenzialmente promettente non distruttiva e relativamente economica è la spettroscopia nel vicino infrarosso, che si è dimostrata capace di distinguere il latte di pascolo da quello non di pascolo, anche se il pascolo rappresentava soltanto il 30% della dieta (Coppa et al., 2012; Valenti et al., 2013 ). È stato visto che la spettroscopia nel vicino infrarosso ha la capacità di distinguere tra i campioni di formaggio (Abondance, Tomme de Savoie e Cantal) ottenuti da pascolo e quelli ottenuti da fieno (Andueza et al., 2013). Inoltre, in precedenza è stata impiegata per prevedere il contenuto di carotenoidi e i profili di acidi grassi nei latticini (Lucas et al., 2008a,b; Coppa et al., 2010). Anche l’analisi con spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier di campioni di latte è stata suggerita come potenziale metodo di certificazione dopo che è riuscita a discriminare con successo tra latte proveniente da vacche che avevano erba fresca nella razione giornaliera e latte proveniente da vacche che non ce l’avevano nella razione, così come è stata capace di certificare il consumo di erba al pascolo (Capuano et al., 2014). La sfida è dunque quella di riuscire a certificare correttamente un’ampia gamma di prodotti lattiero-caseari di pascolo utilizzando tecniche di screening semplici, ad alta produttività e a basso costo (Bergamaschi et al., 2020). Ciò consentirà di verificare in futuro che i prodotti lattiero-caseari provengano effettivamente da alimentazione al pascolo e posseggano tutti i vantaggi ad essa associati.

Conclusioni e prospettive

Questa review ha messo in evidenza il potenziale significativo che potrebbero avere, sotto certi aspetti, i sistemi di alimentazione con erba fresca basati sul pascolo per il futuro del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Questi includono proprietà della composizione e aspetti nutrizionali come già riassunto per i vari prodotti caseari, ma anche altri aspetti considerevoli che si stanno guadagnando sempre di più l’attenzione degli individui, tra cui le caratteristiche sensoriali, la salute e il benessere degli animali e la sostenibilità dei prodotti. Tuttavia, alla luce della miriade di vantaggi e di benefici apportati dai prodotti grass-fed, esistono ancora alcune lacune che dovrebbero essere colmate nel corso della ricerca futura, comprese le sperimentazioni sull’uomo che hanno lo scopo di esaminare meglio i benefici sulla salute derivanti dal consumo di prodotti di pascolo versus quello di prodotti non ottenuti da alimentazione al pascolo. C’è bisogno di metodiche valide per certificare il grass-fed nella forma di una dichiarazione verificabile. Detto ciò, c’è spazio per la ricerca futura per sviluppare metodi di analisi rapida ad alto rendimento utili a classificare e certificare i prodotti grass-fed, poiché lo sviluppo di un sistema attivo consentirebbe di raccogliere il latte in base al suo status di grass-fed durante tutto l’anno.

 

Invited review: il punto di vista nel 2020 sui sistemi di allevamento da latte e sulle produzioni basate sul pascolo

Alice Moscovici Joubran1,2, Karina M. Pierce1,2, Niamh Garvey1, Laurence Shalloo3 e Tom F. O’Callaghan1,4,5*

  1. Food For Health Ireland, University College Dublin, Dublino D04 V1W8, Irlanda
  2. School of Agriculture and Food Science, University College Dublin, Dublino D04 V1W8, Irlanda
  3. Teagasc Animal and Grassland Research and Innovation Centre, Moorepark, Fermoy, Co. Cork P61 C996, Irlanda
  4. Teagasc Food Research, Moorepark, Fermoy, Co. Cork P61 C996, Irlanda
  5. School of Food and Nutritional Sciences, University College Cork, Cork T12 K8AF, Irlanda

*Autore corrispondente: tom_ocallaghan@ucc.ie

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DOI: https://doi.org/10.3168/jds.2020-19776

 

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