E’ difficile non essere d’accordo sul fatto che il mondo del latte non è ben visto dall’opinione pubblica. Tutti i tentativi fin qui fatti dagli esperti della comunicazione di dare un’immagine nuova agli allevamenti e ai prodotti del latte non solo non hanno dato i risultati sperati ma hanno forse peggiorato la situazione.

Per anni, e si continua a farlo tutt’ora, sono state rappresentate improbabili vacche al pascolo e contesti paradisiaci che né i giornalisti né le associazioni animaliste hanno mai trovato se non in remote malghe montane e solo per pochi mesi l’anno. Nelle campagne pubblicitarie più marginali sostenute dalle risorse pubbliche si è scelta la strada del testimonial famoso o l’immagine dell’allevatore contadino come era una volta, in bilico tra la povertà e lignoranza. Ma anche queste ultime rappresentazioni cozzano con una realtà che è ben diversa e sanno quindi d’inganno.

A fine 2017 è stata la Latteria Soresina a rompere con il mantra pubblicitario delle vacche al pascolo e con alcuni altri stereotipi raccontando la “verità” positiva degli allevamenti, ma nel video fu prestato un facile fianco a chi dice di voler difendere i diritti delle bovine d’allevamento ma in realtà ne vuole l’estinzione. Il tentativo della Latteria Soresina merita il nostro plauso ma con il senno di poi una campagna pubblicitaria così audace per quei tempi avrebbe dovuto essere preceduta e accompagnata da un’azione di condivisione con l’opinione pubblica e di sensibilizzazione degli allevatori. Gli allevamenti non sono circondati da muri impenetrabili e cavalli di frisia, e pertanto sono soggetti ad essere più o meno legalmente visitati sia da chi vuole capire come stanno realmente le cose ma anche da chi vuole a tutti costi dimostrare qualcosa.

Il Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano ha presentato lo scorso anno un “Brand manifesto” dove ha articolato una serie di scelte finalizzate a consolidare e riqualificare l’immagine del formaggio agli occhi dell’immaginario collettivo. I pilastri di questo brand manifesto sono il benessere animale, l’ambiente, il territorio, la comunità locale, e la salute e il benessere dei consumatori. Solo per il benessere animale, oltre ad aver reclutato una squadra di medici veterinari per la sua valutazione e per suggerire miglioramenti, il Consorzio ha stanziato oltre 10 milioni di euro per incoraggiare gli allevatori a ulteriori migliorie.

Quello che ci ha molto colpito è l’ultima campagna pubblicitaria lanciata il 18 Settembre 2021 che come tipologia e contenuti è in assoluta discontinuità con la comunicazione del settore lattiero-caseario fino ad ora. Innanzitutto hanno scelto il format inconsueto del mediometraggio, ossia di un film di circa 25 minuti intitolato “Gli Amigos”, presentato la prima volta su RAI 1 alle ore 12.00 del 18 Settembre 2021 e dal quale sono stati tratti 6 spot destinati a tutti i media. Come protagonisti sono stati scelti un attore famoso come Stefano Fresi, il cuoco pluristellato Massimo Bottura, un casaro di nome Renato e cinque giovani attori. La regia è stata affidata a Paolo Genovese, grande regista padre di film come “Perfetti sconosciuti” e “The place”.

Ho visto molte volte il film e ho aspettato a lungo prima di scrivere questo articolo proprio per potere meditare e convincermi che questa è la comunicazione che da troppo tempo il mondo del latte meritava. Innanzitutto, sono finalmente spariti l’erba e i pascoli dalla comunicazione, simbologia o archetipo che ha creato enormi problemi al nostro settore. Quello che si vede è il fieno in tutte le sue declinazioni, un prodotto salvifico anche perché domicilio e vettore di quei fermenti lattici che danno al Parmigiano Reggiano quella personalità e unicità territoriale che lo caratterizza. I batteri lattici, ai quali è stato dato il nome “Gli Amigos”, possono entrare di diritto tra i protagonisti del film.

L’abilità del regista e i saggi consigli di Nicola Bertinelli e Carlo Mangini hanno creato una trama vincente e a volte commovente, che mescola i valori più belli del nostro essere uomini con quelli di questo antico formaggio. Valori come amicizia, amore, corteggiamento, orgoglio, viaggio, curiosità, scoperta, sfida, sapori, tradizioni, cultura e speranza del futuro sono stati utilizzati con dignità e compostezza per raccontare tra le righe il Parmigiano Reggiano. Oltre ad avere saggiamente evitato di utilizzare “l’erba” come protagonista, si è evitata la trappola del narrare il benessere animale come si fa oggi in Italia e che nessuno comprende. Si è scelto l’esempio pratico e intuitivo di un vitello che si fa accarezzare senza alcun timore, anzi con piacere, da una delle protagoniste del film. Si è chiaramente percepito che si è voluto dare un taglio multietnico e multiregionale a questo mediometraggio, utilizzando attori e dialetti di origine non solo emiliana e romagnola. Gli autori del film poco hanno voluto concedere ai luoghi comuni in cui cadono quasi tutti quando si vogliono raccontare allevatori e formaggi a gente che ormai non ha più nè radici nè contatti con il mondo rurale. Abbiamo notato il persistere del valore del sacrificio di essere in stalla e di fare il formaggio ogni giorno dell’anno nelle domande al casaro Renato, aspetto oggi incomprensibile ai più e retaggio di un passato almeno dai giovani non più auspicato.

Comunque, grazie Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano. Il vostro lavoro farà bene a tutti noi che lavoriamo con e per il latte. Un contributo importante all’ineludibile necessità di aprire un dialogo con la gente e non solo con i consumatori. Un dialogo comprensibile e semplice ma al contempo efficace.

Per chi non lo avesse ancora fatto, consigliamo la visione del film che trovate qui.