Concludiamo la serie di articoli dedicati al Gas farm e Nutrient. Questi due importanti concetti sono stati introdotti nell’ articolo del Dott. Poletti, “Gas farm e Nutrient farm: due concetti da approfondire- Prima Parte“, e approfonditi, analizzando la tecnologia del biogas, nel successivo articolo “Gas farm e Nutrient farm: biogas, una tecnologia promettente con origini antiche – Parte Seconda“.
In quest’ultimo articolo, il Dott. Luca Poletti e il Dott. Roberto Poletti ci parlano del bioreattore ABR utile alla produzione di biogas su piccola scala.
Attualmente nel mondo ci sono oltre 20.000 impianti AD su vasta scala e ogni anno vengono realizzati oltre 1.000 nuovi progetti. Tuttavia, il processo di valorizzazione degli scarti organici per via anaerobica ha ancora ampi margini di ottimizzazione. Una modalità di avanzamento tecnico molto promettente è appunto la MAD che si concilia con le tendenze oggigiorno più attuali che prevedono un approccio modulare con il trasporto in container (v. Fig.1 e Fig.2) di unità impiantistiche mobili “plug and play” che prevedono procedure di installazione facili e poco invasive con interventi di cantierizzazione ridotti al minimo.
Fig. 1 Esempio di trasporto containerizzato su mezzo di trasporto stradale di un reattore AD (tecnologia non ABR)
Fig. 2 Esempio di reattore modulare AD (tecnologia non ABR) adatto ad un’installazione “plug-and-play”
Tornando alla tecnologia proposta, il bioreattore innovativo ABR (Anaerobic Buffled Reactor) è già in uso da molto tempo per applicazioni depuratoristiche ma non è stato mai implementato per finalità di recupero energetico, ovvero per massimizzare la produzione di biogas. Sereco ha sperimentato in scala pilota e brevettato [ANTONIO POLETTI, ROBERTO POLETTI, LUCA POLETTI European Patent Application No. PCT/IB2013/000551 “Apparatus for the production of biogas and related method” (registered 29/03/2013) concesso il 28/10/2020 con No. 28311 003 B1, depositato in Germania con No. 13720015.0/2831003 e in Italia con No.1410640] un particolare reattore ABR opportunamente modificato nella circuitistica idraulica, nelle modalità di gestione dei carichi organici e nei tempi di residenza. Tale tipologia di reattore si può considerare in contrapposizione a quella tradizionale CSTR (Continuous Stirred Tank Reactor) (v. Fig. 3).
Fig. 3 Tipologia di reattore classica
ed è capace di garantire rese di conversione in biogas superiori con volumi di reazione significativamente inferiori con conseguenti minori costi di investimento e ridotti ingombri.
L’ABR è un esempio di nature-inspired technology in quanto la sua concezione ricorda da vicino il funzionamento dell’apparato digerente dei ruminanti, così come il CSTR può essere paragonato ad un sistema monogastrico.
Come è noto, negli erbivori ruminanti la camera di fermentazione cellulosolitica è collocata anteriormente rispetto al comparto metanigeno (intestino tenue) a differenza degli animali cecali in cui questa funzione avviene nella parte posteriore del canale alimentare. Questa soluzione digestiva ha avuto un grande successo evolutivo e ha permesso ai ruminanti di essere gli erbivori dominanti sul pianeta poiché in questo modo essi acquisiscono una maggiore efficienza cellulosolitica e acidogenica grazie alla segregazione della flora microbica preposta a questa funzione rispetto ai ceppi metanigeni confinati nella porzione terminale del canale digerente.
Oltre a ciò, nel rumine si osserva il fenomeno dell’inversione di flusso del bolo contenente le particelle di cibo più grandi che vengono reindirizzate dal sistema reticolo-rumine all’apparato boccale per essere sminuzzate più finemente onde consentirne lo smistamento all’omaso e da qui all’abomaso e all’intestino tenue
Entrambi queste caratteristiche sono state in un certo senso adottate nella concezione del reattore ABR.
Il “rumine biomimetico” ABR consiste infatti in una sequenza di camere di reazione biochimica separate da setti che isolano parzialmente i diversi compartimenti permettendo il passaggio della biomassa liquida. L’idrodinamica che si instaura permette la deposizione del solido metanigeno sul fondo dei vari comparti che, in sequenza, andranno ad ospitare in regime di stato stazionario le classi specifiche di microrganismi responsabili della conversione della biomassa a biometano (Fig.4).
Fig.4 Logica di funzionamento di un reattore ABR
Quindi nei comparti prossimali rispetto all’ingresso dell’influente prevarranno i microrganismi idrolitici; in quelli centrali si infeuderanno le comunità trofiche acetogeniche, acidogeniche e idrogenotrofe, mentre nei comparti distali prevarranno i batteri del gruppo degli Archea, i metanigeni. Collegamenti idraulici congegnati in maniera particolare e che sono oggetto della privativa brevettuale, mettono in comunicazione le diverse camere regolate da un sistema di chiusure a valvole ad azionamento meccanico, permettendo la compensazione di qualsiasi squilibrio che possa eventualmente manifestarsi per l’ingestione di inibitori/tossici o per scompensi nutrizionali (concentrazione sostanze azotate, squilibrio alcalinità/acidità, carenza micronutrienti minerali, ecc…). La ricircolazione tra le “camere-stomaco” richiama da vicino il fenomeno della ruminazione, in cui la digestione di alcune sostanze alimentari complesse (come la cellulosa) viene perfezionata attraverso la reiezione del bolo alimentare attraverso i vari comparti digestivi. Quindi, se l’ABR può essere paragonato ad un rumine, noto per favorire la produzione di acidi grassi volatili, precursori del metano ed altri biogas, il classico CSTR rappresenta, al contrario, un sistema “monogastrico”, molto meno efficiente sotto il profilo della metanogenesi. Il reattore ABR si caratterizza per essere una mimesi tecnologica di fenomeni naturali la cui ottimizzazione funzionale è garantita dalla selezione naturale. Questa soluzione risulta essere estremamente promettente per quelle realtà agro-zootecniche oggi escluse, a causa delle loro piccole dimensioni, dai benefici derivanti dall’adozione della DA favorendo così l’empowerment dei piccoli e medi imprenditori agricoli nel tentativo di favorirne un approvvigionamento energetico maggiormente autonomo. La conseguente diminuzione dei flussi energetici sussidiari, peraltro, fa aumentare notevolmente il grado di naturalità e di sostenibilità ambientale dell’agro-ecosistema.
La microdigestione permette quindi all’allevatore di rendersi autonomo e di alimentare l’impianto con i soli prodotti dell’azienda. Inoltre, così facendo, viene favorita la compliance delle attività agro-zootecniche alla normativa ambientale e sanitaria, in quanto il processamento anerobico dei liquami e letami grezzi sanifica la matrice dai principali microrganismi patogeni e produce un digestato il cui spandimento sui campi (fertirrigazione) non solo è facilitato dalla normativa ambientale e dai PUA (rispetto al liquame grezzo), ma è pure avvantaggiato in termini tecnici (migliore spandibilità) e agronomici (maggiore quota azoto solubile e biodisponibile). Altri vantaggi interessanti per i piccolo-medi allevatori derivante dall’adozione della AD sono:
- distruzione dei semi infestanti
- riduzione degli odori
- produzione di calore in eccesso utile per il riscaldamento di edifici ed annessi produttivi
- riduzione dei gas serra legati al letame zootecnico, in quanto l’evoluzione di metano, potente gas serra, risulta controllata e convogliata, evitando così la dispersione indiscriminata in atmosfera
- riduzione del trasporto degli scarti organici per il loro trattamento in impianti collocati a grande distanza dal sito di produzione;
- integrazione del reddito aziendale e diversificazione della propria attività
Tutto questo configura un’evoluzione dell’azienda zootecnica verso modelli non più centrati unicamente sulla catena di valore alimentare (a volte con margini di guadagno molto ridotti ma impatti ambientali significativi come nel caso della soccida) e caratterizzati da un enorme consumo di risorse energetiche ed ambientali accompagnato da impatti significativi sull’ambiente, ma capaci di creare valore aggiunto in filiere apparentemente avulse dalla mission aziendale tradizionale (come appunto la produzione energetica). Peraltro, benefici non trascurabili si avrebbero anche in ambito agro-ecosistemico, con la facilitazione dell’adozione di un modello a risorse energetiche distribuite che favorisce il policentrismo e lo sviluppo territoriale attraverso la creazione di comunità energetiche locali.
Di qui la dizione “GASFARM” attribuita alle aziende agro-zootecniche capaci di circolarizzare i propri processi produttivi a scopo energetico recuperando biogas ed energia da scarti che altrimenti finirebbero “linearmente” sul suolo o sui corsi d’acqua. La riduzione degli impatti che ne consegue è coerente con una visione moderna ed innovativa dell’attività agro-zootecnica.
Non ultimo, la conversione della quota di C organico in CH4 (recupero energetico) si aggancia ad altri recovery streams (nutrienti e acqua di irrigazione), configurando un approccio circolare ed olistico all’agro-economia
La digestione anaerobica su microscala è destinata a piccolo-medie aziende agricole (SMF, Small-medium farms). Le unità di produzione MAD sono inferiori agli 80 kWe spingendosi fino ad un minimo di 10-20 Kwe compatibilmente con la potenza dei cogeneratori disponibili sul mercato.
Sereco Biotest ha verificato l’efficienza di funzionamento di questa tipologia di reattore eseguendo in regime di semi-batch un test della durata di 3 mesi utilizzando come matrice in ingresso esclusivamente silomais in un prototipo ABR in scala 1:108 in volume rispetto alla versione full-scale, quest’ultima concepita in modo da essere trasportata in un container standard
Sono stati caricati per 10 giorni batch giornalieri da 1 m3 per un totale di caricamento di 31,6 Kg/SV. La produzione minima teorica di biometano da silomais (v.fig.5) è stata raggiunta dopo 21 gg dal caricamento dell’ultimo batch. Dopo 30 gg di stazionamento dei solidi biogasogeni si è raggiunta una produzione di biogas superiore del 13% rispetto a quella minima teorica desunta da varie fonti di letteratura (572 l/KgSV vs. 510 l/Kg SV ca.).
Fig. 5. Cinetica di produzione cumulata specifica di biometano da un trial in reattore pilota a scala 1:108 utilizzando silomais come substrato.
In definitiva, il reattore ABR appare una promettente opzione che può essere di grande interesse per il settore industriale del biogas perché, oltre ad essere low-cost, è efficiente, di facile installazione e funzionale ad una produzione seriale, tipicamente manifatturiera.
Reattori così piccoli possono essere facilmente consegnati direttamente dall’officina meccanica di realizzazione al sito di produzione con un trasporto stradale ordinario, evitando così le complesse e costose operazioni cantieristiche che connotano l’installazione degli impianti di DA basati sui reattori CSTR.
In tal modo, un impianto di biogas diventerebbe un vero e proprio manufatto industriale e non più un’opera di ingegneria civile come è oggi dando modo ad un numero molto elevato di aziende agricole di avere accesso diretto alle opportunità della DA (in modo customerizzato e su scala realmente aziendale) ora negate a causa dell’inadeguatezza tecnico-economica delle soluzioni proposte da un mercato sclerotizzato su tipologie eccessivamente standardizzate, poco flessibili e obsolete, poiché adatte a contesti produttivi e di incentivazione alle rinnovabili oramai desueti.
Ulteriori sperimentazioni dovranno essere effettuate per verificare in un impianto prototipale in scala industriale le rese produttive utilizzando diversi substrati organici metanigeni ed esplorando diverse condizioni operative.
Ogni cosa che puoi immaginare la Natura l’ha già creata Albert Einstein
Autori
Luca Poletti – Biologo
Roberto Poletti – Agronomo
Sereco Biotest Studi e Ricerche Ambientali, Via Balbo 7, Perugia.
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