Questo supplemento pubblicato su Advances in Nutrition ha lo scopo di valutare e riassumere le prove scientifiche riguardanti l’impatto del consumo di latticini sulla salute, sulla mortalità per tutte le cause e sulla prevenzione e il controllo di diverse malattie croniche, partendo principalmente da meta-analisi di studi osservazionali e da studi randomizzati controllati. 

Abstract

Il latte e i prodotti lattiero-caseari contengono numerosi nutrienti e contribuiscono significativamente a soddisfare i fabbisogni nutrizionali di proteine, calcio, magnesio, fosforo, potassio, zinco, selenio, vitamina A, riboflavina, vitamina B12 e acido pantotenico. In molti paesi, tuttavia, il consumo di latticini sta diminuendo e si sta allontanando dai livelli consigliati, e i potenziali benefici del latte e dei prodotti lattiero-caseari sulla salute vengono costantemente messi in discussione. Questo si verifica nonostante numerosi studi riportino l’esistenza di benefici per la salute correlati al consumo di latticini.

Il presente supplemento ha lo scopo di valutare e riassumere le prove scientifiche relative all’impatto del consumo di latte sulla salute, sulla mortalità per tutte le cause e sulla prevenzione di diverse malattie croniche, provenienti principalmente da meta-analisi di studi osservazionali e da studi randomizzati controllati (RCT).

Sembrerebbero esserci correlazioni positive tra il consumo moderato di latte da parte delle madri durante la gravidanza e il peso alla nascita, la lunghezza del neonato e il contenuto minerale osseo durante l’infanzia. Inoltre, il consumo di prodotti lattiero-caseari in soggetti anziani può ridurre il rischio di sviluppare una certa fragilità ossea e può diminuire il rischio di sarcopenia. Un maggior consumo di latticini non è stato correlato in maniera chiara con il rischio di fratture totali dovute all’osteoporosi e con il rischio di frattura dell’anca; tuttavia, è stata riscontrata una diminuzione del rischio di frattura vertebrale. Le analisi delle differenze tra un elevato e un basso consumo di latticini e quelle relative alla dose-risposta non hanno evidenziato alcuna associazione tra il consumo di latticini e il rischio di mortalità.

Il consumo di latticini interi e di quelli a basso contenuto di grassi è correlato ad una diminuzione del rischio di sviluppare la sindrome metabolica e le prove attualmente in nostro possesso sostengono che il consumo di latticini non influisca negativamente sul rischio di patologie cardiovascolari e che possa anche avere un lieve effetto protettivo. Inoltre, sono state fornite prove dell’esistenza di una correlazione inversa tra il consumo di prodotti lattiero-caseari, la cardiopatia ischemica e l’infarto miocardico. Le prove suggeriscono che il consumo di prodotti lattiero-caseari, ed in particolare di latticini e yogurt a basso contenuto di grassi, è correlato ad un minor rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Analogamente, un consumo moderato di latticini (se paragonato ad un consumo medio) viene correlato ad una diminuzione del rischio di sviluppare il cancro del colon-retto e della vescica, e non ha alcuna correlazione con il cancro alla prostata. Infine, il consumo di latte o di latticini non ha mostrato alcun effetto pro-infiammatorio in soggetti sani, in individui in sovrappeso/obesi o in individui con altre anomalie metaboliche e l’integrazione dei latticini con fitosteroli e acidi grassi ω-3 sembrerebbe essere un buon metodo utile a migliorare i biomarker del rischio cardiometabolico.

In conclusione, le review sistematiche e le meta-analisi di questo supplemento sono a favore di un appropriato consumo di latte nelle varie fasi della vita per la prevenzione e il controllo delle varie malattie croniche non trasmissibili.

 

Di seguito, la traduzione del testo integrale del supplemento.


La morte prematura causata da malattie croniche non trasmissibili (NCD) rimane una delle principali sfide della sanità pubblica del XXI secolo. Questo problema riguarda tutti i paesi allo stesso modo, compresi quelli a basso e a medio reddito, dove più del 75% dei decessi che si verificano sono a causa di NCD (1, 2).

Le malattie cardiovascolari (CVD), il diabete di tipo 2 (T2D), il cancro e le malattie respiratorie croniche sono le principali NCD e sono fortemente influenzate da fattori di rischio modificabili come il fumo, l’abuso di alcool, l’impiego di diete povere dal punto di vista nutrizionale e l’assenza di attività fisica. Diete non salutari, inattività, sedentarismo econsumo di alcol portano a sovrappeso ed obesità, a iperlipemia, ad un aumento della pressione sanguigna e, alla fine, alla comparsa di malattie e morte prematura. Tra tutte le forme esistenti di malnutrizione, le cattive abitudini alimentari e un basso consumo di alimenti sani sono due dei principali fattori di rischio di mortalità. Pertanto, il decennio che va dal 2016 al 2025 è stato proclamato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Decade of Action on Nutrition (3). Il miglioramento delle abitudini alimentari, sia a livello di popolazione che di individuo, è essenziale per seguire una dieta sana e richiede un approccio basato sulla popolazione, multisettoriale, multidisciplinare e culturalmente rilevante (4, 5). Un’alimentazione equilibrata è in grado di fornire quantità adeguate di energia e di nutrienti per garantire la salute e il benessere e ci permette di soddisfare le raccomandazioni nutrizionali, i valori di riferimento, gli obiettivi nutrizionali e i livelli di assunzione adeguati, senza superare i livelli massimi di assunzione tollerabili. Le conoscenze attuali indicano che un modello alimentare, per essere definito sano, deve essere ricco di verdura, frutta, cereali integrali, pesce, latticini magri o a basso contenuto di grassi, legumi e frutta a guscio. Un consumo moderato di alcol (tra gli adulti), di carni rosse (tal quali o lavorate), di cereali raffinati e di cibi o bevande dolcificate con zucchero, sono anch’essi aspetti di una sana alimentazione (6).

La Dietary Guidelines Advisory Committee degli Stati Uniti ha riportato che molte sostanze nutritive vengono poco consumate rispetto al fabbisogno medio stimato o agli adeguati livelli di assunzione stabiliti dall’Institute of Medicine (7). I seguenti nutrienti vengono classificati dall’USDA come carenti: vitamine A, D, E, e C, folati, calcio, magnesio, potassio e fibre. Inoltre, 3 di questi (calcio, vitamina D e potassio) vengono anche classificati tra quei nutrienti di interesse per la salute pubblica perché, secondo la letteratura scientifica (6), un loro scarso consumo viene correlato ad effetti negativi sulla salute. Se osserviamo le quantità raccomandate nei modelli alimentari promossi dall’USDA, la maggior parte delle persone consuma poco gruppi alimentari chiave come verdura, frutta, cereali integrali e latticini (che sono fonti importanti di quei nutrienti di cui siamo carenti) e supera le raccomandazioni per i consumi di sodio, grassi saturi, cereali raffinati e di zuccheri aggiunti (7). Quando prendiamo in considerazione quei nutrienti di interesse per la salute pubblica (calcio, vitamina D e potassio), sarebbe molto auspicabile il raggiungimento di un adeguato consumo di prodotti lattiero-caseari (6).

La maggior parte delle linee guida dietetiche relative al consumo di latte e latticini consigliano l’ingestione di 2-4 porzioni al giorno, a seconda dell’età e delle circostanze (6, 8, 9). Tuttavia, il consumo medio di prodotti lattiero-caseari della maggior parte dei gruppi, classificati sia per età che per sesso, è ben al di sotto delle raccomandazioni (6); in un’elevata percentuale di individui che vivono nei paesi occidentali questo basso consumo di latticini viene correlato ad un’assunzione inferiore (rispetto a quella raccomandata) di calcio e di altri nutrienti (10-12). I latticini contengono molteplici nutrienti e contribuiscono in maniera significativa a soddisfare il fabbisogno nutrizionale di proteine, calcio, magnesio, fosforo, potassio, zinco, selenio, vitamina A, riboflavina, vitamina B12 e acido pantotenico. Questo apporto di sostanze nutritive è difficile da ottenere con diete che non prevedono l’impiego di prodotti lattiero-caseari (ad esempio, le diete vegane) o che li limitano per qualsiasi motivo. Molti degli effetti benefici del latte e dei latticini sono probabilmente dovuti alle interazioni tra i vari nutrienti e non solo alla singola azione di ciascuno di essi (13, 14). Nei paesi occidentali il contributo del latte e dei latticini come fonti di calcio è particolarmente degno di nota (11, 13, 14). Per la popolazione di questi paesi, tra il 50% e il 65% dell’apporto di calcio viene fornito dai prodotti lattiero-caseari, mentre tali prodotti contribuiscono solo al 9-14% all’energia totale consumata (15). Pertanto si può dire che il latte e i latticini sono alimenti ricchi di nutrienti e ne forniscono elevate quantità (soprattutto di calcio), sebbene abbiano un contenuto calorico relativamente basso.

Nonostante l’importanza, sia dal punto di vista nutrizionale che dietetico del latte e dei latticini, in molti paesi il loro consumo sta diminuendo e si sta allontanando dai valori consigliati. Inoltre, da tempo ormai, i potenziali benefici sulla salute del latte e dei prodotti lattiero-caseari vengono messi in discussione (14, 16). Sebbene il consumo di latte sia stato collegato ad una diminuzione del rischio di osteoporosi e probabilmente del cancro del colon-retto (CRC) e del T2D, un consumo elevato è stato correlato alla comparsa di altre NCD come la CVD e il cancro alla prostata (14). Tra gli studi che mettevano in discussione i benefici sulla salute dei prodotti lattiero-caseari ricordiamo quello di Michaëlsson et al. (17), i cui risultati evidenziavano come un elevato consumo di latte fosse correlato ad un aumento della mortalità in una coorte costituita da donne e in un’altra costituita da uomini. Questo lavoro mostra anche una correlazione positiva tra il consumo di latte e l’incidenza delle fratture nelle donne. Tuttavia gli autori sottolineano che, vista la progettazione degli studi osservazionali con le loro intrinseche possibilità di confondimento residuo e di causalità inversa, è sicuramente raccomandabile una prudente interpretazione dei risultati. In un altro studio, Brouwer-Brolsma et al. (18) hanno riportato l’esistenza di correlazioni dirette tra il consumo di latticini interi e non fermentati, e il prediabete e il T2D di nuova diagnosi, riscontrando anche l’esistenza di una correlazione inversa tra il consumo di latticini magri e il prediabete.

Attualmente, tra la popolazione c’è un crescente scetticismo sugli effetti benefici dei latticini sulla salute, che si traduce in un aumento del consumo di bevande vegetali derivate da soia, riso, mandorle o avena. In linea generale possiamo dire che queste bevande vegetali hanno una bassa densità nutrizionale, contengono proteine con valore biologico relativamente inferiore, hanno un basso contenuto di micronutrienti e grandi quantità di zuccheri aggiunti (16, 19). Dal punto di vista nutrizionale, va sottolineato che le bevande vegetali e il latte vaccino sono alimenti totalmente differenti e, di conseguenza, le raccomandazioni stabilite per i latticini non possono essere applicate alle bevande vegetali (16). Vitoria (19) ha recentemente riesaminato la composizione di 164 bevande vegetali impiegate nell’alimentazione dei lattanti e dei bambini, ed ha concluso che la loro qualità nutrizionale è inferiore rispetto a quella del latte vaccino e delle formulazioni artificiali per lattanti. Pertanto, le bevande vegetali non sono un’alternativa adeguata e il loro utilizzo predominante o esclusivo può portare a gravi deficit nutrizionali durante la prima infanzia e nelle fasi di crescita successive. Infatti, Vitoria riporta almeno 30 casi pubblicati di bambini con patologie nutrizionali associate al consumo quasi esclusivo di bevande a base vegetale (19).

Sebbene, come già menzionato in precedenza, esistano studi che mettono in discussione i benefici sulla salute dei prodotti lattiero-caseari, numerosi altri studi riportano invece i benefici associati al loro consumo. Recentemente, in un ampio studio di coorte condotto in 21 paesi dei 5 continenti, Dehghan et al. (20) hanno evidenziato come il consumo di latticini fosse associato ad una diminuzione del rischio di mortalità e di gravi casi di CVD. Inoltre, una meta-analisi condotta da Gijsbers et al. (21) ha evidenziato come l’assunzione di latticini interi (specialmente di yogurt) fosse inversamente correlata al rischio di T2D. La maggior parte delle meta-analisi non riporta alcuna correlazione inversa, neanche debole, tra il consumo di latticini, le CVD e i relativi esiti intermedi. Secondo alcune ipotesi il consumo di latticini sarebbe inversamente correlato all’incidenza di ictus, e il consumo di yogurt sarebbe correlato ad un minor rischio di T2D. Gli acidi grassi a catena dispari presenti principalmente nei latticini (15:0 e 17:0) sembrerebbero essere inversamente correlati al rischio cardiometabolico, sebbene il rapporto di causalità  sia incerto (15). Esistono prove affidabili a sostegno dell’esistenza di una correlazione inversa tra il consumo di latticini interi e il rischio di ipertensione e tra il consumo di latticini magri, di yogurt e il rischio di T2D. Vi sono anche prove di qualità discreta che suggeriscono l’esistenza di una correlazione inversa tra: il consumo di latticini interi, di latticini magri, di formaggi e di latticini fermentati e il rischio di ictus; l’assunzione di latticini e di latte magro e il rischio di ipertensione; il consumo di latticini interi e di latte e il rischio di sindrome metabolica (MetS); e tra il consumo di latticini interi e di formaggio e il rischio di T2D. Inoltre, dati provenienti da questo studio mostrano come il consumo di tipologie differenti di latticini venga correlato, sia positivamente che in maniera neutrale, con gli aspetti clinici legati alla salute cardiovascolare (22).

I prodotti lattiero-caseari sono un’importante fonte di molti nutrienti, ma possono essere ricchi di grassi saturi (23). Infatti, la maggior parte delle linee guida dietetiche raccomandano il consumo di latticini a basso contenuto di grassi (6). Tuttavia, la logica scientifica che si ritrova alla base di questa raccomandazione è ancora oggetto di discussione (14, 15, 24), questione che viene affrontata anche in questo supplemento. Per diminuire l’incidenza delle malattie coronariche (CAD), le linee guida dietetiche generalmente raccomandano di ridurre l’assunzione di acidi grassi saturi (21). Tuttavia, studi recenti hanno messo in discussione il ruolo dei SFA nei confronti delle CVD. È stato visto che la sostituzione dei SFA presenti nella dieta con acidi grassi polinsaturi ω-6 (n-6) (abbondanti negli oli vegetali) potrebbe portare ad un aumento del rischio di morte per CVD e CAD, a meno che questi non vengano bilanciati con grassi polinsaturi ω-3 (13). Analogamente, si è visto che la sostituzione dei SFA con carboidrati ad alto indice glicemico sarebbe maggiormente correlata ad un aumento del rischio di CAD (13, 25).

In studi osservazionali, il consumo di latte o di prodotti lattiero-caseari è stato inversamente correlato all’incidenza delle CVD (15, 22). Inoltre, è stato ipotizzato che il consumo di prodotti lattiero-caseari sia in grado di migliorare alcuni aspetti della MetS, compresi alcuni fattori di rischio come l’insulino-resistenza, l’aumento della pressione sanguigna, la dislipidemia e l’obesità addominale, che insieme incrementano notevolmente il rischio di sviluppare diabete e CVD (13). Alcuni studi hanno riportato risultati simili per quanto riguarda il consumo di latticini come fattori di protezione contro alcune patologie come il T2D e la CVD (15), indipendentemente dal fatto che si tratti di latticini a basso o ad elevato contenuto di grassi (22). Un beneficio associato al consumo di latticini a basso contenuto di grassi per quanto riguarda il T2D e il rischio di ictus, è stato dimostrato anche da altri autori (20, 22). Inoltre, quando i SFA vengono consumati come parte di matrici alimentari complesse, come il latte, il formaggio, lo yogurt e gli altri prodotti lattiero-caseari, i potenziali effetti dannosi potrebbero essere contrastati (21). Considerando i suddetti studi così come le attuali raccomandazioni che sponsorizzano il consumo di latticini a basso contenuto di grassi, sono comunque necessarie ulteriori ricerche per confrontare l’effetto che potrebbero avere i latticini magri (rispetto a quelli con contenuto di grassi normale e a quelli con elevato contenuto di grassi) sui risultati clinici relativi al sistema cardiovascolare (22). È prudente ricordare come il gruppo latticini sia costituito da prodotti differenti, quindi anche i risultati dovrebbero essere considerati nel contesto di questa eterogeneità (18, 20, 22). Infine, va considerato che l’effetto osservato derivante dal consumo di latticini potrebbe essere diverso tra individui con caratteristiche e condizioni metaboliche differenti (in sovrappeso/obese, con ipercolesterolemia, ipertensione, T2D, etc.) (15); va anche tenuto in considerazione il consumo di latticini nell’ambito di una dieta nel complesso sana (2, 6, 8). Tuttavia, sia la popolazione generale che alcuni professionisti della salute, continuano a manifestare alcuni dubbi sugli effetti dei latticini sulla salute. Alcuni di questi dubbi si basano su convinzioni non scientificamente provate ma, in altri casi, le attuali conoscenze sui meccanismi di tali effetti giustificherebbero le perplessità sollevate da persone con un certo livello di conoscenze scientifiche. Per questo è necessario analizzare le informazioni scientifiche finora pubblicate sull’esistenza di una correlazione tra il consumo di latte e latticini e alcuni aspetti della salute, come la crescita e lo sviluppo, il miglioramento della salute e la prevenzione e il controllo di diverse NCD.

Il 28 febbraio 2018 si è tenuta a Madrid una conferenza sul “Ruolo del latte e dei prodotti lattiero-caseari sulla salute e nella prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili”, coordinata dal Prof. Angel Gil, dell’Università di Granada e dalla Prof. Rosa M Ortega, dell’Università Complutense di Madrid, in Spagna, sostenuta dal progetto finanziato dall’UE H202020 n. 734451 e intitolato “Program for the promotion of milk and dairy products within the framework of good dietary practices” [“Programa de promoción de la leche y los productos lácteos en el marco de unas prácticas dietéticas adecuadas”] e grazie all’aiuto di una sovvenzione da parte della Interprofessional Dairy Organization (INLAC), Spagna.

Il presente supplemento, basato su tale conferenza, ha lo scopo di valutare e riassumere le prove scientifiche riguardanti l’impatto del consumo di latticini sulla salute, sulla mortalità per tutte le cause e sulla prevenzione e il controllo di diverse malattie croniche, partendo principalmente da meta-analisi di studi osservazionali e da studi randomizzati controllati (RCT).

Ponendo l’attenzione sull’importanza per la salute di un adeguato consumo da parte della popolazione di prodotti lattiero-caseari, Achón et al. (26) hanno valutato l’influenza del consumo di latte e di latticini (assunti dalle madri) sulla gravidanza e sugli esiti dell’allattamento in donne sane. Vista l’elevata densità di sostanze nutritive contenute nel latte e nei prodotti lattiero-caseari, questi alimenti sarebbero potenzialmente fondamentali per soddisfare l’elevato fabbisogno nutrizionale richiesto durante la gravidanza e l’allattamento. In questo senso, la maggior parte degli studi valutava l’impatto del consumo di piccole quantità di prodotti lattiero-caseari, prestando attenzione alle diverse fasi della gravidanza/allattamento. Gli autori hanno concluso che, sebbene il numero e le tipologie degli studi non fornissero prove sufficienti per formulare conclusioni definitive, sembrerebbero esserci correlazioni positive tra un consumo moderato da parte delle madri di latte in gravidanza e il peso e la lunghezza alla nascita del neonato. Tuttavia, gli studi sono troppo pochi per poter trarre conclusioni su altri aspetti legati alla salute della madre e del bambino (parti prematuri, aborto spontaneo e allattamento). Il latte e i latticini sono particolarmente ricchi di alcuni nutrienti (proteine, calcio e vitamina D) fondamentali per la crescita e lo sviluppo e i tassi maggiori richiesti si riscontrano nella popolazione pediatrica.

De Lamas et al. (27) hanno analizzato le prove disponibili che mettevano in correlazione il consumo di prodotti lattiero-caseari con la crescita lineare e il contenuto minerale osseo durante l’infanzia e l’adolescenza. Gli autori hanno concluso che un’integrazione delle diete seguite abitualmente con latticini aumenterebbe significativamente il contenuto minerale osseo durante l’infanzia. C’è da dire però che i risultati riguardanti l’esistenza di una possibile correlazione tra il consumo di latticini e la crescita lineare sono inconcludenti.

Cavero-Redondo et al. (28) hanno condotto una rassegna delle review sistematiche e delle meta-analisi esistenti per esaminare la correlazione tra il consumo di latticini e il rischio di mortalità per tutte le cause. Il numero di studi inclusi in ogni meta-analisi oscillava dai 6 ai 26 studi di coorte, i quali riportavano dati ottenuti da 6 fino a 28 popolazioni, con dimensioni del campione che variano dai 24.466 partecipanti (segnalati 5092 casi di mortalità) ai 938.817 partecipanti (segnalati 126.759 casi di mortalità). Le analisi condotte sulle differenze tra un elevato e un basso consumo di latticini e quelle sulla dose-risposta non hanno evidenziato alcuna correlazione tra il consumo di latticini e il rischio di mortalità per tutte le cause.

Considerando che l’invecchiamento potenzialmente potrebbe modificare le esigenze nutrizionali, Cuesta-Triana et al. (29) hanno studiato l’efficacia del consumo di prodotti lattiero-caseari nella prevenzione della fragilità ossea, della sarcopenia e del declino cognitivo negli anziani. Essi hanno concluso che il consumo di prodotti lattiero-caseari in soggetti anziani potrebbe ridurre il rischio di fragilità, soprattutto in coloro che consumano un’elevata quantità di latte magro e di yogurt, e che la massa muscolare scheletrica potrebbe migliorare in seguito all’aggiunta di proteine del latte alla dieta abituale, diminuendo così il rischio di sarcopenia. Tuttavia, gli studi sul declino cognitivo mostrano dei risultati contraddittori. Nelle donne, un maggiore consumo di dolci a base di latte e di gelato è stato correlato ad un declino cognitivo. Tuttavia, dopo correzione per l’assunzione di grassi saturi, un elevato consumo di latte (durante la mezza età) è stato correlato negativamente ad un certo declino cognitivo, come attestato dalla memoria verbale.

I prodotti lattiero-caseari sono stati chiamati in causa nelle variazioni della densità minerale ossea (BMD) e nell’aumento del rischio di frattura associato all’invecchiamento. Matía-Martín et al. (30) hanno analizzato prove riguardanti l’influenza del consumo di latticini sul rischio di frattura osteoporotica e sull’evoluzione futura della BMD in Europei e in individui bianchi non ispanici provenienti dal Nord America. I risultati relativi al cambiamento della BMD erano eterogenei e le prove non hanno permesso ai ricercatori di affermare con certezza se il consumo di latticini influenzasse o meno la BMD. Gli studi selezionati riportavano una BMD a livello dell’anca inferiore all’1.7-3% in ragazze e in donne in post menopausa che avevano consumo poco latte durante la giovinezza, una correlazione positiva tra il consumo di latte al basale e la percentuale del cambiamento della BMD a livello trocanterico in soggetti anziani e una correlazione positiva tra il consumo di latte e le variazioni di BMD a livello del radio in donne con età > 65 anni. Gli autori hanno concluso anche che un elevato consumo di prodotti lattiero-caseari non mostrava una correlazione chiara con il rischio di fratture osteoporotiche totali e di fratture dell’anca; tuttavia, è stata riscontrata una diminuzione del rischio di fratture vertebrali.

Mena-Sánchez et al. (31) hanno analizzato le correlazioni esistenti tra il consumo di latticini (e delle loro sottocategorie) e l’incidenza della MetS. I risultati della review sistematica e delle meta-analisi di studi prospettici suggeriscono che il consumo di latticini interi e a basso contenuto di grassi, quello dello yogurt (e dei suoi diversi sottotipi) e quello di latte totale sono correlati ad una diminuzione del rischio di sviluppare la MetS. Inoltre, il consumo di latte intero non è stato correlato all’incidenza della MetS. A causa dell’allarmante aumento della sindrome metabolica, sono imperative nuove strategie alimentari utili a prevenire questa sindrome e i prodotti lattiero-caseari non dovrebbero essere esclusi.

L’obiettivo della review sistematica e delle meta-analisi di Álvarez-Bueno et al. (32) era quello di esaminare la letteratura scientifica disponibile che analizzava la correlazione tra il consumo di latticini e rischio di T2D. Le prove ci suggeriscono che il consumo di latticini, in particolare di latticini e di yogurt a basso contenuto di grassi (80-125 g/giorno), è correlato ad una diminuzione del rischio di sviluppare T2D. Ciò è importante dal punto di vista della salute pubblica, perché tali risultati potrebbero essere utili per formulare quelle raccomandazioni fornite dagli operatori del settore, dai responsabili politici e dalle associazioni scientifiche interessate. Le analisi dose-risposta hanno mostrato una diminuzione del rischio di T2D con 200-400 g/giorno di latticini interi consumati, con 200 g/giorno di latticini a basso contenuto di grassi consumati e con 80-125 g/giorno di yogurt consumato. La correlazione con il formaggio era moderata. Inoltre, le analisi dose-risposta hanno mostrato che il rischio di sviluppare il T2D diminuiva progressivamente con l’aumento delle unità consumate di prodotti lattiero-caseari interi e di prodotti lattiero-caseari a basso contenuto di grassi. Tuttavia, le prove che riguardano i latticini ad elevato contenuto di grassi sono ancora nulle o deboli e sono quindi necessarie ulteriori ricerche per differenziare il contenuto di grassi nei prodotti lattiero-caseari (elevato/basso) e il contenuto di grassi e zuccheri presenti nello yogurt; si è visto che studi in grado di adattarsi ad altre componenti degli alimenti e studi in grado di condurre analisi di sostituzione potrebbero fornire delle prove più valide, data anche la mancanza di RCT.

Fontecha et al. (33) hanno condotto una rassegna delle review sistematiche, delle meta-analisi di studi di coorte e delle meta-analisi che comprendevano RCT per analizzare le prove relative all’influenza del consumo di latticini sul rischio di aumento degli esiti correlati a patologie cardiovascolari e per valutare come i differenti dosaggi dei vari latticini (latte totale, latte, formaggio, latticini fermentati, panna e burro) influenzassero tali risposte, così come i biomarker selezionati del rischio di CVD (cioè la pressione sanguigna e i lipidi nel sangue). Lo studio ha concluso che le prove attualmente in nostro possesso supportano l’ipotesi che il consumo di latticini non influisca negativamente sul rischio di aumento degli esiti correlati a patologie cardiovascolari (CVD, malattie coronariche, arresto cardiaco e ictus), anzi tale consumo potrebbe avere anche un lieve effetto protettivo. Inoltre, sono state individuate prove dell’esistenza di una correlazione inversa tra il consumo di latticini, le cardiopatie ischemiche e l’infarto miocardico. Inoltre, le meta-analisi dei RCT hanno confermato che il consumo di latticini non ha effetti negativi sullo sviluppo di CVD, come evidenziato dagli effetti su biomarker del rischio come la pressione sanguigna (sistolica e diastolica) e i lipidi plasmatici (colesterolo totale e colesterolo LDL).

L’obiettivo della review sistematica degli studi epidemiologici condotta da Barrubés et al. (34) era quello di aggiornare e di esaminare le eventuali correlazione tra il consumo di specifiche tipologie di latticini e l’incidenza e la localizzazione del CRC. Non sono state riscontrate correlazioni significative per quanto riguarda il consumo di latticini a basso contenuto di grassi, di latte intero, di latticini fermentati e di latte fermentato. Comunque, un elevato consumo di latticini interi e di latte totale viene correlato ad una diminuzione del rischio per tutte le localizzazioni del CRC. Le prove suggeriscono che il consumo di latte magro potrebbe ridurre il rischio di cancro al colon. Inoltre, è stata individuata anche un’associazione inversa tra il consumo di formaggio e il CRC, così come per il rischio di sviluppare un cancro del colon prossimale. Non è stato osservato alcun danno dovuto al consumo di qualsiasi tipologia di latticino, compresi i latticini ad elevato contenuto di grassi. Pertanto, il consumo di latticini e in particolare di latte e formaggio a basso contenuto di grassi, potrebbe apparire appropriato quando parliamo di CRC.

Il latte e i prodotti lattiero-caseari sono stati spesso associati ad un aumento del rischio di comparsa del cancro alla prostata. Tuttavia, la letteratura riporta numerose contraddizioni. L’eventuale esistenza di una correlazione tra il consumo di latticini e il rischio di tumore della prostata è un argomento molto dibattuto. Questo è l’argomento analizzato nella review sistematica di López- Plaza et al. (35),il quale ha riscontrato che, sebbene vi siano alcuni dati che indicano come un elevato consumo di latticini possa aumentare il rischio di cancro alla prostata, le prove ad oggi generate e raccolte risultano essere ancora inconcludenti, principalmente a causa dell’eterogeneità statistica, del numero di studi inclusi in ogni analisi e del debole controllo dei fattori di confondimento presenti negli studi primari, tutte cose che generano incertezza nei risultati osservati. Pertanto, non vi sono attualmente prove sufficienti per giustificare una riduzione del consumo giornaliero di latte e di latticini. Detto ciò, l’assunzione giornaliera di tali alimenti dovrebbe seguire le raccomandazioni dietetiche promosse dalle autorità competenti di ciascun paese.

La meta-analisi di Bermejo et al. (36) riuniva i risultati di 26 studi di coorte e caso-controllo al fine di individuare la correlazione tra il latte e i latticini e il cancro alla vescica. Nel complesso, un consumo medio (rispetto ad uno più basso) di latticini interi, di latte e di latticini fermentati, è stato correlato significativamente ad una diminuzione del rischio di comparsa del tumore della vescica. L’associazione inversa relativa al consumo di latte era più forte in Asia e per gli studi di coorte. Tuttavia un elevato consumo di latte intero, rispetto ad un consumo inferiore, era significativamente correlato ad un aumento del rischio di cancro alla vescica, sebbene l’eterogeneità statistica fosse considerevole, quindi tali risultati dovrebbero essere interpretati con cautela.

La review sistematica di Ulven et al. (37) valutava le prove scientifiche raccolte dai RCT negli ultimi 5 anni riguardanti gli effetti del latte e dei latticini sui biomarker dell’infiammazione. Gli autori hanno concluso che il consumo di latte o di latticini non mostrava alcun effetto pro-infiammatorio su soggetti sani, su individui in sovrappeso/obesi o su individui con altre anomalie metaboliche. Le prove ottenute dopo un’integrazione a lungo termine, hanno mostrato un lieve effetto antinfiammatorio sia in soggetti sani che in soggetti con anomalie dal punto di vista metabolico. Tuttavia, le prove ottenute da interventi acuti o a breve termine sono scarse e, quindi, inconcludenti.

Sarebbe interessante estendere l’indagine anche al ruolo dei latticini integrati (intesi come alimenti funzionali) nel migliorare l’alimentazione e la salute e nel prevenire i fattori di rischio associati alle NCD, in particolare le CVD. In relazione a questo argomento, Soto- Méndez et al. (38) hanno analizzato gli effetti del consumo dei latticini come alimenti funzionali sui biomarker del rischio cardiometabolico. Gli aspetti più rilevanti della ricerca sottolineavano che l’integrazione dei latticini con fitosteroli e acidi grassi ω-3 sembrava essere un buon approccio in grado di migliorare i biomarker di rischio cardiometabolico e, viste le loro caratteristiche, i prodotti lattiero-caseari sembrerebbero essere dei buoni veicoli per fornire tali composti alla popolazione generale. Tuttavia vi è la necessità di ulteriori RCT, che impieghino metodologie simili e ben progettate, un maggior numero di soggetti e che abbiano una durata più lunga per poter confermare i risultati dei potenziali effetti dei latticini come prodotti funzionali sulla salute cardiometabolica.

In sintesi, sebbene vi sia una grande eterogeneità nella progettazione degli studi, tutti concludono che il consumo di latticini non incide negativamente sulla mortalità. Nella maggior parte dei casi, per quanto riguarda le malattie non trasmissibili esaminate in questo supplemento, è stato riscontrato un beneficio in seguito al consumo di latticini, a volte evidenziato per quanto riguarda il consumo di latticini interi e a volte per una particolare tipologia di latticino. Una limitazione di alcuni di questi studi è data dalla necessità di controllare eventuali cambiamenti nel consumo di altri alimenti, che potrebbero verificarsi durante un intervento che prevede un aumento del consumo di latte o di latticini. Sebbene tutti i ricercatori sottolineino la necessità di ulteriori ricerche ed indichino la necessità di interpretare con cautela i risultati disponibili, le review sistematiche e le meta-analisi effettuate nel presente supplemento supportano il consumo adeguato di latte durante le varie fasi della vita per la prevenzione e il controllo delle varie NCD. In alcuni casi, l’effetto del consumo di latticini in una determinata condizione è apparso neutrale. Tuttavia anche in questi casi non è possibile ignorare l’importanza, dal punto di vista nutrizionale, dei prodotti lattiero-caseari nell’ambito di una dieta equilibrata.

 

 

 

Introduction and Executive Summary of the Supplement, Role of Milk and Dairy Products in Health and Prevention of Noncommunicable Chronic Diseases: A Series of Systematic Reviews

Ángel Gil1,2,3 e Rosa M Ortega4

1Department of Biochemistry and Molecular Biology II, School of Pharmacy; Universtiy of Granada; 2Institute of Nutrition and Food Technology “JoséMataix”, Biomedical Research Center, University of Granada, Granada, Spagna; 3CIBEROBN, Madrid, Spagna; e 4Department of Nutrition and Food Science, Universidad Complutense de Madrid, Madrid, Spagna

Adv Nutr 2019;10:S67–S73; doi: https://doi.org/10.1093/advances/nmz020.

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RICONOSCIMENTI

Tutti gli autori hanno letto ed approvato il manoscritto finale

Questo supplemento è stato sponsorizzato dall’Interprofessional Dairy Organization (INLAC), Spagna. Lo sponsor non ha avuto alcun ruolo nella progettazione degli studi inclusi nel supplemento; nella raccolta, nell’analisi o nell’interpretazione dei dai; nella stesura del manoscritto o nella decisione di pubblicare i risultati. Questo studio è stato in parte finanziato da University of Granada Plan Propio de Investigación 2016, Excellence actions: Unit of Excellence on Exercise and Health (UCEES), Plan Propio de Investigación 2018, Programa Contratos-Puente, the Junta de Andalucía, Consejería de Conocimiento, Investigación y Universidades, e dal European Regional Development Funds (ref. SOMM17/6107/UGR). I costi di pubblicazione per questo supplemento sono stati in parte coperti dal pagamento delle commissioni applicate. Le opinioni espresse in questa pubblicazione sono quelle degli autori e non sono attribuibili agli sponsor, alla casa editrice o all’Editorial Board di Advances in Nutrition.

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Abbreviazioni utilizzate: BMD, densità minerale ossea; CAD, arteropatia coronarica; CRC, cancro del colon-retto; CVD, patologia cardiovascolare; MetS, sindrome metabolica; NCD, malattia cronica non trasmissibile; RCT, trial randomizzati controllati; SFA, acidi grassi saturi; T2D, diabete di tipo 2.

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