Da tempo ormai, la colina è considerata un nutriente essenziale al quale sono stati attribuiti fabbisogni specifici in diverse specie, incluso l’uomo. Nonostante la maggior parte degli esseri viventi possa produrre colina a livello endogeno, spesso tale auto-produzione non è sufficiente a soddisfare i fabbisogni dell’organismo e, di conseguenza, è necessario integrarla nella dieta.
La colina è fondamentale per il normale funzionamento di tutte le cellule. Tale molecola è il precursore del neurotrasmettitore acetilcolina che controlla praticamente tutti i principali sistemi e movimenti muscolari all’interno del corpo, che vanno dalla funzione cardiaca al funzionamento del sistema nervoso centrale. La colina serve anche come fonte di gruppi metile per la sintesi di metionina, ed è importante per la metilazione del DNA. I sintomi da carenza di colina possono quindi essere svariati, da un ridotto tasso di crescita a disfuzioni renali e sviluppo della patologia fegato grasso.
In nutrizione umana, recenti studi hanno evidenziato come l’elevata assunzione di colina nel periodo pre-parto abbia determinato un miglioramento delle capacità cognitive infantili (Caudill, M.A., et al. FASEB J., 2018) e abbia ridotto la frequenza di difetti del tubo neurale (Sahw, G.M., et al. Epidemiology, 2009), evidenziando ulteriormente i benefici in utero della colina integrata nella dieta materna.
La forma più comune di colina presente nei sistemi biologici è la fostatidilcolina (PC). Un fattore di particolare importanza della PC risiede nel fatto che questa molecola entra a far parte delle proteine a bassissima densità (VLDL). Queste ultime sono sintetizzate a livello epatico e hanno il ruolo di trasportare il grasso dal fegato al tessuto muscolare, a quello adiposo, nonchè alla ghiandola mammaria. Diversi studi hanno dimostrato infatti che una carenza di PC determina una limitata sintesi di VLDL e quindi l’accumulo di lipidi epatici e l’insorgenza della patologia fegato grasso. Questo ruolo cruciale della colina nel metabolismo epatico spiega come mai, in caso di diete colina-carenti, il principale sintomo sia la steatosi epatica.
Al momento della pubblicazione dell’NRC 2001, noto modello di nutrizione ed alimentazione della bovina da latte, la colina non è stata riconosciuta quale nutriente essenziale per le vacche in lattazione o per le bovine in transizione vista la mancanza di “esaurienti prove sperimentali”. Da allora, tuttavia, è stata pubblicata una meta-analisi (Arshad et al., 2020) che ha evidenziato la presenza di 48 pubblicazioni (distribuite in più di tre decenni di studi) che hanno valutato gli effetti dell’utilizzo di colina rumino-protetta in bovine da latte in fase di transizione.
Sulla base della sempre crescente mole di dati ottenuti sia in prove scientifiche che di campo, è ormai palese come la colina risulti essere un nutriente essenziale per le bovine in transizione e per i loro vitelli.
La colina è un elemento vitale per una corretta transizione
È ormai ampiamente dimostrato in letteratura come il 50/60% delle bovine in transizione sviluppino forme da moderate a severe della patologia fegato grasso (Bobe et al., 2004). In base alle chiare evidenze che la steatosi rappresenta il principale sintomo di carenza di colina, è ragionevole chiedersi se le vacche in transizione siano carenti in questo nutriente. In coincidenza del parto iniziano dei cambiamenti nel metabolismo ormonale che scatenano un’intensa mobilizzazione di grassi dal tessuto adiposo. Questi vengono veicolati nel circolo ematico in forma di acidi grassi non esterificati (NEFA) a livelli di concentrazione superiori di 5-10 volte rispetto ai normali livelli (Grummer, 1993).
Anche se in misura inferiore, i livelli ematici di NEFA rimangono elavati nella prima fase di lattazione quando le bovine sono soggette a bilancio energetico negativo. In conseguenza della maggior concentrazione di NEFA e di un più elevato afflusso ematico a livello epatico, il quantitativo di acidi grassi assorbiti dal fegato al parto può risultare fino a 13 volte superiore (Reynolds et al., 2003). Il miglior destino dei lipidi una volta assorbiti dal fegato è la completa ossidazione, per fornire energia alle cellule epatiche, o la re-esterificazione dei NEFA a trigliceridi e la successiva esportazione di questi ultimi attraverso le VLDL. Nonostante il fegato diventi metabolicamente più “performante” in termini di potenzialità di ossidazione durante la fase di transizione, questo miglioramento non è sufficiente a gestire adeguatamente l’aumento esponenziale di grassi assorbiti dal circolo ematico. Questa situazione porta potenzialmente allo sviluppo della patologia fegato grasso e all’aumento della concentrazione di corpi chetonici nel circolo ematico (chetosi), in grado di influenzare negativamente l’ingestione di sostanza secca, aggravando ulteriormente la situazione di bilancio energetico negativo e creando quindi un circolo vizioso che porta a maggior mobilizzazione di NEFA.
È evidente come la carenza di colina sia il principale fattore limitante per la produzione di VLDL a livello epatico. È stato infatti dimostrato in molteplici specie, utilizzando svariati approcci sperimentali, che il tasso di esportazione delle VLDL dal fegato è altamente correlato all’entità di sintesi della fosfatidilcolina (Cole et al., 2012). Quindi, in caso di animali carenti in colina, essi sono maggiormente soggetti a sviluppare la patologia fegato grasso. Di fatto, durante le prime fasi di lattazione, mentre le bovine sono in fase di bilancio energetico negativo, la concentrazione di metaboliti della colina a livello ematico tocca livelli minimi (Artegoitia et al., 2014; Imhasly et al., 2015).
La degradazione ruminale attuata dai batteri nei confronti della colina è estremamente elevata, quindi il quantitativo in grado di arrivare all’intestino dell’animale risulta estremamente limitato (Atkins et al., 1988; Sharma and Erdman, 1989). Di conseguenza i ruminanti devono essere nutriti con colina rumino-protetta. Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato una riduzione dell’incidenza di fegato grasso in vacche integrate con colina rumino-protetta (Cooke et al., 2007; Zom et al., 2011 and Zenobi et al., 2018). In aggiunta, alcuni ricercatori olandesi (Goselink et al., 2012), hanno evidenziato una maggiore espressione genica per proteine coinvolte nella sintesi a livello epatico di lipoproteine in vacche in transizione alimentate con colina rumino protetta.
La colina è essenziale per migliorare la produttività e lo stato sanitario nell’allevamento bovino
L’effetto dell’integrazione della dieta di vacche da latte in transizione con colina rumino-protetta va ben oltre il solo miglioramento della salute epatica. Una rassegna di diversi studi universitari ha dimostrato un consistente miglioramento della produzione di latte. Una recente prova scientifica effettuata presso l’Università della Florida ha dimostrato gli effetti a lungo termine della colina. In tale studio, le vacche alimentate con ReaShure® durante i 42 giorni a cavallo del parto hanno raggiunto picchi di lattazione più elevati, garantendo una produzione in latte superiore di 2,10 kg per le prime 40 settimane di lattazione della prova. Questo risultato ha determinato un aumento in produzione medio pari a 640,50 Kg di latte in più sulla base di 305 giorni di lattazione.
Oltre a ciò è stato evidenziato l’effetto positivo della colina rumino-protetta sull’incidenza di patologie metaboliche quali chetosi e mastiti (Lima et al., 2011). Una recente meta-analisi di 21 studi sperimentali su vacche da latte relativi all’utilizzo di colina rumino-protetta durante la fase di transizione ha inoltre evidenziato significativi effetti positivi sull’assunzione di sostanza secca pre- e post-parto, sulla produzione di latte e di latte corretto per contenuto energetico, sulla produzione di proteina e grasso, in riferimento a gruppi di animali non integrati con colina (Arshad et al., 2020).
La colina ha effetti benefici sullo sviluppo e la salute dei vitelli
Anche se i soli benefici sulla produzione e stato sanitario delle bovine consolidano la colina quale nutriente di assoluto valore per la fase di transizione, recenti studi hanno inoltre evidenziato benefici per vitelli nati da bovine alimentate con colina rumino-protetta in transizione. Vitelli esposti a colina in utero (la colina è in grado di passare dal circolo ematico materno al feto tramite placenta) o alimentati con colostro prodotto da madri integrate con colina, sono risultati essere più sani, in grado di ingerire più sostanza secca (sia da latte che da alimento solido) e di avere dei tassi di crescita maggiori rispetto a vitelli non esposti a colina. Questi effetti benefici evidenziano il ruolo della colina come fonte di gruppi metile che giocano un ruolo fondamentale nel processo di metilazione del DNA e nella nutrigenomica durante le fasi più critiche della gestazione.
La colina è essenziale
La ricerca ha ampiamente dimostrato come la colina sia essenziale per la crescita, lo sviluppo e per un ottimale stato di salute di animali e esseri umani. La colina è un mattone biochimico e un precursore per numerosi metaboliti coinvolti nei processi vitali. Per i bovini, la colina ha una funzione importante in diversi ambiti ed esercita un ruolo essenziale sullo stato sanitario e la produttività dell’animale. Decenni di ricerca hanno inequivocabilmente dimostrato che l’utilizzo di colina rumino-protetta è in grado di aumentare le prestazioni produttive, ridurre l’incidenza di patologie metaboliche e supportare sviluppo e tassi di sopravvivenza dei vitelli nati da vacche integrate con colina. Ognuno di questi miglioramenti è fondamentale dal punto di vista economico per gli allevatori di bovine da latte e consolida il concetto che la colina non è un nutriente optional, bensì essenziale e necessario per le bovine da latte.
Bibliografia
- Arshad, U., M. G. Zenobi, C. R. Staples, and J. E. P. Santos. 2020. Meta-analysis of the effects of supplemental rumen-protected choline during the transition period on performance and health of parous dairy cows. J. Dairy Sci. 103:282–300.
- Artegoitia, V. M., J. L. Middleton, F. M. Harte, S. R. Campagna, and M. J. De Veth. 2014. Choline and choline metabolite patterns and associations in blood and milk during lactation in dairy cows. PLoS One 9:e103412.
- Atkins, K. B., R. A. Erdman, and J. H. Vandersall. 1988. Dietary choline effects on milk and duodenal choline flow in dairy cattle. J. Dairy Sci. 71:109-116.
- Blusztajn, J. K. 1998. Choline, a vital amine. Science 281:794-795.
- Bobe, G., J. W. Young, and D. C. Beitz. 2004. Invited review: Pathology, etiology, prevention, and treatment of fatty liver in dairy cows. J. Dairy Sci. 87:3105–3124.
- Caudill, M.A. et al. 2018. FASEB J. 32, 2172-2180
- Cole, L. K., J. E. Vance, and D. E. Vance. 2012. Phosphatidylcholine biosynthesis and lipoprotein metabolism. Biochim. Biophys. Acta. 1821:754-761.
- Cooke, R. F., N. Silva Del Rio, D. Z. Caraviello, S. J. Bertics, M. H. Ramos, and R. R. Grummer. 2007. Supplemental choline for prevention and alleviation of fatty liver in dairy cattle. J. Dairy Sci. 90: 2413-2418.
- Goselink, R., J. van Baal., A. Widaja, R. Dekker, R. Zom., M. J. de Veth, and A. van Vuuren. 2012. Regulation of hepatic triacylglycerol level in dairy cattle by rumen-protected choline supplementationduring the transition period. J. Dairy Sci. 96:1102-1116.
- Grummer, R. R. 1993. Etiology of lipid related metabolic disorders in periparturient dairy cattle. J. Dairy Sci. 76:3882-3896.
- Imhasly, S., C. Bieli, H. Naegeli, L. Nyström, M. Ruetten, and C. Ger-spach. 2015. Blood plasma lipidome profile of dairy cows during the transition period. BMC Vet. Res. 11:252.
- Lima, F.S., M.F. Sa Filho, L. F. Creco, and J. E. P. Santos. 2011. Effects of feeding rumen-protectedcholine on incidence of diseases and reproduction in dairy cows. Vet. J. 193:140-145.
- Reynolds, C. K., P. C. Aikman, B. Lupoli, D. J. Humphries, and D. E. Beaver. 2003. Splanchnic metabolism of dairy cows during the transition from late gestation through early lactation. J. Dairy Sci. 86:1201-1217.
- Sahw, G.M., et al. 2009. Epidemiology. 714-719.
- Sharma, B. K. and R. A. Erdman. 1989. In vitro degradation of choline from selected feedstuffs and choline supplements. J. Dairy Sci. 72:2772–2776.
- Zenobi, M. G., T. L. Scheffler, J. E. Zuniga, M. B. Poindexter, S. R. Campagna, H. F. Castro Gonzalez, A. T. Farmer, B. A. Barton, J. E. P. Santos, and C. R. Staples. 2018. Feeding increasing amounts of ruminally protected choline decreased fatty liver in nonlactating, pregnant Holstein cows in negative energy status. J. Dairy Sci. 101:5902–5923.
- Zom, R. L. G, J. van Baal, R. M. A. Goselink, J. A. Bakker, M. J. de Veth, and A. M. van Vuuren. 2011. Effect of rumen-protected choline on performance, blood metabolites, and hepatic triacylglycerols of periparturient dairy cattle. J. Dairy Sci. 94:4016-4027.
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.