Rapporto n.011 del “MATERIE PRIME CEREALI E DINTORNI ECONOMICI” anno 10°

Le chiusure di venerdì 11 febbraio 2022:

tra parentesi le variazioni sulla seduta precedente in centesimi di dollaro per Bushel per semi, corn e grano, in dollari per tonnellata corta per la farina.

L’indice dei noli B.D.Y è salito a 1.977 punti, il petrolio wti è salito a circa 93 $ al barile, e il cambio gira a 1,13483 ore 8,30.

I venti di guerra spingono il mercato al rialzo senza se e senza ma.

Il mercato è nervoso! E vi bastino questi due semplici dati, ripresi da Pellati Informa:
Nel mondo del commercio di cereali, vale la pena ricordare che su 207 milioni di Milioni di Tonnellate di grano esportati nel Mondo, la quota rappresentata da Russia e Ucraina insieme è del 28,5% pari a 59 MT; su 204 milioni di MT di corn-mais esportate nel Mondo, la quota rappresentata da Russia e Ucraina insieme è del 18,5% pari a 38 MMT.”

Inoltre, dal Sud America le notizie non sono buone, né per la soia né per eventuali seconde semine e raccolto di mais. Poi con il petrolio che potrebbe raggiungere i 100$ al barile ed anche superarli, con i noli riprendono a rincarare… E qui la situazione nonostante i bassi volumi di scambio tende a peggiorare. Non passa giorno che non si registrino inadempienze contrattuali inerenti farina di soia, mais, proteici vari. Da tali inadempienze scaturiscono liti e arbitrati.

La situazione è molto molto tesa, quello che stupisce è il Silenzio delle Istituzioni sulla crisi del settore zootecnico ed agroalimentare; nel primo stiamo andando verso una contrazione consistente del patrimonio zootecnico, nel secondo verso lo stallo e la rottura di alcune filiere produttive. Eppure, la politica tace come se i comparti non esistessero, le Organizzanioni Sindacali balbettano e i comparti chiudono o si ridimensionano.

L’attacco al “made in Italy” è in atto. Mentre in altri paesi europei sono già intervenuti sui prezzi al consumo e sui prezzi all’origine delle produzioni agricole e zootecniche, noi invece siamo alla mercé di tutti, chiunque ricco di capitali voglia acquistare linee o segmenti produttivi in Italia è libero di farlo… cinesi in primis!

Fonte: Officina Commerciale Commodities Srl