L’impiego di fonti lipidiche per il miglioramento del profilo acidico dei prodotti di origine animale è una strategia ormai piuttosto diffusa. In particolare, nei ruminanti, il principale obiettivo di tale pratica è l’incremento della percentuale di acidi grassi considerati benefici per la salute umana, principalmente acidi grassi polinsaturi (PUFA), acido vaccenico e acido rumenico, e la riduzione della concentrazione degli acidi grassi saturi (SFA). Data l’elevato contenuto in acido alfa-linolenico (omega-3), circa il 55% sul totale degli acidi grassi (Petit, 2010; Kouba and Mourot 2011), i semi di lino sono tra le fonti lipidiche più impiegate.

Nonostante diverse ricerche abbiano evidenziato un importante background genetico del profilo acidico di latte e carne negli ovini, e un suo possibile miglioramento attraverso tecniche di selezione genetica e genomica, (Rovadoscki et al. 2018; Cesarani et al. 2019), la manipolazione della dieta durante la gravidanza e la lattazione sembra essere una via molto interessante attraverso la quale programmare le performance produttive dei nuovi nati negli allevamenti, in particolare attraverso la programmazione fetale. Infatti, non ci sono dubbi sul fatto che l’ambiente fetale giochi un ruolo fondamentale nell’adattamento e condizionamento della vita adulta (Barker, 1999; Tarry-Adkins and Ozanne 2011). Particolare attenzione viene riposta sul ruolo che alcuni componenti della dieta materna possono avere sullo sviluppo della prole. Tra questi, i PUFA omega-6 e omega-3 e i PUFA a lunga catena giocano un ruolo fondamentale in diversi pathways metabolici. Sono, infatti, importanti componenti dei fosfolipidi di membrana e dei trigliceridi di riserva, e sono coinvolti nello sviluppo del sistema nervoso centrale (Bazinet and Layé 2014; Madore et al. 2014), delle funzionalità epatiche, fondamentale tra l’altro per metabolizzare gli eccessi lipidici quando esposti a diete ricche di grassi (Hyatt et al. 2011), e non per ultimo, nella definizione del profilo acidico del grasso del muscolo degli agnelli (Coleman et al. 2018; Shao et al. 2020).

Un team di ricercatori della sezione di Scienze Zootecniche del Dipartimento di Agraria di Sassari, in collaborazione con l’istituto Agroscope in Svizzera, ha studiato l’effetto dell’inclusione di semi di lino (quale fonte di omega-3) nella dieta di ovini durante l’ultima fase di gestazione e in lattazione, sul profilo acidico di cervello, fegato e muscoli negli agnelli, alimentati esclusivamente con il latte delle madri.

L’esperimento, condotto in Sardegna in un allevamento privato, ha coinvolto 36 pecore di razza Sarda a 2 mesi dal parto e fino al primo mese dopo il parto. Le pecore sono state sottoposte ad un trattamento alimentare secondo uno schema fattoriale 2×2 (Figura 1). In particolare, durante le ultime 8 settimane di gravidanza, 18 pecore sono state alimentate con una dieta di controllo (CON) e le altre 18 con una dieta contenete 150g/d per capo di semi di lino estruso (LIN). Subito dopo il parto, 9 pecore per ciascun gruppo hanno continuato a ricevere la stessa dieta della gravidanza, mentre altre 9 hanno ricevuto l’altra dieta. Le determinazioni analitiche hanno riguardato lo studio della composizione chimica e in particolare del profilo acidico dei tessuti (cervello, fegato e muscolo) degli agnelli, prelevati al momento della macellazione.

Figura 1. Rappresentazione grafica del disegno sperimentale fattoriale 2×2. Durante gli ultimi due mesi di gravidanza 36 pecore di razza Sarda alimentate con una dieta di controllo (CON, n = 18), o con una dieta contenente 150 g/d di semi di lino (LIN, n = 18). Durante il primo mese di lattazione 9 pecore per gruppo hanno cambiato dieta da CON a LIN e viceversa.

In termini di composizione chimica, il lino in gestazione non ha determinato differenze significative sui tre tessuti analizzati, mentre quando somministrato durante la lattazione ha ridotto l’umidità e aumentato la concentrazione in proteine del muscolo.

Risultati più interessanti sono emersi dall’analisi del profilo acidico dei diversi tessuti. In particolare, sul muscolo è stato evidente il maggior effetto della dieta offerta in lattazione. Il profilo acidico del muscolo degli agnelli, infatti, era molto simile a quello del latte delle madri, a conferma di quanto già evidenziato da precedenti lavori (Valvo et al. 2005; Nudda et al. 2015; Fusaro et al. 2020). In particolare, la concentrazione del C16:0 (acido palmitico) è stata ridotta nel muscolo degli agnelli le cui madri erano alimentate con la dieta LIN durante la lattazione; come atteso, contemporaneamente, si ha avuto un incremento della concentrazione di C18:3n3 (acido alfa-linolenico, ALA), e di conseguenza anche di C18:1trans11 (acido vaccenico, VA) e CLA cis-9,trans-11 (acido rumenico, RA).

Questi due acidi grassi sono, infatti, i maggiori metaboliti derivanti dalla bioidrogenazione ruminale del C18:3n3 (Chilliard et al. 2007). Alte concentrazioni di ALA nella dieta portano ad un maggior accumulo ruminale dei due metaboliti (Correddu et al. 2015), che in parte vengono trasferiti nel latte (Correddu et al. 2016) e di conseguenza nel muscolo degli agnelli alimentati con il latte materno (Bessa et al. 2007). In particolare, l’acido rumenico, è aumentato negli agnelli le cui madri erano alimentate con la dieta LIN durante la lattazione in parte per il diretto trasferimento dell’acido grasso dal latte al muscolo, e in parte per effetto della sintesi endogena operata a livello del grasso intramuscolare che prevede la desaturazione dell’acido vaccenico ad acido rumenico. Anche se i semi di lino somministrati in gravidanza hanno avuto un minore impatto sul profilo acidico del muscolo degli agnelli, nello studio sono emerse alcune considerazioni interessanti. Tra queste, i ricercatori hanno notato come le concentrazioni di alcuni PUFA n-6 a lunga catena (C22:2n6; C22:4n6) fossero inferiori nel muscolo degli agnelli le cui madri erano alimentate con la dieta LIN in gestazione. Ciò indicherebbe una relazione inversa tra C18:3n3 and PUFAn6 a lunga catena, che potrebbe essere parzialmente spiegata con una competizione tra C18:2n6 e C18:3n3 quali substrati per l’enzima Δ6-desaturasi nella conversione a PUFA a lunga catena. Tale relazione è stata peraltro già osservata nei bovini, anche se in termini opposti, ossia elevati livelli di C18:2n6 nella dieta di gestazione hanno comportato ridotte concentrazioni di PUFA n3 a lunga catena (Garcia et al. 2014).

Per quanto concerne il tessuto cerebrale, i risultati più interessanti sono legati all’incremento di acidi grassi PUFA n3 a lunga catena (DPA e DHA) per effetto del lino somministrato in gestazione. Questo risultato è molto importante da un punto di vista nutrizionale in quanto, evidenzia e conferma l’importanza di un adeguato apporto di acidi grassi essenziali (ALA e PUFA n3 a lunga catena) in gestazione sia negli animali che nell’uomo (Allen et al. 2001; Niculescu et al. 2011). Infatti, l’accumulo di questi acidi grassi negli ultimi tre mesi di gestazione è fondamentale per supportare la rapida crescita e sviluppo del tessuto cerebrale nei bambini (Gibson et al. 2011; Harris and Baack 2015). Negli agnelli in particolare, la concentrazione di PUFA a lunga catena nel cervello sembrerebbe essere legato non tanto al loro livello nella dieta delle madri, quanto piuttosto al livello dei loro precursori C18:2n6 e C18:3n3 (Rajion et al. 1985), sottoposti a intensa attività di elongasi e desaturasi nei tessuti placentali o fetali (Shand and Noble 1979, 1981). Ciò è confermato anche dal fatto che i livelli di C18:3n3 sono praticamente identici tra i tessuti degli agnelli appartenenti ai diversi trattamenti alimentari.

Non è invece emerso alcun effetto significativo della dieta somministrata durante l’ultima fase della gestazione sul profilo acidico del tessuto epatico. Al contrario, la dieta somministrata alle madri durante la lattazione ha determinato profonde variazioni nel profilo acidico del fegato degli agnelli. Le più importanti sono ascrivibili alla capacità della dieta LIN di aumentare la concentrazione dell’acido vaccenico, di tutti gli isomeri CLA, compreso l’acido rumenico e dell’acido alfa-linolenico. A proposito di quest’ultimo acido grasso, si è notato come la sua concentrazione sia piuttosto bassa (in media inferiore all’1% sul totale degli acidi grassi) rispetto invece a quella dei PUFA n3 a lunga catena (in media circa il 3%), in accordo con un precedente lavoro sulla specie bovina (da Costa et al. 2014); ciò sembrerebbe essere legato alle elevate intense attività di desaturazione ed elongazione che avvengono nel fegato, importanti appunto per la sintesi endogena di acidi grassi essenziali.

In conclusione, i risultati del lavoro confermano l’importanza della dieta materna sul profilo acidico dei tessuti degli agnelli e, in particolare, l’importante effetto della somministrazione dei semi di lino durante la lattazione, nel migliorare il profilo acidico della carne degli agnelli. La somministrazione dei semi di lino durante l’ultima fase di gestazione si è dimostrata efficace nell’aumentare i livelli di acidi grassi essenziali, PUFA omega 3 a lunga catena, nel tessuto cerebrale negli agnelli. In generale, indipendentemente dal tessuto considerato, gli agnelli nati ed allattati da madri alimentate con semi lino estruso sia in gestazione che in lattazione hanno mostrato un profilo acidico migliore.

La presente nota è una sintesi del seguente articolo scientifico pubblicato dall’Italian Journal of Animal Science, dove è riportata tutta la letteratura citata: Nudda, A., Bee, G., Correddu, F., Lunesu, M.F., Cesarani, A., Rassu, S.P.G., Pulina, G. and Battacone, G., 2022. Linseed supplementation during uterine and early post-natal life markedly affects fatty acid profiles of brain, liver and muscle of lambs. Italian Journal of Animal Science, 21(1), pp.361-377. 

Autori

Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Antonio Gallo, Antonio Natalello, Sara Pegolo, Manuel Scerra.