La siccità che sta colpendo ormai da molti mesi buona parte dell’Italia sta mettendo in grave stato d’accusa chi poteva intervenire e non l’ha fatto, ma sta anche nel contempo dando la giusta visibilità a chi invece si è strutturalmente organizzato.
Nei tavoli pubblici e privati finalmente si è compresa l’importanza di avere stabilità per tutto l’anno, anche durante i picchi di fabbisogno, di acqua potabile e acqua per gli usi agricoli e industriali. Le strade maestre sono sicuramente la lotta agli sprechi, l’adozione di sistemi di accumulo, la dissalazione dell’acqua di mare, una migliore gestione dei suoli e la valorizzazione dell’acqua di depurazione proveniente dalle città.
Nel cercare di dare a voi lettori di Ruminantia le giuste informazioni per trovare le migliori soluzioni per gestire le nostre culture irrigue, abbiamo ritenuto interessante raccontarvi l’esperienza virtuosa di Milano nella gestione dei suoi depuratori e delle acque reflue. Per farlo abbiamo intervistato l’Ing. Andrea Aliscioni, Direttore della Divisione Servizio Idrico della società pubblica MM S.p.A. (COO Milan Water Service), ossia la persona responsabile del sistema idrico milanese. Aliscioni quindi si occupa degli acquedotti, dei depuratori e delle acque reflue di questi impianti. I due grandi depuratori milanesi sono quello di Milano Nosedo e quello di Milano San Rocco.
Questi due impianti, che sono stati terminati nel 2004, raccolgono e processano la totalità delle acque fognarie prodotte dalla città di Milano, per un equivalente di circa 2 milioni di abitanti, utilizzando tecnologie di trattamento molto avanzate. Gli impianti di Nosedo e San Rocco sono ubicati per ragioni tecniche (gravità) nella parte sud della città, e trattano ogni anno 220 milioni di metri cubi di acque fognarie che vengono quasi interamente restituite per usi agricoli. Il decreto 185/2003 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio impone rigide regole sulla qualità microbiologica e chimica delle acque reflue, che saranno rese ancora più stringenti dalle nuove disposizione europee. Ad oggi, ad esempio, viene tenuta sotto controllo la carica batterica utilizzando l’acido peracetico e l’irraggiamento, rispettivamente a Nosedo e a San Rocco.
Esiste ovviamente una differenza nella portata d’acqua reflua dei due depuratori milanesi in base ai giorni e alle stagioni, ma mediamente è stata quantificata in 10 m3/al secondo, e mette a disposizione acqua utilizzabile per l’irrigazione su una superficie agricola circa 110 km2.
Abbiamo poi approfittato della grande esperienza, competenza e disponibilità dell’Ing. Andrea Aliscioni per chiedergli la sua opinione sulla possibilità di creare nelle città delle reti idriche specializzate per l’acqua potabile e quella non potabile, ma di questo parleremo in altra occasione.
Vogliamo chiudere questa “istruttiva” intervista segnalando un’altra iniziativa di rilievo: il MAF-Museo dell’Acqua Franca, ubicato nell’area del depuratore di Nosedo e gestito dall’associazione e movimento d’opinione “Arte da Mangiare, Mangiare Arte”, che ha lo scopo di attrarre cittadini milanesi, e non solo, in modo che questi possano entrare in confidenza con la depurazione milanese attraverso l’arte.
Questa esperienza virtuosa della città di Milano è un esempio pratico e concreto sia di economia circolare che di gestione razionale delle risorse idriche. Un esempio sicuramente da seguire e da imitare su tutto il nostro territorio nazionale.
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