Ogni anno nel periodo estivo ci troviamo di fronte al problema principale nell’allevamento della bovina da latte: lo stress da caldo, con il conseguente aumento delle cellule somatiche.

Le temperature elevate sono un fattore di stress per gli animali in allevamento, i quali non riescono più a controllare la propria temperatura corporea. Ciò ha come conseguenze negative per la loro salute, come un calo immunitario e della crescita. Nel settore zootecnico altamente specializzato della bovina da latte, le temperature elevate dei mesi estivi, oltre a compromettere la salute degli animali, incidono sulle loro performance con cali produttivi rilevanti sia quantitativi che qualitativi.

I bovini sono animali omeotermi, cioè in grado di mantenere costante la propria temperatura corporea; la bovina da latte ha bisogno di mantenere la temperatura tra i 38,6 °C e i 39,3 °C. Esiste un intervallo di temperature ambientali detto “zona di comfort termico” nel quale l’animale è in condizioni di benessere e capace di mantenere la propria temperatura corporea senza dover variare il metabolismo, l’attività muscolare e il livello produttivo.

La zona di comfort termico è delimitata dalla:

  • temperatura critica inferiore, al di sotto del quale l’animale è costretto ad aumentare la produzione di calore e ridurre le perdite;
  • temperatura critica superiore, oltre la quale esso deve cercare di disperdere il calore in eccesso attraverso la riduzione dell’ingestione e dell’attività motoria.

Le bovine da latte possono adattarsi a condizioni climatiche diverse, ma le migliori performance produttive quanti/qualitative si hanno appunto nella zona di comfort termico, che corrisponde all’intervallo di temperature in cui è minima la produzione di calore endogeno ed è massima la quota di energia destinata alla produzione del latte.

Nel pratico, la zona di comfort termico della bovina da latte è compresa tra il limite inferiore di -5 °C ed il limite superiore di 25 °C. Tali valori possono variare in relazione allo stato fisiologico (lattazione o asciutta) e alle diverse fasi della lattazione. Ad esempio, per animali in lattazione viene indicato come limite inferiore -14 °C e come limite superiore 20 °C. (Fonte Mipaaf)

Quindi, come si può capire se le proprie bovine da latte sono al di fuori della zona di comfort, e quindi in condizioni di stress? Sicuramente si può trovare una risposta partendo con una valutazione con il metodo THI. Qui sotto la tabella riassuntiva per il calcolo della temperatura e umidità.

Fonte: Robert J. Collier., 2012, Quantifying heat stress and its impact on metabolism and performance, 23° Annual Meeting, Florida Ruminant Nutrition Symposium, Gainesville, Florida. Secondo questo grafico, una temperatura esterna di 32°C può comportare un rischio minimo di stress, con umidità relativa fino al 35%, ma è una situazione di emergenza se l’umidità sale al 75%.

La prolungata esposizione alle condizioni ambientali che superano i limiti critici, il calore prodotto o assorbito è maggiore di quello dissipato: l’animale va in ipertermia. Questo compromette le capacità di termoregolazione propria dell’organismo, causando stress, disturbi metabolici o perfino la morte dell’animale.

Come si difendono le bovine da latte

L’organismo si difende dal caldo attraverso tre meccanismi: sudorazione, vasodilatazione e respirazione. La sudorazione sottrae calore all’interno del corpo e lo porta sulla superficie cutanea, dove l’evaporazione, un processo molto endotermico, elimina il calore dal corpo, raffreddandolo. La vasodilatazione consente un maggior flusso di sangue nelle zone periferiche, facilitando la perdita di calore e dunque il raffreddamento del corpo. Infine, l’aumento nella frequenza degli atti respiratori in presenza di elevate temperature permette di raffreddare il cavo orale e disperdere l’eccesso di calore.

Lo stress da caldo genera una risposta adattativa che è più o meno efficace a seconda dell’intensità e delle condizioni di stress. In generale, si può affermare che l’esposizione alle elevate temperature per periodi prolungati provoca un peggioramento dello stato fisiologico dell’animale.

Gli effetti negativi dello stress da caldo

Possiamo suddividere gli effetti negativi da stress da caldo nella bovina da latte in tre categorie:

SANITARI

– Immunodepressione – Aumentata suscettibilità nei confronti di patologie quali: laminiti, mastiti, metriti, prolasso utero – Disfunzioni metaboliche: acidosi, dislocazione dell’abomaso – Morte dell’animale in situazione di stress da caldo elevato e prolungato.

PRODUTTIVI

– Calo della quantità di latte prodotto – Peggioramento della qualità del latte (calo di grasso, proteine e aumento delle cellule somatiche) e conseguentemente della resa casearia.

RIPRODUTTIVI

– Aumento calori silenti – Diminuzione tasso di concepimento.

La gestione dell’ambiente

Altro aspetto da non sottovalutare è la gestione dell’ambiente. L’ambiente che circonda gli animali influenza in modo importante il loro comportamento, la loro esposizione ad agenti patogeni, il loro benessere e le loro produzioni. Per ambiente si intende l’insieme delle condizioni fisiche (temperatura, umidità, ventilazione) che influenzano lo sviluppo dei microrganismi presenti in stalla. Questa deve avere una gestione molto accurata.

La stabulazione deve essere asciutta e igienizzata, prima di tutto per ridurre i rischi di contaminazione della mammella e in seconda battuta evitare la proliferazione di mosche, che nel periodo estivo possono provocare le cosiddette “mastiti estive”, che si sviluppano negli animali non in lattazione: sono di tipo clinico, vedono coinvolti gli insetti come vettori di malattia e sono di origine ambientale.

Le dinamiche delle mastiti da stress da caldo sono molto diverse da quelle delle mastiti “estive”, tuttavia possono intrecciarsi e determinare una patologia multifattoriale che richiede interventi radicali sull’igiene ambientale, la stabulazione, l’alimentazione e il benessere in generale.

Da sottolineare tre elementi fondamentali per affrontare l’estate: pulizia, monitoraggio sanitario e lotta al caldo. Mettendo in atto programmi mirati in queste tre aree, è possibile ridurre l’aumento delle mastiti o individuare in tempo i soggetti a rischio o con forme subcliniche: la parola chiave resta “prevenzione”.

Le cellule somatiche

L’aumento delle cellule somatiche è forse il sintomo più evidente che qualcosa nella mandria non stia funzionando. Infatti, il contenuto in cellule somatiche o leucocitario è la risposta immunitaria della vacca a un processo infiammatorio causato dalla penetrazione di batteri in mammella. La mastite è la patologia che, a livello mondiale, causa le maggiori perdite economiche in allevamento.

Anche in questo grafico, da Maggio ad Agosto, si denota, ogni anno 2020 – 2021, un’impennata importante delle Cellule Somatiche. Le informazioni si riferiscono ad aziende della regione Lombardia.

Come si può notare nel grafico, da Maggio ad Agosto, si denota, ogni anno 2017 – 2018 – 2019, un’impennata importante delle Cellule Somatiche. Le informazioni si riferiscono ad aziende della regione Lombardia.

Come si può notare nel grafico 1, da Maggio ad Agosto si denota, ogni anno, un’impennata importante delle Cellule Somatiche. La stessa cosa si nota nel grafico 2, che riprende i dati misurati per l’Italia.

Come può intervenire l’allevatore

Ogni allevatore deve quindi intervenire per poter contrastare un problema che si ripresenta annualmente e che puntualmente provoca delle perdite economiche.

L’allevatore deve:

  1. migliorare l’ambiente di stalla, igienizzando le cuccette e le lettiere, aumentando il raffrescamento, con ventilatori e doccette;
  2. curare la qualità della razione per evitare che ci siano cali d’ingestione da parte degli animali;
  3. rendere gli animali maggiormente pronti a contrastare lo stress, rendendoli molto più pronti al recupero dopo un problema.

Il contributo di SOP

Molti allevatori nel mondo per questi obiettivi stanno utilizzando SOP STAR COW.

Con la sua azione SOP STAR COW porta vantaggi ad animali adulti e manze:

STIMOLO A RUMINE E APPARATO DIGERENTE

Ripristino e mantenimento del corretto microbioma, non soltanto a livello ruminale ma nell’intero tratto digerente. Se il rumine lavora bene, avremo il microbioma ruminale e intestinale più stabile ed equilibrato, una migliore digestione e sfruttamento dei nutrienti, una maggiore adattabilità ai cambi fisiologici e di alimentazione.

STIMOLO AL SISTEMA NEUROENDOCRINO

Supporto al metabolismo energetico e all’intero bilanciamento ormonale che regola il buon funzionamento di tutto l’organismo della vacca. Per esempio: stimolo al fegato per supportare la produzione di energia, il processo detossificante e il mantenimento dell’equilibrio ormonale. Questo può portare a una buona partenza dei processi di lattazione nella produzione di latte, calori più manifesti, migliore tasso di fertilità.

STIMOLO AL SISTEMA IMMUNITARIO

Stimolo del microbioma e del suo contatto con le pareti interne del rumine e dell’intestino. Questa interazione con la mucosa crea un dialogo con il sistema immunitario, rendendolo più pronto a contrastare i patogeni che possono provenire dall’ambiente di stalla. Rafforzamento della funzione di barriera della mucosa gastro-intestinale. Questo può portare a minore rischio di nuovi casi di infezione, maggiore capacità di guarigione e migliore capacità di recupero, anche in bovine stanche o anziane.

I 3 Grafici riportano un’analisi eseguita su un campione di aziende che usano i prodotti SOP (circa 2.000 capi che hanno assunto SOP STAR COW nel triennio 2019-2020-2021). I dati sono stati confrontati con i dati medi italiani, presi dai collettivi sintetici forniti dall’ARAL. Per i grafici in esame si sono considerati i soli valori relativi al periodo estivo.

Per concludere: pur essendoci un aumento delle temperature, e pur essendo le performance delle bovine da latte migliori nella zona di comfort termico, grazie alle giuste attenzioni e ai giusti prodotti è possibile supportare le bovine nella produzione di latte di maggiore qualità e maggiore resa.

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