Il problema più complicato da risolvere nelle bovine da latte è la fertilità.
La selezione genetica, un sempre più attento management e una buona nutrizione hanno reso quasi tutti gli allevamenti molto produttivi e con una qualità del latte impensabile fino a pochi anni fa. Basti pensare che la produzione media della frisona italiana è passata dai 31.7 kg di Maggio 2014 ai 35.1 kg dello stesso mese del 2018, con un incremento del 10% agli stessi giorni lattazione. Abbiamo considerato Maggio in quanto è il mese dell’anno in cui, nell’emisfero boreale, la produzione media è più alta.
La nutrizione può aiutare molto ad avere una buona fertilità, anche se non può fare miracoli.
Le bovine nelle prime settimane di lattazione inevitabilmente dimagriscono e sono quindi in deficit energetico. Questo status è il primo fattore di rischio per l’infertilità. Non è la magrezza in sé il problema ma il dimagrimento, ossia la quantità di massa grassa e muscolare persa dal giorno dal parto al picco produttivo.
Il bilancio energetico negativo si combatte aumentando la concentrazione energetica della razione e l’ingestione. Gli alimenti che apportano maggiore energia sono i grassi, o meglio gli oli vegetali, dal momento che nell’alimentazione della bovina da latte sono vietati tutti prodotti di origine animale. Solitamente si utilizzano le oleaginose integrali come la soia oppure sottoprodotti come il cotone e i distillers, o meglio ancora i grassi rumino-protetti per saponificazione o idrogenazione.
Ma questi alimenti che apportano grandi quantità di acidi grassi, generalmente saturi come l’acido palmitico (C16:0) e l’acido stearico (C18:0), aiutano veramente la fertilità?
E’ importante ricordare che per avere rapidamente una nuova gravidanza ci vogliono follicoli, ovociti e corpi lutei di alta qualità e una buona produzione di ormoni sessuali e latte uterino, anche se si ricorre all’uso sistematico delle sincronizzazione ormonali.
Sappiamo che un‘elevata concentrazione nel sangue (> 0.7 mmol/L) di acidi grassi liberi (NEFA) non è un buon segnale per una precoce ripresa della gravidanza perché viene “letta” dalla bovina come una condizione energetica negativa. Questi grassi possono arrivare nel sangue sia dal tessuto adiposo che dalla dieta.
Gli acidi grassi apportati con la dieta e dopo le manipolazioni del rumine sono saturi e a lunga catena, e quindi molto simili a quelli corporei.
Recenti ricerche hanno dimostrato che acidi grassi saturi, come l’acido palmitico e l’acido stearico, vengono “letti” negativamente anche dagli stessi follicoli ovarici.
La bovina ingerisce normalmente anche grandi quantità di acidi grassi omega-6, abbondantemente contenuti nell’olio di soia (soia integrale) e nel mais. Gli acidi grassi omega-6 sono precursori della sintesi della prostaglandine per cui hanno un effetto negativo sulla “tenuta” del corpo luteo. Sappiamo che la maggior parte delle perdite di embrioni avviene da pochi giorni dal concepimento fino alla placentazione, ossia a 30-35 giorni di vita dello stesso.
Effetti positivi sulla fertilità sono invece dati dagli acidi grassi omega-3, molto presenti nell’erba polifita, nel lino integrale e nell’olio di pesce.
Probabilmente la selezione naturale ha premiato gli animali che sanno ben “informare” il proprio asse ipotalamo-ipofisi-ovaie che c’è tanta erba da mangiare, e quindi tanti nutrienti per allattare e avere una nuova gravidanza. Gli omega-3, che abbondano nei pascoli rigogliosi, sono forse il segnale metabolico più semplice e convincente per l’inizio di una nuova gravidanza.
Tutti i grassi saturi hanno sicuramente un effetto positivo nel contrastare il bilancio energetico negativo e migliorare la concentrazione del grasso del latte, mentre gli acidi grassi insaturi omega-3 hanno certamente un effetto positivo sulla fertilità, ammesso che possano superare indenni il rumine.
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