Si auspica che questo accordo rappresenti una boccata di ossigeno per gli allevatori italiani, già provati dagli aumenti esponenziali delle materie prime, dai costi di energia e carburante, e, non in ultimo, dalle condizioni climatiche estreme caratterizzate dalla forte siccità.

Confagricoltura commenta l’intesa con un comunicato stampa:

“Con la ripresa delle esportazioni via mare dell’Ucraina, circa 20 milioni di tonnellate di grano potranno essere collocate sui mercati internazionali, con il risultato di ridurre sensibilmente il rischio di una crisi alimentare globale. Adesso valuteremo gli effetti dell’intesa sul mercato, anche alla luce della flessione che le produzioni hanno subito e subiranno a causa della siccità”. È il commento del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, sull’accordo firmato oggi per lo sblocco dell’export agroalimentare dai porti dell’Ucraina. Secondo i dati della FAO – evidenzia Confagricoltura – sono più di 50 i Paesi in via di sviluppo che, fino allo scorso anno, dipendevano dal grano esportato dall’Ucraina per la copertura del fabbisogno totale interno. Nel 2021, ha fatto sapere la Commissione europea, le esportazioni agroalimentari dell’Ucraina ammontarono a circa 24 miliardi di euro. Le vendite all’estero di grano e semi oleosi hanno inciso per l’84% sul totale. Quasi il 90% dell’export complessivo di settore è stato effettuato via mare. “L’accordo raggiunto è positivo anche sotto un altro aspetto di rilievo”, prosegue Giansanti. “La ripresa delle vendite all’estero da parte dell’Ucraina consentirà di liberare le strutture necessarie per lo stoccaggio dei nuovi raccolti, facilitandone l’ordinata commercializzazione”. “Seguiremo con particolare attenzione anche gli eventuali effetti che lo sblocco dell’export agricolo ucraino potrà avere sulle quotazioni internazionali dei cereali”, conclude il presidente della Confederazione. Secondo i dati ancora provvisori dell’Istat, nei primi tre mesi di quest’anno il saldo valutario dell’Italia per l’interscambio con l’estero di cereali, semi oleosi e farine proteiche è risultato negativo per 781 milioni di euro, con un incremento di 240 milioni sullo stesso periodo del 2021 (cliccare qui per il comunicato stampa)

Anche  Coldiretti ritiene l’intesa un mezzo importante per sostenere la zootecnia del Paese:

Lo sblocco delle spedizioni di cereali sul Mar Nero è importante per salvare le stalle italiane in una situazione in cui senza precipitazioni rischiano di dimezzare i raccolti nazionali di foraggio e mais destinati all’alimentazione degli animali a causa del caldo e della siccità che  hanno colpito duramente la pianura padana dove si concentra 1/3 della produzione agricola nazionale e circa la metà degli allevamenti dai quali nascono formaggi e salumi di eccellenza Made in Italy. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente gli effetti della firma dell’accordo raggiunto tra Nazioni Unite, Turchia, Ucraina e Russia per assicurare i traffici commerciali nei porti del Mar Nero. L’Ucraina con una quota di poco superiore al 13% per un totale di 785 milioni di chili è – sottolinea la Coldiretti – il secondo fornitore di mais dell’Italia che è costretta ad importare circa la metà del proprio fabbisogno per garantire l’alimentazione degli animali nelle stalle. Il blocco delle forniture dall’Ucraina aveva determinato preoccupazioni per gli approvvigionamenti ma anche forti rincari in una situazione in cui i costi di produzione nelle stalle italiane sono cresciuti del 57% secondo il Crea mettendo in ginocchio gli allevatori nazionali. Una situazione di difficoltà che riguarda anche gli alpeggi dove manca l’acqua e il foraggio e si moltiplicano gli interventi di emergenza per aiutare il bestiame al pascolo. L’Ucraina – continua la Coldiretti – garantisce invece appena il 3% dell’import nazionale di grano (122 milioni di chili) mentre sono pari a ben 260 milioni di chili gli arrivi annuali di olio di girasole, secondo l’analisi su dati Istat relativi al commercio estero 2021. L’accordo raggiunto per la ripresa del passaggio delle navi cariche di cereali sul Mar Nero è importante anche per combattere la carestia in ben quei 53 Paesi dove, secondo l’Onu, la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. Un importante contributo alla stabilità politica proprio mentre – sostiene la Coldiretti – si moltiplicano le tensioni sociali ed i flussi migratori, anche verso l’Italia. “L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza di intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro. Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali ma – conclude Prandini – serve anche investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici (disponibile qui il comunicato).

Fonte: Confagricoltura e Coldiretti