L’Ismea ha avviato il monitoraggio dei costi di produzione dei prodotti agricoli e zootecnici, basandosi su indagini annuali dirette in aziende-tipo e sulle proprie reti di rilevazione, che sono: 1) rete di rilevazione dei prezzi all’origine e all’ingrosso dei prodotti agricoli su base settimanale/mensile e 2) rete di rilevazione dei prezzi dei mezzi correnti di produzione su base settimanale/mensile. Tra un’indagine annuale e l’altra si procede all’aggiornamento dei costi di produzione mediante l’applicazione di coefficienti di rivalutazione dei prezzi dei prodotti e dei servizi acquistati attraverso le Reti di rilevazione Ismea, fermo restando i parametri tecnici e produttivi che caratterizzano il campione oggetto di studio.

Riguardo il settore ovicaprino, le rilevazioni di cui sopra sono state elaborate ed analizzate in un report, pubblicato il 9 dicembre scorso sul sito “Ismea Mercati”, da cui emerge chiaramente l’inasprimento dei costi di produzione che ammonterebbe al +10% nel corso del 2022. In particolare il dato si riferisce al costo di produzione dell’agnello, per calcolare il quale si è considerato l’allevamento ovino come un sistema complesso o in cui il processo di produzione del latte è interconnesso con la produzione di carne. Il costo di produzione dell’agnello è stato elaborato attribuendo in quota parte la totalità delle spese sostenute dall’azienda nell’anno di riferimento. La base di partenza delle elaborazioni è rappresentata dai dati raccolti mediante intervista diretta su un campione di aziende localizzate in Sardegna che allevano pecore di razza Sarda, che conferiscono latte ai caseifici e che aderiscono al sistema di certificazione IGP per quanto riguarda la produzione degli agnelli. Il campionamento e la prima rilevazione sono stati realizzati con riferimento all’annata agraria 2017-2018 considerata ordinaria sia per quanto riguarda le quotazioni medie delle materie prime impiegate in azienda e sia con riferimento agli andamenti climatici nelle aree considerate.

Il campione oggetto di osservazione è costituito da 15 allevamenti prevalentemente localizzati nelle province di Nuoro e Sassari, con una SAU media di 84,7 ettari, una consistenza media annua di 400 pecore in lattazione, per un totale di 370 agnelli venduti al macello. Il calcolo del costo di produzione include i cosiddetti costi espliciti, ovvero i costi che hanno rappresentato un esborso effettivo per l’allevatore nel corso dell’anno e sono essenzialmente rappresentati da spese di alimentazione, spese specifiche di allevamento, spese specifiche di coltivazione e manodopera, tutte considerate al netto dell’IVA.

Al fine di attribuire proporzionalmente le spese sostenute sono stati calcolati specifici coefficienti mediante l’elaborazione dei ricavi aziendali, in particolare i ricavi da latte, il cui valore è stato calcolato moltiplicando l’effettiva quantità di latte conferito (latte munto, con l’esclusione dei quantitativi poppati) per il prezzo unitario riconosciuto, e i ricavi carne, il valore è stato calcolato moltiplicando il numero degli agnelli inviati al macello al peso di 10 kg per il prezzo unitario (euro/kg peso vivo). Nella media del campione analizzato la ripartizione dei ricavi è pari a 77% per la quota latte e 23% per la quota carne; mentre una quota trascurabile dei ricavi è attribuibile alla vendita di animali a fine carriera, lana e prodotti vegetali in esubero rispetto ai reimpieghi in azienda.

Calcolo dei costi di produzione per il 2022

Nel 2022 il costo di produzione dell’agnello (esclusi ammortamenti e interessi sul capitale) è risultato mediamente pari a 5,11 €/kg peso vivo al netto di IVA, evidenziando un incremento del 10% rispetto a quanto si verificava un anno fa. L’aggravio dei costi è stato determinato non solo dalla spinta inflazionistica innescata dalla crisi energetica, ma anche dagli eccezionali andamenti climatici che hanno ridotto la disponibilità di foraggi innescando una forte spinta al rialzo dei prezzi per i prodotti da integrare nell’alimentazione delle pecore. I rincari più significativi sono stati registrati dalle spese energetiche (+48% tra il 2022 e il 2021) e dalle spese di coltivazione (+18%), soprattutto per i fertilizzanti (il cui processo produttivo è fortemente dipendente dall’impiego di gas); ma l’impatto maggiore è stato determinato dalle spese per i mangimi e soprattutto foraggi (rispettivamente +6% e +54%), che gli allevatori hanno dovuto necessariamente acquistare per sopperire alla carente disponibilità causata dalle sfavorevoli condizioni meteorologiche (siccità).

La componente preponderante del costo di produzione dell’agnello è rappresentata dalla manodopera (inclusa quella familiare), con un’incidenza media del 43% che tende ad essere più incisiva nelle aziende di piccole dimensioni che trovano difficoltà, anche per motivi oro-geografici e di disponibilità di strutture, ad ammodernare le operazioni di gestione del gregge. Inoltre, nelle aziende più piccole l’impiego dell’unità lavorativa risulta meno efficiente in termini di numero capi ovini che riesce a gestire e, quindi, proporzionalmente più costosa. Anche il costo della manodopera ha subìto un incremento nel 2022 (+2% rispetto al 2021). Le spese per l’alimentazione rappresentano oltre un quinto dei costi totali e l’incidenza tende a essere più elevata nelle aziende di minori dimensioni, che non riescono a raggiungere l’autosufficienza per la produzione di concentrati (principalmente granelle). Le aziende medio-grandi riescono ad autoprodurre gran parte dei concentrati (e quasi tutti i foraggi) e, inoltre, la buona dotazione di macchine e attrezzature consente da un lato un minore ricorso al contoterzismo – comprimendo le spese specifiche per la coltivazione – dall’altro comporta un maggiore impiego di energia e combustibili, oltre che una maggiore esposizione sotto il profilo del capitale investito e immobilizzato.

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Fonte: Ismea