Queste ultime settimane, a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina, si sono registrati i massimi storici dei prezzi dei cereali, tra cui grano tenero e  mais. Unica eccezione al momento è rappresentata dal  grano duro, per il quale ancora non sembrano essere intervenute variazioni sostanziali.  Questo è quanto emerge dall’analisi pubblicata in data odierna da BMTI, società del Sistema camerale italiano per la regolazione, lo sviluppo e la trasparenza del mercato e per la diffusione dei prezzi e dell’informazione economica, che prende in considerazione l’andamento dei prezzi nell’arco dell’ultimo anno.

Riguardo il mais, l’Ungheria e l’Ucraina rappresentano il primo e il secondo fornitore di mais dell’Italia, con quota rispettivamente del 30,3% (pari a 1,6 milioni di tonnellate) e del 15,1% sul totale (pari a 785mila tonnellate). Questo spiega la centralità che questi due paesi hanno per il mercato maidicolo italiano e il forte impatto avvenuto sui listini a seguito dello scoppio del conflitto e del blocco delle esportazioni deciso dall’Ungheria. In particolare, i prezzi del mais nazionale hanno raggiunto nella settimana 7-11 marzo i 400 €/t, registrando un incremento del 41% rispetto alla settimana precedente lo scoppio del conflitto. I forti rialzi si sono estesi anche a tutti i prodotti derivati dalla lavorazione del mais (farine, farinette, glutine). Pesante anche il rialzo avvenuto per i prezzi dell’orzo, giunti sui 390 €/t, mai toccati prima e superiori del 39% rispetto alla settimana precedente lo scoppio del conflitto. Riguardo le aspettative degli operatori l’attenzione adesso è rivolta alle semine, con l’incertezza dell’alto costo dei fertilizzanti. Alcuni operatori non escludono nel breve termine un consolidamento delle quotazioni.

Anche nel mercato del grano tenero l’Ungheria risulta il primo fornitore del nostro paese, con un quantitativo di circa un milione di tonnellate spedite in Italia nel 2021 ed una quota del 23% sul totale. Il prezzo del grano tenero destinato alla panificazione ha raggiunto nella settimana 7-11 marzo il record storico di 397 €/t, in crescita di oltre il 60% rispetto allo scorso anno. Ancor più marcato è l’aumento su base annua, pari ad un +78%, che si è registrato per il grano tenero di forza, di migliore qualità, attestato sui 425 €/t. Per quanto riguarda la prossima annata, le stime diffuse dal Coceral indicano per l’Italia una produzione 2022 di 2,8 milioni di tonnellate, il 2% in più rispetto al 2021. Dunque uno scenario complesso, con le incertezze su possibili inadempienze contrattuali che spingono gli operatori intervistati a ritenere plausibile un leggero aggiustamento al rialzo dei prezzi dopo i forti aumenti delle prime settimane successive allo scoppio del conflitto.

A differenza di quanto osservato per gli altri cereali, per il grano duro al momento  i prezzi non hanno evidenziato variazioni sostanziali, ad eccezione dei segnali di rialzo osservati sulle piazze centro-meridionali. Gli scambi sono stati limitati e i prezzi del grano duro fino nella settimana 7-11 marzo si sono attestati sulla soglia dei 525 €/t, comunque in crescita  del 79% rispetto ad un anno fa. Assenza di tensioni anche per i prezzi all’ingrosso della semola di grano duro, in calo del 2,1% rispetto a gennaio. I prezzi attuali rimangono però elevati, superiori di quasi il 90% rispetto ad un anno fa. Per quanto riguarda la prossima annata, secondo le intenzioni di semina diffuse dall’Istat nelle scorse settimane, in Italia nel 2022 le superfici a grano duro scenderebbero dell’1,4%, complice la flessione attesa al Sud (-2,3%). Frenano intanto le importazioni di grano duro extra UE-27 nei primi due mesi del 2022, in calo del 61,5% rispetto allo stesso periodo del 2021 (da 234mila a 90mila tonnellate). Il mercato del grano duro appare relativamente statico, con pochi scambi. Secondo alcuni operatori si registra però l’incertezza per un possibile ritorno della domanda, con conseguente possibile rialzo dei prezzi, e anche per via dell’assenza di piogge in alcuni areali sia al Nord che al Sud Italia.

A livello internazionale i prezzi registrati corrispondono a massimi storici. Al Matif di Parigi le quotazioni del future sul grano tenero sono schizzate del 50% rispetto a gennaio, raggiungendo per la prima volta nella storia la soglia di 400 €/t. Ad alimentare l’impennata è stato il blocco pressoché completo dei carichi dal Mar Nero, area strategica per il commercio mondiale di cereali, con Russia e Ucraina che insieme combinano per circa un terzo del totale delle esportazioni a livello mondiale. A questo si aggiunge lo stop alle esportazioni deciso dall’Ungheria, le incertezze che gravano sulle prossime semine in Ucraina e l’elevato costo dei fertilizzanti, ulteriormente in rialzo a seguito del balzo delle quotazioni del gas naturale. Il futuro sul mais negoziato al Matif di Parigi è aumentato del 40% rispetto a gennaio, raggiungendo la quota record di 350 €/t mai toccata in precedenza. Forti tensioni anche nel mercato dei semi oleosi: a Parigi ai massimi storici anche il future sulla colza, a quota 900 €/t nella seduta dell’11 marzo.

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Fonte: bmti.it