Il settore del latte ovicaprino si conferma un asset fondamentale per il nostro paese. Non mancano però le criticità.

L’Italia riveste un ruolo di primaria importanza nell’ambito delle produzioni lattiero casearie del settore ovicaprino UE.

E’ infatti terzo produttore di latte di pecora, con una quota pari a oltre 1/5 del totale comunitario, dietro a Grecia e Spagna, e il primo produttore di formaggi pecorini, con una quota di circa 1/3 sul totale, seguita a breve distanza da Spagna e Francia.

La Spagna, che è il principale competitor dei prodotti italiani, ha registrato nel 2021 un calo della produzione sia di latte ovino che di formaggi pecorini (rispettivamente -12% e -6%).

Sono questi alcuni dei dati riportati da Ismea nel nuovo report sulle tendenze e dinamiche recenti del settore del latte e derivati ovicaprini. I dati, riferiti al 2021, riportano la situazione del mercato europeo e nazionale, gli acquisti domestici, l’andamento dei prezzi, il commercio e le prospettive future per il settore.

Un settore tutt’altro che marginale

Anche se rappresenta poco più dell’1% del valore della produzione agricola nazionale, il settore continua ad assumere un ruolo economicamente rilevante nelle aree maggiormente vocate, in virtù della forte concentrazione territoriale delle greggi. In particolare, quasi il 60% del valore complessivo del settore latte è generato nelle Isole, e in sole tre regioni (Sardegna, Toscana e Lazio) si realizza ben il 78% della produzione. Inoltre, la presenza degli allevamenti ovicaprini si conferma determinante per la funzione ambientale, sociale e culturale di mantenimento e presidio di aree marginali in cui non sarebbero possibili altre attività produttive.

Nel 2021 l’allevamento ovicaprino da latte ha generato un valore di 572 milioni di euro, con un aumento rispetto all’anno precedente del 12% da attribuire esclusivamente alla forte spinta dei prezzi all’origine.

In termini strutturali, il report di ISMEA conferma la costante diminuzione degli operatori della fase di allevamento, a causa del progressivo abbandono da parte delle aziende di ridotte dimensioni e meno competitive, e un fenomeno di concentrazione in termini dimensionali con la conversione verso sistemi intensivi o semintensivi.  In complesso, l’incidenza degli allevamenti ovicaprini di grandi dimensioni (>300 capi) è arrivata nel 2021 a oltre il 12% del totale, rappresentando ben il 55% dei capi complessivamente destinati alla produzione di latte e mista latte-carne.

Secondo il censimento annuale dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica, nel 2021 oltre l’80% dei capi in allevamento (esclusi quelli destinati all’autoconsumo) è orientato alla produzione di latte oppure ha un indirizzo produttivo misto, dove la produzione di carne rappresenta un prodotto secondario.

Il mercato nazionale: produzione in contrazione ma prezzi in crescita

La produzione, pari a 450mila tonnellate di latte di pecora e 43 mila tonnellate di latte di capra, è risultata in contrazione nel 2021 (rispettivamente -0,7% e -1,8% rispetto al 2020) principalmente a causa di un forte aumento dei costi di produzione e di una minore disponibilità di pascolo e mangimi e della conseguente riduzione dei capi.

La destinazione quasi esclusiva del latte ovino e caprino è rappresentata dalla caseificazione, con la produzione di 74,4 mila tonnellate di formaggi pecorini e 7,1 mila tonnellate di formaggi caprini (complessivamente in aumento del 2,5%).

I prezzi all’ingrosso del Pecorino Romano, che rappresenta il prodotto guida del mercato, sono in progressiva crescita, in particolare a partire dallo scorso autunno. Nel 2021 i listini hanno mediamente segnato un +13% rispetto all’anno precedente mentre nel primo semestre 2022 l’incremento ha raggiunto un picco del +30% nel mese di giugno arrivando a superare gli 11 euro/kg.

L’aumento dei prezzi all’ingrosso è stato sostenuto da un lato dal forte rilancio delle richieste provenienti dall’estero, conseguentemente alla progressiva ripresa delle attività economiche, e dall’altro dalla minore produzione.

Sulla base dei dati consortili provvisori, nel periodo ottobre-giugno dell’annata casearia 2021/2022 sono state prodotte quasi 30,8 mila tonnellate di Pecorino Romano, pari al 5% in meno rispetto all’annata precedente.

A livello territoriale assume notevole importanza anche il mercato del Pecorino Toscano, seconda DOP del comparto ovino, i cui prezzi nel corso del 2021 hanno mostrato un deciso rialzo (+4,8% su base annua) proseguendo con lo stesso ritmo anche nei primi sei mesi del 2022 (+4,4% in media nel periodo gennaio-giugno).

Lo slancio del mercato all’ingrosso ha avuto riflessi molto positivi anche sulla fase a monte della filiera determinando un forte aumento del prezzo del latte ovino, che in Sardegna ha superato i 103 euro/100 litri (Iva inclusa) nel mese di giugno 2022, facendo registrare un aumento di oltre il 18,7% rispetto a un anno fa.

L’atteso recupero di redditività da parte degli allevatori è stato però in parte compromesso dai rincari delle materie prime (+13,2% per i prezzi dei mangimi nel primo semestre 2022 a cui è necessario ricorrere per integrare la razione degli animali in condizioni di pascolo sfavorevoli).

Prosegue la crescita dell’export

L’export costituisce una variabile strategica per l’equilibrio e la performance economica dell’intera filiera. Dopo il recupero segnato nel 2021 (+13% in volume e +27% in valore), il 2022 è proseguito sull’onda di una vivace domanda estera.

Le esportazioni di pecorino sono ulteriormente aumentate nel 2022, con una variazione del +7,8% in volume ascrivibile ai due principali mercati di sbocco (Stati Uniti +7,9% e Germania +5,0%).

Da sottolineare che la crescita del primo quadrimestre è stata decisamente più ampia sul fronte degli introiti (+29% rispetto al periodo gennaio-aprile 2021), grazie dalla forte spinta registrata dai prezzi medi all’export, mediamente pari a 10,80 euro/kg (+20% su base annua). Positiva anche la performance in valore registrata nel primo quadrimestre 2022 sia in Germania che Francia (entrambi +13%).

Una domanda domestica in difficoltà

Dopo la flessione registrata nel 2021 conseguentemente al superamento della fase di emergenza sanitaria e al ritorno alla “normalità”, il calo delle vendite di formaggi e latticini è proseguito anche nel 2022 (-4,2% in volume nel periodo gennaio-maggio 2022) a fronte di un aumento dei prezzi medi (+3,4%). Una dinamica simile si è evidenziata per il segmento dei formaggi duri, ma per i pecorini la contrazione delle vendite è stata decisamente più intensa nei primi cinque mesi del 2022 (-7,7% in volume) a fronte di una spinta più incisiva sui prezzi (+8,5%).

Per il Pecorino Romano DOP il calo delle vendite si è attestato al -15,3% in volume, a fronte di una sostanziale stabilità della spesa e di una decisa spinta verso l’alto dei prezzi (+17,5%).

Quali prospettive per il futuro?

Il settore sta attraversando una congiuntura molto positiva, soprattutto grazie alla straordinaria ripresa dei flussi esportativi e al rafforzamento dei prezzi dei prodotti più rappresentativi.

Con la ripresa dei flussi turistici, che interessano in modo particolare le città d’arte e i luoghi di villeggiatura siti nelle principali aree di produzione del pecorino, anche la domanda interna potrebbe recuperare.

Non mancano le criticità nella fase di allevamento, sia rispetto alla disponibilità di mangimi sia rispetto alle risorse di pascolo, pesantemente ridotte dalla siccità e dagli incendi, nonché i possibili effetti sulle esportazioni di un apprezzamento del cambio euro/dollaro.

Altre preoccupazioni potrebbero derivare dall’apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro.

Per maggiori informazioni è possibile scaricare qui il report integrale: