L’impatto ambientale generato dagli allevamenti intesivi degli animali da reddito è un tema molto discusso, soprattutto in questi tempi, in cui i cambiamenti climatici e l’aumento demografico rappresentano una sfida importante per il futuro, a cui bisognerà trovare delle soluzioni valide per poterla fronteggiare al meglio, in modo tale da produrre delle fonti proteiche sostenibili che possano sfamare l’intera popolazione globale. Oltretutto, il consumo di carne è associato alle problematiche di natura sanitaria e genera anche forti discussioni a livello etico, relativamente ai metodi di allevamento ed alla pratica di  macellazione. Nonostante tali criticità, i consumatori occidentali continuano comunque a consumare quantità ingenti di carne.

Attualmente, una delle soluzioni proposte dalla ricerca per fronteggiare tale problema, è quella di sostituire la carne ottenuta direttamente dagli animali con un prodotto di origine sintetica derivato da cellule animali coltivate in vitro. Si tratta di “carne coltivata”, in inglese “cultivated – meat o cultured – meat”. Questo tipo di soluzione consentirebbe di non macellare più gli animali per produrre cibo e di ridurre l’impatto ambientale derivato dagli allevamenti stessi e connesso soprattutto alla riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali, quali acqua e suolo, e dell’emissione dei gas serra. Inoltre, poiché la carne coltivata è prodotta in strutture tendenzialmente sterili, può ridurre l’impatto dei problemi connessi alla salute pubblica comunemente associati alla carne convenzionale, tra cui il rischio di contrarre malattie di origine alimentare e zoonotiche, e ridurre sia l’utilizzo degli antibiotici che la resistenza ad essi associata.

Uno studio svolto da ricercatori americani ed inglesi ha valutato, a livello del mercato, quali fossero le preferenze dei consumatori degli Stati Uniti e del Regno Unito in merito ad alcuni aspetti legati alla carne coltivata, quali: la denominazione del prodotto, i processi di modificazione genetica che potrebbe subire, ed i miglioramenti connessi all’ambiente.

A tal fine, quindi, sono stati presi in considerazione dei campioni rappresentativi della popolazione che hanno partecipato ad un sondaggio online relativo proprio alla carne coltivata. Per l’indagine di mercato la popolazione analizzata è stata suddivisa in tre principali categorie:

Popolazione a maggioranza precoce per l’acquisto (guidata dal Modello di Diffusione delle Innovazioni) suddivisa in:

  • innovators,
  • early adopters,
  • early majority,
  • late majority

Popolazione suddivisa per generazione, nelle seguenti fasce d’età:

  • Baby boomer: 1940 – 1959
  • Generazione X: 1960 – 1979
  • Millennials: 1980 – 1994
  • Generazione Z: 1995 – 2010

Popolazione generale.

I partecipanti al sondaggio, hanno risposto ad una serie di domande relative ai seguenti ambiti:

  • Conoscenza della tecnologia utilizzata per ottenere la carne coltivata e sostegno a tale procedimento.
  • Valutazione delle preferenze relative alla denominazione da assegnare al prodotto.
  • Accettazione del prodotto e relativa adesione al consumo dello stesso.
  • Benefici generati dal consumo della carne coltivata.
  • Preferenze sui metodi di produzione.
  • Preferenze sui miglioramenti nutrizionali connessi al prodotto.

Dopo aver elaborato le risposte ottenute, sono state tratte diverse conclusioni.

Innanzitutto è emerso che la maggior parte della popolazione analizzata non era a conoscenza della tecnologia connessa all’ottenimento della carne coltivata (54 – 59%), mentre solo il 34 – 41 % della popolazione studiata ha manifestato una conoscenza e familiarità moderate in merito a questo argomento (Fig. 1).

Figura 1. Conoscenza e familiarità con il prodotto “carne coltivata” nelle diverse generazioni.

Analizzando i risultati ottenuti dalla popolazione suddivisa per fasce d’età, la generazione dei Baby boomers (72%) è risultata essere quella meno informata e meno propensa a consumare questo nuovo prodotto, mentre la Generazione Z (88%) si è rivelata essere quella più informata e più propensa a testare questo alimento innovativo. Risultati positivi sono stati ottenuti dai Millennials (85%) e dalla Generazione X (77%) (Fig. 2).

Figura 2. Preferenza nel testare la carne coltivata nelle diverse generazioni.

In merito al sostegno alla tecnologia utilizzata per produrre la carne coltivata, le opinioni positive sono notevolmente aumentate dopo che è stata sottoposta ai partecipanti la lettura di una brochure informativa che spiegava in modo semplice, chiaro e dettagliato quale fosse il metodo utilizzato per poter ottenere la carne coltivata (Fig. 3). Ne emerge che questa strategia di comunicazione trasparente può essere uno strumento molto utile per poter aumentare nei consumatori il grado di accettazione di queste nuove tecnologie.

Figura 3. Sostegno alla tecnologia utilizzata per ottenere la “carne coltivata” nelle diverse categorie di popolazione e paesi (USA e UK).

La figura 4 mostra il livello di preferenza dei consumatori in merito alla denominazione da utilizzare per l’etichettatura di questo nuovo alimento: è emerso che le diciture “cultivated – meat” e “cultured – meat”(carne coltivata), ritenute simili fra loro in termini di significato, nonostante fossero meno descrittive, sono generalmente percepite come più attraenti sia negli USA che nel Regno Unito rispetto alle denominazioni “cell – based meat” e ‘cell – cultured meat”, anch’esse considerate come sinonimi.

Figura 4. Grado di apprezzamento delle diverse diciture valutate per paese (USA e UK) e categorie di popolazione.

Le analisi hanno poi indicato che la tendenza all’acquisto della carne coltivata, ed il suo utilizzo come sostituto della carne convenzionale, non erano significativamente diverse tra i campioni degli Stati Uniti e quelli del Regno Unito. Tuttavia, la disponibilità a pagare di più per la carne coltivata rispetto alla carne convenzionale era significativamente più elevata negli Stati Uniti: ciò può essere correlato al reddito medio che risulta superiore negli USA rispetto al Regno Unito, nonché al maggiore potere d’acquisto. In generale, i consumatori hanno ipotizzato che la carne coltivata possa essere un parziale, e non totale, sostituito della carne convenzionale.

Dal punto di vista dei benefici derivati dall’acquisto e dal consumo della carne coltivata, sia la popolazione americana che quella del Regno Unito hanno individuato fra i benefici maggiori, quelli relativi all’assenza di antibiotici nella carne ed al contributo per la sicurezza alimentare globale. Negli Stati Uniti un altro aspetto rilevante è quello dell’assenza di agenti patogeni nell’alimento, mentre nel Regno Unito un fattore di grande importanza è il minore impatto ambientale generato.

E’ stato poi chiesto ai consumatori di esprimere la propria preferenza relativamente alla modalità di produzione della carne coltivata: geneticamente modificata o non geneticamente modificata. Tutti i partecipanti hanno indicato la loro disponibilità ad acquistare entrambi i tipi di carne coltivata, nonostante ci sia una maggiore preferenza verso carni coltivate non – GM. I risultati sono mostrati nella Figura 5 di seguito.

Figura 5. Preferenza nell’acquisto di carne GM e non – GM nei diversi paesi (USA e UK) e categorie di popolazione. * indica una differenza significativa nell’intento di acquisto tra i due prodotti all’interno del paese identificato.

Un’altra analisi interessante è stata quella relativa al confronto fra una bistecca ottenuta da carne coltivata, equivalente dal punto di vista nutrizionale a quella ottenuta da carne convenzionale, e una invece nutrizionalmente superiore. Negli Stati Uniti l’intento di acquisto era significativamente più elevato per una carne coltivata nutrizionalmente superiore rispetto a quella convenzionale, mentre nel caso del Regno Unito non vi era alcuna differenza significativa nelle intenzioni di acquisto tra i due prodotti (Fig. 6). Tuttavia, per la popolazione in generale, che comprendeva consumatori nel complesso più scettici all’acquisto, la possibilità di miglioramenti nutrizionali rappresenta un incentivo supplementare importante che può stimolare il consumo della carne coltivata, almeno negli Stati Uniti. Ciò fornisce un importante spunto per stimolare l’accettazione di questo prodotto da parte dei consumatori.

Figura 6. Preferenza nell’acquisto di carne coltivata nutrizionalmente equivalente o superiore a quella convenzionale nei diversi paesi (USA e UK) e categorie di popolazione. * indica una differenza significativa nell’intento di acquisto tra i due tipi di prodotto.

Questo studio presenta delle limitazioni. In primo luogo la raccolta dei dati tramite un’indagine on-line è soggetta a problemi noti, quali imprecisioni dei dati dovute a giudizi imperfetti. Inoltre, gli intervistati sono probabilmente soggetti che presentano notevoli incertezze in merito alle reali conoscenze sulle carni coltivate, in quanto molti ne hanno scoperto l’esistenza per la prima volta durante il sondaggio. Gli studiosi hanno comunque cercato di garantire la qualità dei dati ed un certo livello di conoscenza, richiedendo agli intervistati di trascorrere una quantità minima di tempo a leggere le descrizioni fornite. Detto questo, le condizioni poste in questo sondaggio sono sicuramente molto diverse da quelle che i consumatori sperimentano durante lo shopping.

In conclusione, nel Regno Unito e negli Stati Uniti esistono solidi mercati di consumo di carne coltivata, nonostante vi sia una generale mancanza di familiarità con il prodotto. Le generazioni più giovani sono le più aperte a consumare carne coltivata; inoltre i consumatori tendono a preferire carne coltivata non OGM. In merito ai miglioramenti nutrizionali, questi nel complesso non richiamano molto l’attenzione dei consumatori, ma possono comunque rappresentare un beneficio tangibile ed efficace in grado di stimolare anche i consumatori più scettici all’acquisto.

Sinossi tratta dall’articolo “US and UK Consumer Adoption of Cultivated Meat: A Segmentation Study“, di Keri Szejda, Christopher J. Bryant, Tessa Urbanovich. Pubblicato su Foods 2021, 10, 1050.