Ismea ha pubblicato il nuovo report “Tendenze – Bovino da carne n.1/2021- Giugno 2021”.
Il mercato nazionale delle carni bovine, dopo un 2020 anomalo, in cui alla tenuta dei volumi offerti si è contrapposto un contenimento dei valori medi, prosegue nel 2021 nelle analoghe condizioni. A fronte di un’offerta nazionale sostanzialmente stabile, per gli allevatori la partita si continua a giocare sul sul campo della redditività: soffrono i prezzi in allevamento con progressivi cali, mentre le quotazioni delle materie prime utilizzate per l’alimentazione degli animali crescono gradualmente, erodendo i già ridotti margini.
L’offerta nazionale è sempre più concentrata su vitelloni e manze. I vitelli a carne bianca rappresentano al momento solo l’11% dell’offerta totale, mentre le carni di vacca rappresentano in volume il 21% dell’offerta. I dati di macellazione nei primi due mesi del 2021, sempre secondo l’Anagrafe Nazionale presentano una flessione del 3% rispetto agli analoghi dello scorso anno.
I prezzi in allevamento sono in ripresa, ma ancora inferiori a quelli del 2020. I prezzi dei capi da macello nella fase di origine, ossia di uscita dall’allevamento, mostrano situazioni diverse per tutte le categorie sia in termini di dinamica congiunturale che tendenziale. Per esempio: le vacche a maggio si sono attestate a 1,19 €/Kg, i prezzi delle carni di vitellone, a maggio si sono attestati ad oltre 5€/Kg, situazione analoga per le quotazioni delle carni di bovino adulto, resta negativo, invece, il quadro delle carni di vitello per le quali il prezzo medio, pur attestandosi a maggio su livelli superiori al 2020, resta al di sotto della norma (6,10 €/Kg contro i 6,29 €/Kg del 2019). L’unico segmento con livelli di quotazione in positivo rispetto al precedente biennio resta quello delle manze/scottone. Infatti, le carni di scottona registrano, nei primi mesi del 2021, livelli medi di quotazione attorno ai 5 €/Kg, confermando, così come nella fase origine, il buon apprezzamento che questa referenza sta avendo sul mercato: la richiesta è tale da permettere alle quotazioni di attestarsi su livelli superiori alla media dei due precedenti anni.
Non manca la preoccupazione per la pressione delle produzioni estere, che malgrado il diffuso incremento dei prezzi continuano comunque ad essere inferiori a quelli italiani e quindi a esercitare leva concorrenziale sui prezzi delle carni italiane. I flussi in entrata da oltreconfine si sono comunque notevolmente ridotti nel 2020, permettendo al mercato interno di mantenere un discreto equilibrio e un totale assorbimento
dell’offerta nazionale. Misure di sostegno all’ammasso hanno altresì permesso il congelamento dei tagli invenduti. L’espansione della domanda cinese di carne bovina (+28% nel 2020 su base annua) influenza i mercati internazionali e spinge le quotazioni al rialzo.
Nel 2020 a fronte di una domanda extradomestica quasi annullata, i consumi “at home” di carni in generale hanno registrato un incremento del 7,4% dei volumi, con il contribuito quasi paritetico tra carni rosse e carni bianche. Quindi i consumi domestici hanno in buona parte compensato quelli mancati del “fuori casa”, così anche alla distribuzione si è assistito ad una maggior presenza di prodotto italiano, venduto a prezzi in sostanziale tenuta.
All’interno del report è presente un focus sui costi di produzione nelle aziende a ciclo aperto che allevano vitelloni di razza Charolaise. Questo rientra nell’ambito delle attività dell’Osservatorio economico del settore zootecnico è attivo dal 2015 un servizio di monitoraggio trimestrale dei costi relativi a partite di vitelloni allevati in aziende da ingrasso, dettagliate per razza, sesso e dimensione aziendale. La tipologia di capi oggetto dell’analisi sono vitelloni maschi di razza francese (Charolaise, Limousine e Garonnese) in quanto maggiormente diffusi negli allevamenti specializzati nell’ingrasso di bovini da carne.
Prospettive future
Questo tipo di mercato probabilmente dovrà dividersi in due scenari, con due tipologie di consumatori, ovvero quelli che la crisi finanziaria spingerà verso la convenienza di prezzo, e quelli che sempre più attenti e consapevoli ai cibi che consumano es ai problemi etici ed ambientali che sceglieranno prodotti in grado di garantire la qualità, il salutismo e la territorialità.
La filiera della carne quindi, dovrà intercettare e soddisfare proprio questa seconda tipologia di consumatore, diventando una filiera più “identitaria”, potenziando e valorizzando elementi di “valore aggiunto”, “qualità organolettica”, “modalità di frollatura”, “riconoscimenti territoriali”, “marchi di garanzia del rispetto animale e ambientale”, valori etici e sociali, persino i miglioramenti che le nuove tecnologie possono aver apportato al prodotto. Andrà rivalutato il consumo di un prodotto che sta gradualmente perdendo appeal proprio per la scarsa riconoscibilità che ne comporta spesso un allineamento sulla scarsa qualità.
La filiera della carne bovina nazionale è una risorsa strategica per il Paese e servirà dunque a completamento delle strategie produttive, anche una politica di settore a lungo termine che cerchi di migliorare e rendere forti i rapporti tra produzione e distribuzione.
Fonte: Ismea mercati
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