Le aflatossine sono un gruppo di composti tossici e cancerogeni prodotti da diverse specie di Aspergillus che possono contaminare gli alimenti zootecnici. L’aflatossina B1 risulta essere quella maggiormente presente e quella con più elevata tossicità. Nel caso in cui vengano somministrati agli animali mangimi contaminati, la tossina viene metabolizzata e trasformata in aflatossina M1 che risulta meno tossica. Questa tossina viene però secreta dall’animale anche attraverso il latte, che risulta quindi essere contaminato e, se supera i limiti di legge, non commercializzabile.

L’allevatore deve fare particolarmente attenzione a questo tipo di micotossine, perché nelle annate in cui le condizioni meteorologiche sono tali da favorire un forte sviluppo delle aflatossine in campo (esempio, le annate 2003, 2007, 2011 e 2015), le normali pratiche di prevenzione agronomica e di conservazione non riescono ad annullare del tutto il problema legato alla contaminazione degli alimenti. La problematica della contaminazione di aflatossine negli alimenti è legata alle materie prime che vengono acquistate sul mercato, ma talvolta anche ai prodotti che vengono conservati in trincea, come insilato di mais, pastone di farina umida o pastone integrale. Questi insilati non possono essere facilmente sostituiti e spesso vi è un grosso problema di gestione degli alimenti contaminati per lunghi periodi.

Il progetto Afla1milk, finanziato dal Mistero delle politiche agricole nell’ambito del fondo per gli investimenti nel settore lattiero-caseario e coordinato dall’Università di Udine in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, si propone di valutare se il microbismo presente negli insilati e quello presente a livello ruminale siano in grado di attenuare il contenuto di sostanze tossiche prodotte dallo sviluppo dei funghi, aflatossine in particolare, e quindi di sanificare l’alimento o ridurre la concentrazione iniziale della tossina.

Per quanto riguarda l’insilamento, è stato verificato come l’impiego di inoculi lattici commercialmente disponibili possa interferire con la microflora che si sviluppa durante questo processo e attuare meccanismi di detossificazione/biotrasformazione, reale o apparente, dell’AFB1. In particolare, gli effetti antimicotici di batteri lattici (LAB) sono legati alla loro produzione di metaboliti come acidi organici (ad esempio acido propionico, acido acetico), batteriocine o composti fenolici (acido fenil lattico, acido n-decanoico e 3-idrossidodecanoico) (Sadiq et al., 2019). Inoltre, i LAB possono causare la depolarizzazione della membrana del lievito, ostacolando così la crescita dei funghi (Mieszkin et al., 2017). È stato inoltre osservato come i LAB possano adsorbire le micotossine nelle loro pareti cellulari (Lahtinen et al., 2004; Gallo e Masoero, 2009). La capacità di adsorbire le micotossine è influenzata dalla loro struttura molecolare, concentrazione, numero e stato fisiologico delle cellule (Peltonen et al., 2000; Gratz et al., 2005; Wang et al., 2015; Ma et al., 2017; Sadiq et al., 2019). Inoltre, la stabilità e il destino delle micotossine sono determinati dalla natura del legame tra la micotossina e il complesso della parete cellulare dei LAB, che può essere covalente o ionico (Yiannikouris e Jouany, 2002; Moschini et al., 2008).

Recentemente, Ma et al. (2017) hanno riferito che, indipendentemente dall’inoculazione di LAB, alcuni batteri dell’insilato hanno ridotto la concentrazione di aflatossine in un insilato di mais addizionato di AFB1 a un livello sicuro entro 3 giorni dall’insilamento. Ferrero et al. (2019) hanno utilizzato mini-silos per determinare A. flavus e la produzione di aflatossine originati dal campo o durante la fermentazione o il deterioramento aerobico dell’insilato di mais. Da questa ricerca è emerso che l’insilato di mais trattato con LAB e naturalmente contaminato da aflatossine non riduce la concentrazione delle stesse con l’insilamento, anche per lunghi periodi. Inoltre, questi autori hanno riportato che l’A. flavus aveva la capacità di sopravvivere nell’insilato durante l’insilamento e di tornare a svilupparsi nel momento in cui il materiale veniva esposto nuovamente all’ossigeno. Un recente lavoro di Gallo et al, (2021) ha determinato gli effetti di inoculi commerciali e LAB sulla fermentazione e sui livelli di micotossine in un insilato di mais che è stato contaminato in campo da un ceppo di Aspergillus flavus altamente tossigeno. Gli inoculi commerciali contenevano Lactobacillus (L.) buchneri e Lactococcus lactis (prodotto commerciale 1); Enterococcus faecium, Lactobacillus plantarum e Lactococcus lactis (prodotto commerciale 2); oppure L. buchneri e L. plantarum (prodotto commerciale 3). Sono stati inoltre utilizzati ceppi puri di L. brevis, due ceppi puri di L. plantarum e tre di L. rhamnosus. Ogni insilato ha ricevuto una dose finale di inoculi lattici di circa 250.000 UFC/g di foraggio appena trinciato, ed è stato insilato in mini-silos da 20 L, compattato alla densità di 160 kg di sostanza secca/m3, conservato a temperatura ambiente e aperto dopo 30 o 120 giorni di insilamento. Gli inoculi commerciali e i LAB puri hanno avuto pochi effetti sulla fermentazione rispetto al controllo (CTR). Tuttavia, l’insilato trattato con il prodotto 1 aveva livelli di etanolo inferiori rispetto al gruppo CTR, mentre il livello di 1,2 propandiolo è raddoppiato all’aumentare del tempo di insilamento; i valori più elevati sono stati riscontrati negli insilati trattati con prodotto 1 e 3 che contenevano L. buchneri. La stabilità aerobica è aumentata con il tempo di insilamento; la stabilità più lunga è stata misurata nell’insilato trattato con il prodotto 1 e con L. rhamnosus. Le concentrazioni più basse di aflatossina B1 (AFB1) sono state riscontrate negli insilati trattati con i ceppi puri di L. rhamnosusL. plantarum. In conclusione, dovrebbero essere svolte indagini future per esaminare la relazione tra LAB e funghi micotossinegici durante l’insilamento.

Anche il microbiota ruminale sembra essere in grado di ridurre la presenza di AFB1 che viene ingerita dagli animali con gli alimenti contaminati. Una prima indicazione di detossificazione ruminale di AFB1 è stata riportata nel 1966, con il coinvolgimento del Flavobacterium aurantiacum (Vanhoutte et al., 2016, Bata et al, 1999); inoltre, lavori degli anni ’70 sostenevano che il 42% dell’aflatossina era degradata quando veniva incubata in vitro con il liquido ruminale. Più recentemente, le attività sperimentali a livello ruminale si sono concentrate sulla possibilità di addizionare diversi ceppi di LAB per stimolare e promuovere un’azione detossificante a livello ruminale. I lavori di Weimberg (Weimberg et al., 2003 e 2004b) sembravano dimostrare una discreta sopravvivenza dei LAB a livello ruminale, ma l’evidenza di un effetto diretto è stata rilevata solo di recente da Zahng et al. (2019) e riguarda l’utilizzo del L. rahmnosus GG nell’alimentazione di vitelli (prova in vivo). Da questo esperimento sembra che l’utilizzo di questo LAB possa ridurre l’escrezione delle aflatossine a livello urinario, aumentando invece quella fecale, a dimostrazione di un’azione sequestrante dei LAB nei riguardi della sostanza tossica. Sugli aspetti di detossicazione ruminale della AFB1 nell’ambito del progetto Afla1milk sono in fase di completamento prove di fermentazione ruminale in vitro finalizzate a valutare la detossificazione/biotrasformazione dell’aflatossina B1 impiegando diete i) a diverso rapporto foraggi concentrati (e/o apporto di amido degradabile con insilati di mais e pastoni testati nel progetto) e quindi in grado di determinare variazioni di pH a livello ruminale e ii) addizionate di lattobacilli per i quali si presume un’azione di detossificazione e/o di sequestro di AFB1. L’efficacia di queste strategie è in corso di valutazione mediante l’analisi della cinetica di degradazione dell’aflatossina B1, la caratterizzazione della biomassa microbica sviluppata nelle diverse condizioni sperimentali, la quantificazione di metaboliti secondari e prodotti della fermentazione quali gli acidi grassi volatili e l’ammoniaca, l’affinità e la stabilità del complesso additivo-tossina anche a basse concentrazioni della tossina ed in condizioni diverse di acidità del rumine artificiale.

In conclusione, questi risultati permetteranno di ottenere indicazioni pratico operative di tipo alimentare-dietetico (effetto dell’aggiunta di lattobacilli all’insilamento o direttamente nella razione e rapporti tra ingredienti per modificare il pH ruminale) che, assieme alle linee guida igienico-sanitarie già previste per legge e ad altri interventi di tipo alimentare (eg: uso di sostanze assorbenti le aflatossine), potranno assicurare il non superamento del limite soglia di aflatossina B1 e garantire una produzione di alimenti a bassa concentrazione di aflatossina nel latte, perciò più sicuri per il consumatore finale e di qualità per la lavorazione nella filiera lattiero-casearia. Le informazioni ottenibili dal progetto potranno risultare di diretta trasferibilità e applicabilità nei programmi di alimentazione delle bovine da latte e saranno disponibili per tutti gli operatori che lavorano nella filiera lattiero casearia.

La presente nota è una sintesi del seguente articolo scientifico pubblicato su Animal Feed Science and Technology dove è riportata tutta la letteratura citata: Gallo, A., F. Fancello, F. Ghilardelli, S. Zara, F. Froldi, and M. Spanghero. 2021. Effects of several lactic acid bacteria inoculants on fermentation and mycotoxins in corn silage. Anim. Feed Sci. Technol. 277:114962. doi:10.1016/j.anifeedsci.2021.114962.

 

Autori

Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Antonio Gallo, Antonio Natalello, Sara Pegolo e Manuel Scerra – Gruppo Editoriale ASPA