Uno tra gli obiettivi primari della comunità scientifica in ambito zootecnico è sempre stato quello di valutare il possibile utilizzo nelle diete animali di alimenti alternativi che non rientrano solitamente tra quelli impiegati nell’alimentazione umana (Salami et al., 2019). Tra questi, ritroviamo i residui solidi derivanti dalla lavorazione degli agrumi per l’estrazione di succhi e oli essenziali, che rappresentano circa il 55-60% del frutto, sottoprodotti che già da tempo vengono impiegati per l’alimentazione dei ruminanti, con interessanti risultati sia sul loro smaltimento che sul costo della dieta.

Tra i tanti scarti agroindustriali disponibili ritroviamo anche le polpe di bergamotto.

Il bergamotto (Citrus bergamia Risso) è un agrume dalla buccia di colore giallo, derivante probabilmente dall’incrocio tra il limone e l’arancio amaro. Cresce e fruttifica nel Sud Italia ed è utilizzato principalmente per l’estrazione del succo o degli oli essenziali. In Italia la produzione annuale di bergamotto ammonta a circa 25.000 tonnellate ed è quasi esclusivamente incentrata nella provincia di Reggio Calabria impiegando una superficie di circa 1500 ha e contribuendo per circa il 90% alla produzione mondiale (ISMEA, 2012).

Diversi autori hanno messo in evidenza come il bergamotto, oltre ad essere una buona fonte di melassa e pectine come altri agrumi, mostra importanti attività biologiche protettive su cellule esposte a necrosi tumorali ed una notevole attività antiossidante (Leopoldini et al., 2010; Trombetta et al., 2010). La buccia del frutto del bergamotto contiene quantità significative di flavonoidi, con livelli superiori rispetto a quelli osservati in altri agrumi (Mandalari et al., 2006; Sommella et al., 2014). I flavonoidi sono metaboliti secondari delle piante in grado di esercitare svariate attività biologiche che risultano molto utili per l’organismo (Kawaii et al., 1999).

Recenti studi hanno focalizzato l’attenzione proprio sui metaboliti secondari presenti negli alimenti impiegati nell’alimentazione animale e sui loro effetti sui prodotti zootecnici (Valenti et al., 2018; Valenti et al., 2019; Natalello et al., 2020). Tra tali composti organici ritroviamo i polifenoli, più volte associati ad un miglioramento della stabilità ossidativa di svariati prodotti zootecnici sia da animali monogastrici che da poligastrici (Brenes et al., 2016; Vasta e Luciano, 2011). Inoltre, dai dati ad oggi presenti in letteratura, si evince come la loro presenza moduli il metabolismo lipidico ruminale degli acidi grassi polinsaturi (PUFA), aumentando il contenuto dei PUFA ed in particolare di alcuni acidi grassi insaturi, intermedi del processo di bioidrogenazione (BH) (come l’acido vaccenico e l’acido rumenico), nella carne e nel latte (Frutos et al., 2020).

Un recente lavoro ha valutato l’effetto dell’impiego di polpe di bergamotto, nella dieta delle capre, sul profilo acidico delle carni dei capretti allattati (Scerra et al., 2021).

In diverse aree del Mediterraneo la carne ovicaprina è data principalmente da agnelli e capretti da latte, allevati esclusivamente con latte materno e macellati tra i 30 ed i 45 giorni di età (Valvo et al., 2005; Bañon et al., 2006). Infatti, oltre che in Italia, anche in altri paesi mediterranei, come la Turchia, i capretti vengono spesso macellati in tenera età e commercializzati come capretti da latte (Ekiz et al., 2010).

I giovani capretti che ricevono esclusivamente latte materno dalla nascita, da un punto di vista funzionale, possono essere considerati come dei monogastrici. Infatti, la digestione del latte avviene nell’abomaso e gli acidi grassi insaturi provenienti dalla dieta non vengono modificati attraverso i processi bioidrogenativi portati avanti dai microrganismi ruminali. Pertanto, in tale condizione, la composizione in acidi grassi della carne dei capretti è fortemente influenzata dal profilo acidico del latte delle madri (Zygoyiannis et al., 1992).

Nel lavoro condotto da Scerra et al. (2021) osserviamo come l’integrazione delle polpe di bergamotto ha portato ad un aumento dei livelli di acido rumenico, uno dei principali isomeri dell’acido linoleico coniugato (meglio conosciuto come CLA), nel latte e di conseguenza nelle carni dei capretti allattati. Con il termine acido linoleico coniugato ci si riferisce ad un gruppo di isomeri geometrici e posizionali dell’acido linoleico che caratterizzano il latte e la carne dei ruminanti in quanto le loro origini sono strettamente connesse con i fenomeni di bioidrogenazione che avvengono nel rumine a carico degli acidi grassi insaturi introdotti attraverso la dieta. Dopo l’idrolisi dei lipidi nel rumine, molti acidi grassi insaturi vengono bioidrogenati in acido stearico (Bessa et al., 2007). L’acido rumenico ha origine nel rumine a seguito della saturazione incompleta dei PUFA alimentari. Inoltre, questo acido grasso si forma anche dalla conversione dell’acido vaccenico, anch’esso originato nel rumine durante le bioidrogenazioni dei PUFA, per azione dell’enzima Δ9-desaturasi presente nei tessuti degli animali (Griinari et al., 2000). Da anni l’interesse della comunità scientifica nei confronti di queste sostanze è legato alle evidenze sperimentali che dimostrano un’interessante attività biologica di alcuni degli isomeri del CLA come fattori di prevenzione rispetto ad alcune importanti patologie dell’uomo come il cancro, il diabete, l’obesità e l’aterosclerosi. In considerazione di quanto sopra riportato, la deposizione di alcuni acidi grassi nel latte dei ruminanti dipende non solo dall’assunzione dei diversi acidi grassi ma anche dall’entità dei processi bioidrogenativi nel rumine sui PUFA ingeriti. Gli autori (Scerra et al., 2021) hanno ipotizzato che l’aumento dei livelli di acido rumenico sia correlato alla riduzione dell’attività bioidrogenativa ruminale a seguito dell’inclusione di polpe di bergamotto nella dieta. Livelli elevati di PUFA possono disturbare il metabolismo dei batteri del rumine e in questa prova sperimentale gli animali la cui dieta è stata integrata con polpe di bergamotto hanno ingerito maggiori quantità di acido α-linolenico. Inoltre, hanno osservato come l’inclusione della polpa di bergamotto nella dieta ha aumentato l’ingestione di composti fenolici, composti che potrebbero modulare il metabolismo lipidico ruminale dei PUFA, aumentando il contenuto di quest’ultimi ed in particolare di alcuni acidi grassi insaturi intermedi del processo di bioidrogenazione.

In questo studio è stato osservato anche un aumento dei PUFA n-3 nelle carni in seguito all’integrazione nella dieta di polpe di bergamotto, risultato strettamente correlato ai livelli di ingestione dell’acido α-linolenico, che, come riportato sopra, sono stati superiori negli animali che ricevevano l’integrazione di polpe di bergamotto.

 

La presente nota è una sintesi del seguente articolo scientifico pubblicato da Small Ruminant Research dove è riportata tutta la letteratura citata: Scerra M., Foti F., Caparra P., Lanza M., Natalello A., Cilione C., Rao C., D’Agui’ G., Chies L. 2021. The effect of fresh bergamot pulp on fatty acid composition of suckling kids. Small Ruminant Research, 203, article 106483, doi.org/10.1016/j.smallrumres.2021.106483.

Autori

Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Antonio Gallo, Antonio Natalello, Sara Pegolo, Manuel Scerra – Gruppo Editoriale ASPA.