A Trecasali, in provincia di Parma, sorge l’azienda agricola “Cesari Primo e Lavezzini Emma” dove da tre generazioni si porta avanti l’allevamento di bovine di razza Frisona Italiana in purezza, il cui latte viene destinato alla produzione di Parmigiano Reggiano DOP. Questa specialità, come molti sanno, risponde ad un disciplinare estremamente rigoroso, soprattutto per quel che riguarda l’alimentazione degli animali, prevedendo di somministrare un rapporto foraggi/concentrati paritario (50:50) e vietando l’utilizza di diversi prodotti. Oltre alla quantità di foraggi in razione, viene anche stabilito che almeno il 50% della sostanza secca di essi debba essere prodotta sui terreni aziendali ubicati all’interno del territorio di produzione del formaggio Parmigiano Reggiano, e che almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi sia prodotta all’interno del territorio di produzione del formaggio Parmigiano Reggiano. L’azienda Cesari riesce ad essere interamente autonoma negli apporti di sostanza secca derivante dai foraggi, producendo fieni di medica e frumento foraggero sui suoi appezzamenti, di elevata qualità. L’alimentazione imposta dal disciplinare comporta infatti una grande attenzione al valore nutritivo degli alimenti somministrati, e per questo le operazioni di essiccamento in campo vengono fatte in maniera molto meticolosa, per evitare di perdere parti preziose della pianta come le foglie. I parametri quali-quantitativi del latte e gestionali, che apprendo consultando un pò di report relativi all’azienda, sono veramente interessanti, come si evince dalla tabella di seguito:

Leggendo i dati chiedo a Marco, nipote del signor Primo, fondatore dell’azienda, quale sia la strategia che hanno messo in atto per arrivare ad ottenere certi risultati. E così mi inizia a raccontare un po’ la storia della loro realtà, nata sotto la guida del nonno nel 1988 con una stalla di tipo tradizionale e le vacche legate, per poi passare a strutture con box collettivi su lettiera e, nel 2005, alle cuccette per il gruppo in lattazione sotto la gestione dei nipoti (Marco e Michele) e con il prezioso supporto del loro papà, Pietro, buiatra che da anni esercita non solo qui ma nel settore bovino in generale.

Lungo questo cammino c’è stato un filo conduttore che non è mai venuto meno, ovvero la volontà di investire nella selezione genetica, puntando principalmente sulla produzione, sui titoli, sulle cellule somatiche e sulla fertilità. Considerando infatti il basso apporto energetico derivante dalla razione, Marco sottolinea quanto sia importante puntare su aspetti fondamentali come la genetica, supportandola con il giusto ambiente e management. Scendiamo a questo punto un po’ più nei dettagli dell’organizzazione in modo da poter inquadrare meglio questa realtà. Dunque, l’azienda ha una media di 80 bovine in mungitura, effettua i controlli funzionali e si avvale di programmi informatici come, ad esempio, quello per la rilevazione dei calori che si basa sia sull’attività motoria che su quella ruminale. Il programma rileva entrambe le attività e ne fa una media delle ultime 48 ore, segnalando il presunto calore e la fascia oraria in cui viene consigliata la fecondazione, poiché animali che si muovono molto e ruminano poco è plausibile che siano nel momento giusto per l’inseminazione. Un sistema molto utile per comprendere i comportamenti degli animali giovani e anche la presenza di eventuali dismetabolie, che insieme ad un altro strumento, ovvero i piani di accoppiamento mirati, permette di gestire la fertilità in modo estremamente accurato, tanto che la pratica della sincronizzazione degli estri, in alcune realtà usata come protocollo di routine, viene qui attuata solamente dopo 5 o 6 interventi, ossia in casi davvero eccezionali. Tutto ciò si traduce in un intervallo medio parto concepimento di 114 giorni, con un notevole tasso di concepimento al primo servizio, che si attesa al 57,1%, ed una mandria dall’elevato valore genetico se consideriamo che nel secondo semestre 2021 la media delle 74 vacche in lattazione si trovava nella fascia di rank 98 (ovvero nel miglior 2% della popolazione) con un pft pari a 2935 a fronte di quello della provincia di Parma che risulta 2524. Nonostante questi risultati, l’indirizzo intrapreso, come sopra ricordato, è quello di continuare ad investire nel miglioramento genetico, come si evince anche dalla stampa del “Profilo Genetico Allevamento” dove leggiamo che nel secondo semestre 2021 sono stati utilizzati come riproduttori tori di fascia di rank 96 con un pft pari a 4311, a fronte di una media della provincia di 4022. Marco ribadisce infatti che la selezione ha portato loro grandi risultati, e che, stando attenti agli aspetti più critici quali la consanguineità e la fertilità, hanno trovato anche un giusto equilibrio nell’individuare quelle linee che consentono di avere animali strutturalmente più adatti alla loro tipologia di stalla, ovvero né troppo grandi né troppo piccoli, e che si adattano bene alle cuccette e in sala mungitura.

A proposito di quest’ultimo tema, ci viene raccontata la grande attenzione che si dà, attraverso i controlli funzionali, alla qualità del latte di ogni singolo animale. Lo storico mungitore, il signor Ignazio, adotta una meticolosa routine e da circa quattro anni, al momento della messa in asciutta si attua un protocollo selettivo che prevede per gli animali con valori sotto i 200.000 csc/ml la diretta asciugatura, e, solamente per quelli che superano tale soglia, l’utilizzo dell’antibiotico. Confrontandoci sul tema della mungitura domando a Marco se abbiano mai valutato l’ipotesi di introdurre il robot, e mi viene risposto che il pensiero c’è stato ma che non teneva il confronto con una risorsa umana di così elevata professionalità, quale è il loro responsabile della mungitura. Devo dire che questa risposta mi ha davvero colpito, perché nel nostro settore il fattore umano è uno dei punti più critici se consideriamo quanta dedizione e quanta sensibilità ci vogliano per dedicarsi agli animali, e trovare personale che abbia voglia di affrontare un lavoro come quello nelle stalle con una certa etica professionale non è affatto semplice, e tutti lo sappiamo. Tornando agli aspetti gestionali ci soffermiamo poi sulla vitellaia, da poco tempo ammodernata predisponendo degli igloo individuali per i primi due mesi di vita sotto delle tettoie che riparano dagli agenti atmosferici. Le strutture sono molto numerose e consentono di applicare la quarantena a rotazione, il colostro viene somministrato tempestivamente e controllato dal punto di vista qualitativo attraverso un rifrattometro (vedi anche il nostro articolo “Come valutare la qualità del colostro per i vitelli?”) se risulta avere un valore al di sopra di 25 viene utilizzato, altrimenti si ricorre alla banca del colostro aziendale.

Tutti questi accorgimenti hanno permesso pressoché di azzerare le forme respiratorie! Dai due mesi fino al parto gli animali sono poi allevati in gruppi, omogenei per età, in box su lettiera permanente, stando attenti a dare i giusti spazi e il giusto clima con l’ausilio di destratificatori, nonchè a tenere un elevato grado di pulizia.

Due volte l’anno gli animali in produzione, in particolare a metà lattazione e prima dell’asciutta, vengono sottoposti ad operazioni di mascalcia, attraverso il pareggio funzionale, altro aspetto fondamentale nel processo produttivo del latte, poiché se l’animale non deambula bene, non si corica bene, non va volentieri alla mangiatoia e non va a farsi mungere con effetti conseguenti sia sulla sfera produttiva che riproduttiva. Rivolgendo uno sguardo al futuro chiedo a questo punto quali siano gli obiettivi aziendali a medio-lungo termine, e Marco mi parla sicuramente di una sala mungitura computerizzata, in considerazione della grande raccolta di dati, e quindi di informazioni, che essa può fornire, e poi dell’aumento del numero di bovine in lattazione.