Fertilizzazione sostenibile: NUE (Nutrient Use Efficiency)
Dopo aver affrontato e argomentato nell’articolo “Il recupero di nutrienti con l’ausilio di tecnologie biomimetiche: farmer empowerment- Parte I” il tema dell’abbattimento dell’ammonio da digestati e reflui zootecnici con recupero di fertilizzante di pregio, ci spostiamo alla scoperta di metodi di fertilizzazione sostenibile, e, più precisamente, nel Nutrient Use Efficiency (NUE).
La problematica della circolarizzazione dei processi produttivi agro-zootecnici e del recupero dei nutrienti da flussi di scarto si interseca fortemente con la gestione della fertilità dei suoli, visto che il comparto di destinazione dei nutrienti recuperati è appunto il suolo agricolo.
Una tematica di grande attualità che sta emergendo prepotentemente nella letteratura scientifica è quella della fertilizzazione sostenibile nel quadro della gestione ottimale della fertilità dei suoli.
La fertilizzazione accompagna sin dagli albori l’attività dell’”Homo agriculus” il quale ha da sempre cercato modalità e strumenti per mantenere il suolo fertile cominciando dalla fertilizzazione con letame che allora come oggi, nell’agricoltura biologica, rappresenta un caposaldo storico nell’assicurare all’agricoltore rese soddisfacenti.
Una fertilizzazione innovativa fortemente orientata alla sostenibilità ambientale non può prescindere da alcuni punti fermi che in questa sede elenchiamo sinteticamente, facendo riferimento al fondamentale testo “Fertilizzazione Sostenibile” ed. Edagricole 2016 a cura di C.Grignani (v. Fig. 1):
Fig. 1 – Caposaldi della Fertilizzazione Sostenibile
- NUE (Nutrient Use Efficiency): Con questa sigla, che coincide con Nitrogen Use Efficiency, di cui parleremo più avanti, si intende una pratica di fertilizzazione maggiormente mirata alle reali necessità dell’ecosistema suolo-pianta (rizosfera). Essa si basa sull’uso di prodotti fertilizzanti in grado di soddisfare le esigenze nutrizionali relazionate alle caratteristiche dei suoli, ai reali asporti di nutrienti, alle fasi fenologiche delle piante, rigettando i modelli, un po’ obsoleti e semplicisticamente aritmetici, che prevedono l’adozione di schemi di fertilizzazione “a ricetta” con quantità fisse di apporto con dosaggi fissi, riproposti ogni anno sempre uguali. Questo approccio meccanicista comporta il serio rischio di causare dei surplus di nutrienti nel suolo (come per il P) e sbilanciamenti agronomici con conseguenze ambientali estremamente negative. In un’ottica moderna all’insegna della NUE, la fertilizzazione deve invece essere dinamica e modulata nel tempo.
- Restituzione stimolante: La fertilizzazione non deve essere vista come una mera somministrazione di nutrienti regolata dal bilancio di massa ma come una pratica di stimolazione delle funzioni biologiche della pianta (ad esempio in funzione della prevenzione dei rischi fitopatologici).
- Valorizzazione (“upgrading”) delle materie prime secondarie e dei rifiuti organici con il conseguimento di risparmi sia nell’utilizzo dei fertilizzanti chimici di sintesi che attraverso la riduzione delle somministrazioni, anche facendo ricorso ai fertilizzanti a lento rilascio come la SCU (Sulphur Coated Urea) o a rilascio controllato come la struvite (fosfato ammonio magnesiaco), indicata talvolta con l’acronimo MAP (Magnesium Ammonium Phosphate) o altri concimi ricoperti da resine e polimeri (per esempio resine alchiliche e poliuretaniche). In questi ultimi, il rilascio controllato dell’azoto, ad esempio, dipende dall’ingresso dell’acqua all’interno della membrana ricoprente i granuli grazie alla presenza di microscopici fori presenti sulla superficie che determinano un forte aumento della pressione osmotica interna.
- Riduzione dell’impatto ambientale con l’adozione di pratiche di Circular Economy mediate dall’utilizzo di fertilizzanti organici di recupero a lento rilascio (come la struvite organica) che permetterebbero, ad esempio, di ridurre la lisciviazione e la volatilizzazione dell’azoto in surplus (rispettivamente come nitrato e ammoniaca) e l’accumulo di metalli pesanti sul suolo (es. il Cadmio).
- Accentuazione degli aspetti che riguardano l’influenza della fertilizzazione sulla qualità delle colture (Crop quality) in riferimento, ad esempio a:
-
- La qualità organolettica dei prodotti freschi. Una stessa cultivar di melo o pomodoro può risultare più o meno gradevole per sapore e consistenza in funzione della fertilizzazione messa in atto;
- la qualità tecnologica. Ad esempio la fertilizzazione può influenzare il contenuto proteico di un grano duro e migliorarne la trasformazione in pasta di qualità o, viceversa, può ridurre il contenuto proteico di un orzo da malteria per garantire la qualità di un certo tipo di birra;
- la qualità nutrizionale (es: regolazione della presenza dei nitrati negli ortaggi a foglia e nelle colture foraggiere);
- green labelling. L’origine dei fertilizzanti diventa fondamentale per la possibilità rendere percepiti e “raccontati” come naturali determinati prodotti agricoli. È una componente, questa, che attiene alla psicologia del consumatore, talvolta irrazionale, ma che non esime il sistema produttivo dal raccoglierla e giocarla a proprio favore
In ultima analisi, si può certamente affermare che la fertilizzazione è uno strumento fondamentale a disposizione dell’azienda agraria per determinare e controllare la qualità globale delle proprie produzioni con la concreta possibilità di aumentare ed implementare al meglio, internalizzandolo, il controllo della filiera e il valore aggiunto che da esso può derivare.
La natura non ha fretta eppure tutto si realizza-Lao Tzu
Autori
Dott. Luca Poletti, Ing. Alessandro Toccaceli, Dott. Agr. Roberto Poletti.
Sereco Biotest Studi e Ricerche Ambientali, Via Balbo 7, Perugia.
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