Sapore e aroma delle carni
Indubbia è l’importanza degli aromi degli alimenti e tra questi, le carni bovine hanno un sapore e aroma inimitabili.
Il sapore e l’aroma della carne bovina sono il risultato della combinazione di sapori di base (dolce, acido, amaro, salato e umami), derivati da composti idrosolubili, e degli aromi che derivano da una miriade di sostanze presenti nella carne fresca e derivate dai processi e dalle varie reazioni che si svolgono durante la frollatura ed i diversi sistemi di cottura. I composti idrosolubili in bocca si sciolgono nella saliva, raggiungono e si legano alle papille gustative con una stimolazione che tramite i nervi arriva al cervello. I composti volatili che costituiscono odore e aromi stimolano i recettori presenti nel bulbo olfattivo della cavità nasale già prima che il cibo sia mangiato, e quando è masticato stimola gli stessi recettori per via retronasale determinando risposte che sono inviate al cervello. Il rilascio di sapori, odori e aromi durante la masticazione dipende anche dalla composizione (rapporto grasso – magro), consistenza e calore della carne. Nella carne il sapore dolce deriva dagli zuccheri, taluni amminoacidi e acidi organici, i sapori acidi provengono da aminoacidi accoppiati con acidi organici, i sapori salati dal glutammato di sodio e dall’aspartato, mentre il sapore amaro è probabilmente dovuto a ipoxantina, anserina e carnosina, nonché ad alcuni amminoacidi. Una vasta gamma di sostanze volatili aromatiche è presente nella carne bovina e tra queste vi sono acidi, alcoli, aldeidi, composti aromatici, esteri, eteri, furani, idrocarburi, chetoni, lattoni, pirazine, piridi, pirroli, solfuri, tiazoli, tiofeni. Il gusto comune a tutte le carni rosse è in gran parte associato alla parte magra. Sono stati identificati più di sessanta composti presenti soprattutto nella frazione volatile e per lo più contenenti zolfo o carbonile, ma di primaria importanza sono anche i composti idrosolubili. Il sapore specie-specifico sembra derivare da differenze quantitative degli stessi composti (3,5-dimetil-1,2,4,tritiolano, 2,4,6trimetilperidro-1,3,5-ditiazina, mercaptotiofeni o mercaptofurani) e tradizionalmente è associato alla porzione lipidica, perché più di 650 molecole volatili liposolubili vengono rilasciate durante la cottura della carne bovina.
Sapore e aromi delle carni bovine
Il sapore della carne bovina deriva da una miriade di composti presenti in proporzioni variabili che sono influenzati dai composti precursori disponibili (acidi grassi, proteine ecc.). Per questo l’aroma dipende dalla razza dei bovini, dall’alimentazione, dallo stato d’ingrassamento, dal tipo di allevamento e dalle pratiche di macellazione, dai cambiamenti post-mortem (frollatura), dal muscolo, dall’aggiunta di ingredienti (miglioramento, marinatura), dalle condizioni di conservazione delle carcasse e delle carni (tempo, temperatura, atmosfera), dai successivi trattamenti termici di cottura e dal mantenimento della carne cotta. Lo sviluppo del sapore “deciso” della carne bovina può essere accompagnato dalla comparsa di una varietà di sapori indesiderati, come quello di rancido, e di conseguenza il sapore e l’aroma delle carni bovine richiede la conoscenza ed il controllo di un gran numero di condizioni.
Sapore, aroma e cottura delle carni bovine
Il sapore e gli aromi delle carni bovine che si sviluppano con il calore dei diversi metodi di cottura (arrostitura, bollitura, frittura ecc.) dipendono anche dalle quantità e dalle proporzioni dei composti precursori presenti nel muscolo, che è composto da acqua, proteine, lipidi, carboidrati, minerali e vitamine. Le proteine, i lipidi ed i carboidrati quando sono riscaldati hanno una grande importanza attraverso la formazione dei composti idrosolubili e volatili che si producono durante la cottura, conferendo caratteristiche di sapidità e di aromi che da un punto di vista sensoriale sono descritti con otto indicazioni: burroso, caramello, bruciato, verde, fragrante, oleoso/grasso, nocciola e carnoso. Ognuno di questi aromi è anche riferito a una o più molecole; per esempio, il gusto di carne o carnoso è dovuto al 2-metil-3-[metil]-furano, 3-metilciclopentanone.
Diverse molecole sono ritenute essere specifiche dell’aroma della carne di manzo cotta, come il bis-[2-metil-3-furil]-disolfuro, il methional, il 4-etil-1-metilacesano, il 1,1,3-trimetilacetano, l’alfa-pinene, il 4-etile-1,2-dimetilbenzene ed il 3,6-dimetilundecano. Il tipo di cottura influenza lo sviluppo della Reazione di Maillard, la formazione di furfurolo e furanoni, idrossichetoni e composti dicarbonilici. La degradazione degli amminoacidi contenenti zolfo (cisteina e/o o metionina), che reagiscono con ammine e amminoacidi, produce composti che contribuiscono al sapore ed alla formazione degli aromi della carne cotta di manzo. Importante è il livello della temperatura di cottura per la complessa biochimica del sapore e dell’aroma delle carni bovine, non dimenticando che ai tradizionali metodi di cottura della bollitura (circa 100 C°) dell’arrostitura e frittura (oltre 165°) oggi si sono aggiunte le cotture a bassa temperatura (65 C°).
Cotture con temperature a livello inferiore (<165 C°) o più elevate (>180 C°) portano a differenze nella concentrazione di diverse molecole. Con la cottura, le pirazine, che si formano per lo più sulla superficie della carne, danno aromi di nocciola, cracker o peperone, mentre i tiazoli danno note verdi o fruttate. In generale, aumentando il grado di riscaldamento, maggiore è la concentrazione di aldeidi alifatiche, benzenoidi, polisolfuri, composti eterociclici e sostanze volatili derivate dai lipidi, mentre la cottura sembra ridurre il glutammato responsabile del gusto umami.
Analisi sensoriale della carne bovina
La grande complessità dei sapori e degli aromi delle carni bovine fresche, frollate e cotte rende indispensabile una loro valutazione sensoriale in relazione a fattori relativi alla loro produzione (razza, sesso, tipo d’allevamento e d’alimentazione, età di macellazione, durata della frollatura ecc.). Per la carne cruda si valuta il gradimento per l’acquisto e per la carne cotta, il gradimento al momento del consumo, non dimenticando i gusti dei consumatori.
Per la carne cruda sono importanti il colore, ritenuto indice di tenerezza o di freschezza della carne, e la tessitura più o meno fina o grossolana e dipendente dalle dimensioni delle fibre e dei fasci muscolari, indirettamente un indicatore della tenerezza, variando con il tipo genetico, l’età dell’animale o con il muscolo di provenienza.
La carne cotta è cucinata con varie tecniche (forno elettrico, forno a microonde, piastra elettrica), con una temperatura di cottura tra i 165 ed i 200 °C, ma sempre raggiungendo una temperatura interna di 70 °C. La valutazione sensoriale riguarda sette parametri: colore, tessitura, compattezza, tenerezza, succosità, flavour (aroma) e masticabilità. Sulla base delle analisi sensoriali, il sapore delle carne bovina è soprattutto di salato e umami, con vaghe note dolci, agre e amarognole se la carne è al sangue e ricorda il lievito, con una leggera nota metallica alla fine, e ha solo un poco del carattere selvatico delle carni di agnello o maiale. Molte sono però le variabili, che dipendono dalle varietà dell’animale, da come è stato allevato, dal taglio e dal metodo di cottura. Inoltre, la carne di un bovino allevato al pascolo ha un sapore più intenso di quello alimentato con cereali.
Imitazioni delle carni bovine
Molto complessa è la costituzione degli alimenti, e se siamo certi che non è possibile produrre in casa i più diversi liquori o un vino sintetico con le stesse caratteristiche dei prodotti naturali originari lo stesso avviene per le imitazioni vegetali della carne, iniziando dal loro aspetto, consistenza, profumo e aroma. Gli hamburger vegani possono essere simili alla carne solo per alcuni aspetti capaci di condizionare anche la valutazione del gusto e dell’aroma. Inoltre, l’apporto di nutrienti degli hamburger vegani è diverso da quelli di carne perché sono formati da proteine che hanno un differente valore biologico determinato dalla quantità, qualità e reciproco rapporto degli amminoacidi essenziali, senza dimenticare che la biodisponibilità del ferro contenuto nella carne è nettamente superiore a quella dei vegetali.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.