Secondo l’Anagrafe Nazionale Zootecnica, nel 2020 gli allevamenti di ovini e caprini erano in totale 138.211 ed ospitavano 1.058.431 caprini (in 52.331 allevamenti) e 6.525.161 ovini (in 85.880 allevamenti). Per entrambe le specie, l’orientamento principale è la carne (40,89% degli allevamenti caprini, 35,66% degli allevamenti ovini), seguito da una produzione per autoconsumo nei caprini (26,24%) e da un orientamento misto (25,47%) negli allevamenti ovini. Il 34,20% degli allevamenti di ovi-caprini è di tipo intensivo/stabulato, con delle differenze tra le due specie: il 43,70% delle capre è allevato intensivamente contro il 28,40% delle pecore. Ne consegue una percentuale consistente di pecore allevate in sistemi all’aperto o estensivi (59,51%). A questa tipologia di allevamento si aggiunge una piccola quota di sistemi transumanti (meno del 3% in totale per entrambe le specie).

Questa breve introduzione ci serve per ricordare come l’allevamento estensivo degli ovi-caprini in Italia non sia una realtà marginale, ma sia anzi, in alcune zone, l’unica modalità di allevamento possibile, che sfrutta la capacità di adattamento degli animali, permette il recupero di aree marginali e garantisce un sostegno al reddito nelle zone più svantaggiate. L’allevamento estensivo incontra anche il parere positivo dell’opinione pubblica, che associa l’animale tenuto allo stato brado con l’idea di una condizione di vita naturale, in cui il benessere è garantito dalla possibilità di movimento e di interazione con i conspecifici e dalla libertà di esprimere comportamenti specie-specifici.

Probabilmente per queste stesse ragioni, e anche perché i problemi di benessere negli allevamenti intensivi sono spesso più gravi, lo studio del benessere di ovini e caprini negli allevamenti estensivi è stato fino ad oggi oggetto di scarsa attenzione. A livello mondiale, esistono più studi sul benessere della pecora rispetto alla capra, perché gli ovini sono largamente allevati in modo estensivo in Paesi come Regno Unito, Nuova Zelanda e Australia, mentre la maggior parte delle capre allevate estensivamente si trova in Paesi in via di sviluppo (India, Nord Africa). Quindi, oltre alla generale scarsità di studi sul benessere dei piccoli ruminanti in allevamenti all’aperto, le informazioni sono ancora più carenti per le capre.

La valutazione del benessere negli allevamenti estensivi

È indubbio che l’allevamento estensivo offra agli animali dei benefici, ma non è esente da problematiche che, seppur diverse da quelle dell’allevamento intensivo, devono essere considerate (Tab. 1).

Tabella 1. Vantaggi e svantaggi dell’allevamento estensivo per gli ovi-caprini.

VANTAGGI SVANTAGGI
Possibilità di movimentoStress termici
Espressione dei comportamenti specie-specificiSquilibri nutrizionali
Interazioni socialiSete eccessiva e disidratazione
Possibilità di scelta (es. cosa mangiare, dove dormire)Parassitosi
Aria fresca e soleStress sociale e interazioni con altri greggi
Tempo dedicato all'alimentazioneInterazioni con animali selvatici
Tempo di ruminazione/riposoPredazione
Tempo dedicato al riposoAvvelenamento (da piante, sostanze tossiche)

Per valutare il benessere degli animali si utilizzano delle misure, normalmente chiamate “indicatori” (Fig. 1). Nel 2012, l’EFSA ha chiaramente stabilito che gli unici indicatori in grado di valutare il benessere degli animali sono quelli diretti, ovvero raccolti a partire dall’animale stesso (comportamenti, problemi sanitari, cellule somatiche, …), mentre quelli indiretti (le strutture, la gestione) possono essere considerati dei fattori di rischio (o anche di beneficio, se pensiamo ad esempio all’accesso al pascolo). Utilizzare gli indicatori diretti (animal-based) è un po’ più complesso rispetto a contare il numero di poste o calcolare le dimensioni di un recinto, ma ci assicura di valutare il benessere degli animali, che risulta dalla loro capacità di adattamento all’ambiente in cui si trovano; e un buon adattamento, soprattutto nell’allevamento estensivo, quando gli animali possono essere esposti a eventi estremi (caldo, freddo, scarsità alimentare, solo per citarne alcuni) è quello che più conta.

Figura 1. La valutazione del benessere animale: indicatori diretti e indiretti.

Una recente review, pubblicata sulla rivista scientifica Animals, ha catalogato gli indicatori validi che potrebbero essere utilizzati per la valutazione del benessere dei ruminanti negli allevamenti estensivi. Da questo lavoro è emerso che, mentre per i bovini sono attualmente disponibili almeno 33 indicatori, per i piccoli ruminanti sono presenti solo 20 indicatori, di cui solo 2 per le capre. È bene ricordare però che la ricerca in questo ambito è in continuo sviluppo e, nonostante questa review sia stata pubblicata nel 2020, diversi studi sono già stati pubblicati successivamente, per cui le prospettive future per la valutazione del benessere dei piccoli ruminanti in allevamenti estensivi sono promettenti. Da questa review emerge anche la necessità di rendere più agevole la raccolta degli indicatori, che in allevamenti all’aperto può essere molto faticosa. A partire dal 2015 si nota, infatti, un aumento degli studi in cui sono stati utilizzati dei sensori per raccogliere le informazioni anche a distanza (Fig. 2). La valutazione del benessere in allevamenti estensivi potrebbe quindi rappresentare un ottimo ambito in cui sfruttare le potenzialità e le tecnologie della precision livestock farming.

Figura 2. Articoli pubblicati relativi alla valutazione del benessere dei ruminanti in allevamenti estensivi a partire dal 2000 e proporzione degli studi condotti con o senza l’uso di sensori, solo a partire dal 2015.

Alcuni punti critici

Tra i vari eventi e situazioni avverse che possono compromettere il benessere degli animali allevati estensivamente, uno dei più critici riguarda l’accesso all’acqua ed alle zone di riparo (dal sole, ma anche dalle basse temperature, dalla pioggia, dal vento o da altri fattori meteorologici avversi). La questione della disponibilità d’acqua è spesso sottovalutata: questo è confermato dall’assenza di indicatori che valutino gli effetti della disidratazione negli ovi-caprini, anche se ne esistono per altre specie, tra cui i bovini. Uno studio condotto nella provincia di Grosseto su 190 allevamenti di pecore da latte ha registrato dati preoccupanti, come ad esempio l’inadeguatezza dell’accesso a fonti idriche nell’85% delle aziende sotto i 200 capi. Una situazione leggermente migliore è stata riscontrata nelle aziende di consistenza medio-grande (400-600 capi), in cui comunque il 55% delle aziende non aveva accesso all’acqua. Questa situazione era inoltre aggravata dall’assenza di adeguati ripari dal sole, che è stata riscontrata nel 75% delle aziende medio-grandi e nel 60% delle aziende di piccole dimensioni. Questi risultati però possono mutare da un anno con l’altro: per ragioni economiche, infatti, gli allevatori uniscono le greggi per aiutarsi nella gestione ed a quel punto l’accesso ai ripari può diminuire drasticamente, se più allevamenti vengono fatti pascolare nella stessa zona.

In ultimo, è bene ricordare l’elevato rischio di predazione a cui sono soggetti gli animali allevati estensivamente. La compromissione del benessere è evidente certamente per gli animali feriti o uccisi, ma sarebbe importante includere degli indicatori che valutino anche l’effetto dello stress e della paura da parte degli animali del gregge usciti indenni da un attacco.

“Il contenuto di questo articolo si riferisce alla relazione presentata nel corso del webinar “Aggiornamenti sul benessere negli ovini e nei caprini”, organizzato dalla Società Italiana di Patologia e di Allevamento degli Ovini e dei Caprini (SIPAOC). La registrazione integrale del webinar è disponibile sul sito della SIPAOC (www.sipaoc.it)”.

Autori:

  • Monica Battini, Ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia dell’Università degli Studi di Milano (monica.battini@unimi.it).
  • Manuela Renna, Ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università degli Studi di Torino (manuela.renna@unito.it).
  • Luca Battaglini, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino (luca.battaglini@unito.it).
  • Marcello Mele, Professore Ordinario e Direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università degli Studi di Pisa (marcello.mele@unipi.it).
  • Silvana Mattiello, Professore Associato presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia dell’Università degli Studi di Milano – DISAA (silvana.mattiello@unimi.it).