Mentre in molte popolazioni dei paesi in via di sviluppo l’allevamento della capra rappresenta una preziosa risorsa per il sostentamento economico del nucleo familiare, nei paesi ad alto reddito e tecnologicamente avanzati il latte di capra e i suoi prodotti si stanno guadagnando un’importante nicchia nell’industria lattiero-casearia in quanto particolarmente apprezzati per le loro proprietà salutari e per il loro peculiare gusto.
Questa aumentata richiesta di prodotti lattiero-caseari caprini ha spinto l’industria, insieme alle aziende agricole, a rinnovarsi e a sviluppare la loro capacità produttiva. La spinta verso legittimi maggiori guadagni non deve però andare a discapito della qualità dei prodotti e della salute di questi preziosi piccoli ruminanti. A tal fine sono necessarie continue ricerche e continui monitoraggi della qualità dei prodotti e della salute delle capre.
In un precedente articolo di questa rivista, “Capre da latte: andamento della produzione, struttura aziendale ed economia attuali”, è stata fatta un’accurata panoramica della situazione attuale del settore dell’allevamento caprino nel mondo, con particolare attenzione ai paesi dell’area Mediterranea: Francia, Grecia, Italia e Spagna (FGIS). Infatti, grazie all’alta specializzazione dei FGIS, l’Europa produce il 16,6% del latte di capra mondiale con solo il 4,3% della popolazione di caprini.
Nello scenario italiano, fonti Istat (2018) riportano che il 46% del patrimonio caprino nazionale viene allevato in Sardegna, producendo il 52% del latte caprino italiano destinato alla caseificazione. In Sardegna, nel 2019, i caprini da latte registrati erano 281.569 capi, contro i 3.019.108 ovini e 48.944 bovini. Nell’isola vengono allevati caprini appartenenti in prevalenza a popolazioni locali sulle quali sono stati nel tempo effettuati incroci con razze del bacino Mediterraneo, in particolare con la razza Maltese. Le razze maggiormente rappresentate in Sardegna sono la Sarda (una delle più numerose e più importanti razze del Mediterraneo), la Sarda Primitiva, la Maltese, la Saanen, la Murciana Granadina e il numeroso gruppo di meticce.
Tradizionalmente, l’allevamento delle capre in Sardegna è stato da sempre relegato nelle zone più difficili del territorio, con un sistema allo stato brado o semi-brado con l’utilizzazione diretta dell’erba dei pascoli naturali e soprattutto dei prodotti della macchia mediterranea. A metà degli anni ‘80 in Sardegna è stata introdotta la razza Saanen, soprattutto, se non in esclusiva, nelle zone di pianura, in aziende dotate di irrigazione e strutture adeguate all’allevamento in stalla. La Saanen è una razza originaria della Svizzera, ad elevate produzioni di latte, che si adatta molto bene ai sistemi di allevamento intensivi e semi-intensivi ed è considerata la Holstein delle razze caprine. Rispetto alla Saanen, la razza Sarda ha una resa di latte inferiore, ma il latte è più ricco di macro-costituenti e presenta caratteristiche qualitative e tecnologiche superiori.
In un recente lavoro sono state studiate e comparate le fluttuazioni stagionali delle macrocomponenti del latte di capra prodotto in Sardegna da animali di razza Sarda (e meticce) e Saanen. Sono stati analizzati più di 7000 campioni (50% Sarda e 50% Saanen) di latte massale proveniente da 174 stalle locate in 91 comuni sparsi in tutti il territorio dell’isola. I campioni raccolti erano destinati ad una importante azienda italiana specializzata nella produzione di derivati di latte di capra e di latte per il consumo diretto. I campioni sono stati raccolti (benché in diverse percentuali) lungo tutti e dodici i mesi dell’anno, indicando che il controllo dei parti è avvenuto sia per le Saanen che per la Sarda.
L’analisi dei dati ha indicato che il latte della razza Sarda era significativamente più ricco (p < 0,001) di proteine, grassi e lattosio, e aveva un contenuto di urea inferiore rispetto alla Saanen. Durante l’anno, le fluttuazioni del contenuto medio dei parametri del latte hanno avuto un andamento simile nei due gruppi di capre, con una diminuzione del contenuto di proteine e grasso nel periodo estivo. Questa diminuzione è stata più drastica nelle Saanen dove il contenuto di proteine e grasso dal periodo invernale a quello estivo è calato del 22% e del 28% rispettivamente, mentre nella Sarda la diminuzione è stata del 15% e 11%. Come conseguenza, soprattutto nel periodo estivo, per la Saanen si è registrato un notevole numero di campioni di latte con un’inversione dei titoli di grasso e proteina (grasso/proteina < 1). Fra le razze caprine, la Saanen è quella più soggetta all’inversione dei titoli, poiché ha un tenore lipidico inferiore rispetto ad altre razze. La diminuzione del grasso del latte, tipica dell’inversione, può comportare problemi di caseificazione dovuti alla diminuzione della resa casearia e del contenuto in grasso del formaggio, con conseguenti modificazioni nelle qualità reologica e sensoriale del prodotto. Diversi fattori possono contribuire a quest’inversione, non ultimo l’alimentazione, troppo energetica e povera di estratto etereo.
La diminuzione del contenuto di grasso e proteine nei mesi estivi ha sollevato il problema dell’influenza del caldo estivo sul benessere degli animali. L’esposizione dei ruminanti a temperature ambientali elevate stimola i recettori termici periferici a trasmettere impulsi nervosi soppressivi al centro dell’appetito nell’ipotalamo, provocando in tal modo una diminuzione dell’assunzione di cibo. La diminuzione dell’assunzione di cibo può essere un meccanismo adattivo per produrre meno calore corporeo. Tuttavia, mentre le concentrazioni di glucosio nel plasma non subiscono diminuzioni, l’assorbimento di glucosio da parte della ghiandola mammaria tende a diminuire, abbassando di conseguenza la sintesi di lattosio. In accordo, tra Agosto e Settembre si è osservata per entrambe le razze esaminate una drastica diminuzione del contenuto di lattosio. Conseguentemente, per mantenere un equilibrio osmotico tra sangue e latte, la diminuzione del lattosio ha provocato l’osservato aumento dell’NaCl. Nello stesso periodo si è osservato anche un aumento delle cellule somatiche (SCC). Mentre la normativa europea fissa un limite per SCC nel latte bovino (Regolamento CE, 2004), nessun limite è stato definito per il latte di capra; tuttavia, nei campioni di latte esaminati i contenuti medi di urea rientravano nell’intervallo indicato da altri ricercatori per capre non affette da mastite. Inoltre, e’ interessante come l’andamento del contenuto di urea e degli acidi grassi polinsaturi nei mesi fosse sovrapponibile a quello dei cicli di crescita del manto erboso ricco di proteine e acidi grassi polinsaturi. Infatti, la crescita dell’erba in Sardegna ha due picchi stagionali: un picco minore tra ottobre e dicembre dopo le prime piogge autunnali e un picco più importante (circa ¾ della resa totale dell’erba) tra Marzo e Giugno. Questo fenomeno ribadisce l’importanza del contenuto proteico della dieta nel determinare il contenuto di urea e indica che le Saanen allevate in Sardegna sono alimentate con foraggio fresco “cut and carry”.
In conclusione, si può dire che mentre entrambe le razze mettono in atto simili meccanismi per proteggersi dal caldo (vedi contenuto di lattosio, NaCl e SCC), nella Saanen il consistente calo del contenuto di grasso e proteine durante il periodo estivo con conseguente diminuzione della qualità del latte destinato alla caseificazione pone delle perplessità sull’allevamento di questa razza alpina nelle regioni calde del Mediterraneo, dove il paventato cambio climatico potrà determinare situazioni ancora più ostili. Si può quindi riflettere se anche da un punto di vista economico non sia il caso di puntare alla valorizzazione delle razze di capra locali, che nei secoli si sono adattate al nostro clima e che producono un latte più adatto alla trasformazione casearia, mantenendo così il legame identitario tra uomo, ambiente e territorio.
Chi volesse approfondire può trovare i dati qui citati nel lavoro open access https://doi.org/10.3390/dairy3030038
Autori
Prof. Paola Scano e Prof. Pierluigi Caboni, Università di Cagliari.
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