Ai margini del webinar dello scorso 22 aprile dal titolo Biosicurezza: il controllo di insetti e roditori in stallaa cura di Newpharm®, un’accesa curiosità è stata rivolta all’argomento, piuttosto spinoso, legato alle perdite economiche dovute alle mosche presenti negli allevamenti, piccoli o grandi che siano.

In questo nuovo episodio della Rubrica “Neutralizzale” vengono riportate le stime contenute in uno studio pubblicato nel 2012 nella rivista Journal of Medical Entomology, alle quali si aggiungono ulteriori dati sostenuti da successivi elaborati scientifici che considerano pure i patogeni veicolati dalle stesse mosche (batteri delle mastiti e responsabili delle forme gastroenteriche).

Le cifre che si riporteranno di seguito fanno riferimento a statistiche americane. Nonostante gli allevamenti italiani siano di gran lunga più contenuti in termini di dimensioni, le stime possono essere pure riviste a ribasso ma mancano dati robusti, sia recenti che geograficamente validi.

Suona particolarmente altisonante la cifra di un miliardo di dollari di perdite annue per la zootecnica US (calcolate per il solo Nord America) provocate dalla sola mosca pungente S. calcitrans (Linnaeus; 1758), conosciuta come “la piaga della sala di mungitura” (Taylor e Berkebile; 2006).

Al miliardo di perdite annue per i poveri allevatori nordamericani si sommano i costi dovuti all’azione nociva di altre specie cosmopolite di mosca, tra cui Musca domestica (Linnaeus, 1758), M. autumnalis (De Geer, 1776) e altre specie ematofaghe come Haematobia irritans (Linnaeus). Ma non è finita, poiché i ditteri brachiceri, quali sono le mosche, sono vettori di agenti patogeni (oltre 100) e non possono essere trascurati i mancati introiti dovuti a defezioni nella produzione e ai costi sanitari per la gestione di malattia dei soggetti afflitti. Un modello proposto da Rashid e collaboratori nel 2018, stima le perdite economiche considerando un notevole numero di parassiti potenzialmente veicolati dalle mosche, in un allevamento di vacche da latte. Ebbene, la produzione media giornaliera decresce in maniera significativa di 1,16 litri di latte/capo/giorno, coincidente con una riduzione percentuale complessiva dell’allevamento del 13%.

La filiera latte e le mosche pungenti

La mosca cavallina Stomoxys calcitrans (o Stable flies) è una delle specie più impattanti, economicamente parlando, nelle stalle da latte.

Attraverso il loro apparato boccale di tipo pungente-succhiante, questi insetti sfruttano la mungitura per sferrare i loro attacchi ai soggetti immobilizzati.

La reazione dell’animale alle dolorose punture non si fa certo attendere; tuttavia, calci e movimenti repentini coincidono spesso con traumi o ferite, oltre che con potenziali danni materiali alla sala di mungitura.

Le stime circa le perdite economiche negli Stati Uniti cominciarono negli anni ’30 quando certamente non si parlava di allevamento intensivo. L’aumento del numero di capi allevati ha influito negativamente, tanto che le proiezioni passarono da “appena” 10 milioni di dollari persi nel 1938 (Hyslop 1938), o meglio 152 se consideriamo l’inflazione al 2010, a oltre 2000 milioni di dollari potenziali se consideriamo le stime di Taylor e collaboratori (2012).

La tesi di Taylor si basa sull’assunto che un numero di mosche compreso tra 10 e 15 sugli arti anteriori delle vacche in lattazione si traduce in perdite tra i 2 e i 3 Kg di latte/giorno (2.5%). Inoltre, ogni ulteriore mosca comporta un aggravio di – 0.22 kg di latte/capo/giorno. Di conseguenza, le perdite annuali per singolo animale in lattazione risultano pari a circa 150 kg di latte in meno, che valorizzati economicamente coincidono a circa 50€! Una mosca costa quindi all’allevatore circa 5 centesimi di euro per ogni capo in lattazione al giorno e tale assunto può esserle applicato ovunque.

Anni prima Bruce e Decker (1947; 1958) dimostrarono perdite nella produzione di latte comprese tra il – 0.65 e – 0.70% considerando la singola mosca sul singolo animale in mungitura. Per contro, sostenevano quanto un congruo e sistematico piano di azione contro gli insetti nocivi in stalla comportasse un aumento della produzione tra il 10 e il 20%.

Per essere più pratici, ogni 100 litri di latte prodotto dall’animale mancherà quasi un litro all’appello. Tale litro è dovuto a una singola mosca. Me quante mosche si contano in un allevamento?

Le mastiti: forse dovremmo mirare alla fonte

Già nel 2006 V. Daprà, R. Piccinini e A. Zecconi stimarono che le mastiti rappresentano una voce di costo di 20 000 euro/anno per stalle di soli 100 capi in mungitura. Tali perdite possono essere fatali per un’azienda piccola con una gestione non efficace dei batteri mastidogeni, veicolati nella stalla dalle stesse mosche.

Viceversa, dati positivi arrivano dalle aziende che hanno sistematicamente attivo un piano di controllo degli infestanti in un’ottica di biosicurezza come opportunità imprescindibile. Contrastando le mosche, non solo il livello di biosicurezza in azienda si manterrà elevato, ma si ridurranno drasticamente i costi sanitari.

Filiera carne: i numeri non migliorano

Un interessante lavoro messicano del 2017 (Rodríguez-Vivas et al.,) riassume i danni provocati dalla mosca delle corna o “horn fly”, Haematobia irritans. La perdita di peso annua per singolo capo allevato dovuta ai fastidi di questa specie ematofaga supera i 3 kg per singolo soggetto allevato. Il peso perso è dovuto all’energia sprecata nel tentativo di dimenarsi e fuggire dalle punture.

Nei vitelli le perdite risultano ancor più accentuate, rischiando di superare gli 8 kg per singolo capo se si rimane impassibili; inoltre, dev’essere assolutamente preso in considerazione che mosche di questo tipo sono presenti dagli 8 ai 10 mesi all’anno (anche in Europa).

Le frequenze assolute sono state proposte da Alonso-Díaz e collaboratori (2017). Il risultato è stato da 70 a 120 mosche/animale (nei 5 mesi tra agosto e novembre) che in certe situazioni degenera a 230 mosche/animale.

Proviamo a riassumere.

Circa 15 Kg di peso vengono “volatilizzati” dalle mosche in soli 100 giorni di allevamento, con conseguente riduzione dell’indice di conversione e ritardi nell’accrescimento (Platte, 1998). Perdite funzionali e numero di mosche sono correlati intimamente.

Tecnica Attract & Kill contro le mosche pungenti in stalla

Questa tecnica di lotta alle mosche adulte prevede l’applicazione di un moschicida in precise porzioni della stalla ad elevata densità di insetti, in modo da stimolare gli stessi a poggiarsi sulle superfici trattate (azione insetticida per contaminazione tarsale) e ad ingurgitarne una dose letale (azione per ingestione). Le mosche vengono attratte verso le superfici trattate grazie agli attrattivi alimentari presenti nel moschicida. Newpharm realizza i piani di controllo delle mosche per le aziende zootecniche sfruttando l’unica sostanza attiva applicabile oggigiorno in presenza di animali senza troppe precauzioni e adatta agli scopi descritti. Si tratta dell’Azamethiphos (Azametifos), la molecola alla base del moschicida Alphi WG che garantisce azione letale immediata sia per contatto che per ingestione, nonché una prolungata azione residuale quando applicata a spot in punti strategici.

L’attrazione fatale nei confronti delle mosche è sì esercitata dagli attrattivi alimentari ma può essere ancor più pronunciata se l’applicazione dell’insetticida avviene su pannelli gialli appositi.

Ad ogni modo, siano pannelli gialli oppure le colonne zincate che sostengono la struttura, la natura non assorbente delle superfici consentirà di sfruttare al massimo la residualità della sostanza attiva, che nel caso dell’azamethiphos supera anche la mensilità. Quanto alla distribuzione del moschicida, essendo un granulo idrosolubile, si presta ad essere diluito in acqua in rapporto 1:1 circa (1kg – 1L) per pitture, viceversa, per applicazioni spray, in massimo 7-8 litri d’acqua per ottenere il massimo livello d’azione.

La tecnica Attract & Kill risulta oggi la più moderna e trasversale, riponendo inoltre un occhio di riguardo nei confronti dell’ambiente circostante. Va da sé che per sconfiggere le mosche pungenti è doveroso considerare tutte metodologie di difesa stabilite nel piano di controllo delle mosche realizzato dall’esperto della biosicurezza, ma certamente la metodologia proposta è probabilmente l’unica capace di investirle efficacemente.

 

Per maggiori informazioni clicca qui o contatta il Dott. Stefano Cherubin (scherubin@newpharm.it).