Anche se il negazionismo comunque e a prescindere è un fenomeno antropologico in crescita esponenziale, se non altro come visibilità sui media, è oggettivamente difficile confutare il fatto che le temperature medie, minime e massime stanno rapidamente cambiando in questi ultimi anni. Stessa considerazione può essere fatta per la piovosità, che ha assunto una modalità tropicale fatta di un’alternanza di lunghi periodi di siccità ed episodi estremi di precipitazioni a carattere distruttivo o comunque poco efficaci per le falde sotterranee, i corsi d’acqua e gli invasi sia naturali che artificiali.
Abbiamo capito che i politici, sempre distratti dalle imminenti e future campagne elettorali, o non vogliono o non sono in grado di prendere decisioni, necessariamente impopolari, di medio-lungo periodo, mascherando ciò con la non chiarezza (secondo loro) sul fatto che il pianeta si stia surriscaldando per cause antropiche o per cause naturali. Questo atteggiamento non è solo tipico del paese di Guelfi e dei Ghibellini, ovverosia dell’Italia, ma ha una diffusione mondiale. Il negazionismo, in questo caso climatico, piace alle multinazionali dei combustibili fossili e a chi cerca di cavalcare le ansie della gente per soddisfare il proprio personale tornaconto. Se si considera che le prime 8 multinazionali del petrolio hanno fatturato 1422,9 miliardi di dollari, il rischio di screditare, direttamente o indirettamente, chi sostiene che il surriscaldamento del pianeta sia causato dall’utilizzo dei combustibili fossili è molto elevato e concreto.
Adnkronos ha riportato la notizia che i promotori della “Petizione Italiana sul Clima” hanno sfidato quelli della petizione su Change.org che si chiama “Appello per il clima”, che ad oggi ha raccolto quasi 200.000 adesioni. I promotori di “Appello per il clima” ritengono che l’attuale situazione abbia cause umane mentre la “Petizione Italiana sul Clima” sostiene che sia di origine naturale, per cui secondo la loro opinione non ha senso mettere al bando i combustibili fossili con i rischi economici che ciò può avere.
E’ evidente a chiunque che l’attribuzione della responsabilità del surriscaldamento del pianeta all’uomo oppure alla natura fa cambiare radicalmente gli interventi da fare, anche perchè è urgente prendere dei provvedimenti che in entrambi i casi sarebbero economicamente e socialmente molto dolorosi. Se è l’ipotesi delle cause antropiche a prevalere, è necessario agire sia sulle emissioni di CO2eq, riducendo quindi drasticamente l’uso dei combustibili fossili, che incentivando la decarbonizzazione attraverso la forestazione e le pratiche agricole. La maggioranza degli scienziati, i tanti accordi internazionali fin qui siglati, i movimenti d’opinione come Friday for Future e tutte le associazioni ambientaliste, sono riusciti finora ad influenzare poco le scelte politiche. Alcuni scienziati e qualche politico sono convinti invece che l’uomo e le sue attività non c’entrino nulla con il surriscaldamento del pianeta perché le ragioni sono naturali, per cui la transizione ecologica e la riduzione dei consumi del petrolio e del gas per fare energia meccanica ed elettrica non hanno alcun senso. In quest’ultima ipotesi l’uomo può continuare imperterrito a fare ciò che ha fatto finora, ma deve stanziare ingenti fondi per combattere l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai, la tropicalizzazione del clima e la desertificazione di sempre più vaste superfici agricole.
Le democrazie reali sono abituate a convivere con chi ha opinioni assolutamente contrastanti ed a trovare la più equilibrata mediazione. Abbiamo visto le grandi difficoltà che ha comportato la gestione della pandemia di Covid-19 per via di un’opinione pubblica divisa tra favorevoli e contrari alle limitazioni delle libertà personali e alla vaccinazione, ma alla fine il buon senso ha prevalso e il SARS-CoV-19 ci ha dato una mano diventando meno letale e quindi più gestibile.
Chi sente la responsabilità di fare qualcosa di rapido e di concreto per arginare i danni derivanti dal surriscaldamento del pianeta ha di fronte a sè la grande difficoltà di come trovare un equilibrio tra i negazionisti delle responsabilità umane di questa situazione e chi invece pensa che quello che sta succedendo sia solo colpa dell’uomo. Sperare che dal confronto tra le “opposte fazioni” scaturisca la verità è solo un illusione. La confirmation bias e la poca voglia di riconoscere il ruolo guida dell’esperto è ormai lo stile delle nostre società. Non potendo contare sul carisma e l’autorevolezza della classe politica e sul ruolo storico del giornalismo, ritengo che sia la comunità scientifica a dover spiegare cos’è il metodo scientifico con parole semplici. Solo la scienza può far capire cosa sia il cambiamento climatico. Comprendere il metodo scientifico significa anche capire perché qualche scienziato è così contrario alla motivazione antropica, ma in questo un grande aiuto potrebbe venire dai giornalisti d’inchiesta.
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