Pubblicato sul sito della Rete Italiana della Pastorizia APPIA,  un interessante report dal titolo “Le politiche agricole dell’Unione Europea, ed il loro impatto sulla pastorizia nell’Europa Mediterranea”.

Molte e controverse sono le riflessioni che emergono se ci si sofferma ad analizzare l’evoluzione che la Politica Agricola Comune ha avuto nel corso degli anni nei confronti di chi attuava pratiche di allevamento estensivo, e in particolare la pastorizia secondo i metodi tradizionali.

Esaminando il contesto salta subito all’occhio che l’Europa è un territorio caratterizzato da un insieme ampio e diversificato di sistemi di allevamento pastorale estensivo che si trovano dislocati su circa un quinto dei terreni agricoli disponibili, e sono per lo più concentrati nella parte più meridionale. In tutto il continente, la pastorizia mostra un valore aggiunto specifico e un vantaggio comparativo perché viene esercitata in territori accidentati dove i costi alternativi di terra e lavoro rendono questa opzione conveniente rispetto ad altre forme di utilizzo del territorio. Alla luce di quanto detto,  gli attuali indirizzi intrapresi dalla Comunità europea con la nuova PAC appaiono completamente in linea con l’idea di favorire l’allevamento estensivo.

Vengono infatti riconosciuti i molteplici valori della pastorizia e i suoi contributi in termini di patrimonio culturale, gestione ambientale e coesione territoriale, e viene riconosciuto il fatto che questi beni pubblici non sono sostenibili senza remunerazione, pertanto l’UE sostiene i pastori con misure dirette e indirette, compresi i sussidi. Questi sono considerati come forme di compensazione e ricompensa per i produttori che operano in zone meno favorite e in contesti di alto valore naturale. A fronte però della forte riduzione degli allevamenti estensivi, dovuta a molteplici ragioni tra cui lo scarso ricambio generazionale e i processi di desertificazione socio-economica e agro-ecologica di tanti territori montani e insulari, l’impegno politico e finanziario della PAC nei contesti pastorali sembra essere sempre meno consistente, e le misure, regole e requisiti normativi per accedervi sembrano mal adattarsi ai loro principi operativi, alle loro strategie e ai loro bisogni.

In realtà questa nuova Politica Comune sembra riconoscere il valore della pastorizia e del suo contributo in termini di patrimonio culturale, gestione ambientale e salvaguardia del territorio, ed ha specificamente emesso una serie di principi e di azioni per proteggere tale pratica nel continente, e il suo sostegno finanziario può rappresentare per i pastori circa la metà o più delle loro entrate, con tendenze e variazioni che cambiano da un paese all’altro a seconda delle misure locali e dell’attuazione. I più recenti schemi di sovvenzione per la “produzione biologica”, la “conservazione delle razze autoctone”, il “benessere degli animali”, la “gestione dei pascoli” e la “manutenzione del paesaggio” sarebbero infatti di specifico interesse e avrebbero un potenziale rilevante per i pastori, ma questi sono spesso mal definiti in quanto la distinzione tra sistemi intensivi ed estensivi è piuttosto difficile da discernere.

Per quanto la questione sia controversa e le opinioni risultino discordanti, c’è comunque da dire che la PAC gioca ad oggi un ruolo significativo per la maggior parte dei pastori europei e il suo sostegno finanziario può rappresentare circa la metà o più delle loro entrate, con tendenze e variazioni che cambiano da un paese all’altro a seconda delle misure locali e dell’attuazione.

Per approfondire il tema è possibile consultare qui il report completo.

Fonte: Rete Italiana della Pastorizia APPIA