Pelle di animali in tavola

Del maiale si dice che ogni parte è buona e che non si getta via niente, ma lo stesso vale per gli altri animali, anche i bovini, dove la pelle ha molti usi e tra questi anche quello alimentare. Come vuole la tradizione e sanno gli intenditori, tra i bolliti di carni bovine un posto di primo piano ha la testina di vitello nella quale una lunga bollitura trasformava la pelle in una morbida delizia, che ricorda la pelle del maiale trasformata in cotiche usate in molte ricette, resa croccante dall’arrostitura della porchetta e presente nei cotechini e nei prelibati zamponi. A quest’ultimo riguardo va ricordato che nell’antichità, e fino al rinascimento, la pelle dei maiali selvatici o cinghiali e di gran parte di quelli allevati era coperta di ispidi peli, spessa e dura, ed era conciata per produrre abbigliamenti, sandali o altro (anche per fare scudi); solo di recente, con la selezione dei maiali, è divenuta una bontà alimentare. Cibo prelibato è anche la pelle di altri animali, come quella dei polli e soprattutto quella ricca di grasso delle vecchie galline e dei capponi lessati o arrostiti.

Pelle bovina con molti usi

Secondo la Commissione statistica delle Nazioni Unite il mercato globale delle pelli vale approssimativamente venticinque miliardi di dollari, con in testa la Repubblica Popolare Cinese (7,7 miliardi) e l’Italia (3,4 miliardi), seguiti dal Messico (circa 1,1 miliardi). Sotto il miliardo di dollari, in ordine decrescente, si posizionano Germania, Stati Uniti, Corea del Sud, Spagna, Tailandia, Francia e India.

Le pelli derivano da circa 1,7 miliardi di bovini e bufalini, 1,2 miliardi di ovini, 1 miliardo di caprini e quote minori di equini, camelidi, conigli, struzzi. Pensando ai bovini, si tende a considerare soltanto la produzione di carne, dimenticando che anche da questi animali non si butta via niente e che uno dei più importanti coprodotti della carne sono le pelli conciate, recuperate, riciclate e nobilitate dall’artigianato e dall’industria che lavora le pelli grezze con destinazioni che dipendono dall’animale da cui vengono ricavate: vitello, vitellone o vacca. Dal vitello si ottiene pelle destinata a oggetti di lusso, calzature ed abbigliamento; dal vitellone si ricavano pelli destinate all’industria automobilistica e dell’arredamento; dalla vacca la pelle ed il cuoio hanno una grande serie d’impieghi, dalle calzature e borse, all’arredamento a migliaia di prodotti della nostra vita quotidiana. Dalla lavorazione delle pelli bovine si ottengono prodotti d’uso industriale in campo fotografico, per la produzione di detersivi e detergenti, in campo farmaceutico, in medicina, odontoiatria e chirurgia e altre applicazioni in prodotti alimentari o usati dall’industria alimentare, ed il più importante e diffuso di questi è l’uso della gelatina ricavata dalla pelle come chiarificatore dei vini e delle birre. In alimentazione animale, per i cani vi sono gli ossi da masticare in pelle di bovino pressata, poveri di grassi e che assicurano al cane un intrattenimento prolungato nel tempo, favorendo l’igiene dentale in modo del tutto naturale, perché rosicchiare e mordicchiare sono attività quotidiane di ogni cane. Negli ultimi decenni, con l’avvento e poi la preponderanza di capi d’abbigliamento di basso costo realizzati in materiali sintetici che imitano la pelle, una parte non indifferente delle pelli bovine è scartata come vero e proprio rifiuto e, soprattutto in determinate aree del pianeta, sulla base di antiche tradizioni, è stato rivalutato il suo uso alimentare.

Cucina della pelle bovina

Nel Sud-Est asiatico, ed in particolare in Indonesia e Cina, le cucine locali prevedono l’impiego della pelle di vacca come alimento. Il Oseng Kikil Mercon Kecap è il piatto indonesiano di Jakarta di pelle bovina in padella. In Cina, nella provincia dello Yunnan, la pelle bovina in gelatina è preparata con una complessa tecnica di cucina. In Nigeria, in Africa, nella cucina Igbo l’Abacha, un cibo popolarmente noto come insalata africana, è preparato con manioca, cipolle, gamberi, olio di palma, sale e pepe; questo piatto è consumato come spuntino o pasto completo servito con pesce secco o ponmo (piccoli rotoli di pelle di vacca cotti). Il ponmo è un cibo che piace ai super ricchi, ricchi, classe media e ai più poveri, ed è economico e delizioso se preparato nel modo giusto.

Recentemente negli Stati Uniti, dove sono immigrate popolazioni asiatiche, è in via di ricupero l’esperienza indonesiana di preparazioni culinarie a base di pelle bovina. In particolare, nello stato di Washington della costa occidentale americana, Javon Bangs e Nikk Wong con la pelle bovina hanno creato degli snack con poche calorie (ottanta calorie) ed un contenuto proteico interessante (8%), costituito in prevalenza da collagene che contiene aminoacidi quali la glicina e l’idrossiprolina che hanno benefici effetti sulla salute della pelle, capelli, articolazioni e probabilmente anche sulla parte proteica delle ossa. Gli snack di pelle bovina sono destinati alle nuove tendenze nutrizionali delle paleodiete, ed in particolare alle fasce giovanili e in vari gusti: naturali non salati, al peperoncino, alla scorza di lime, con spezie dell’Himalaya.

L’uso alimentare delle pelli bovina ha anche riflessi ambientali in quanto permette un completo utilizzo di pelli che altrimenti sarebbero destinate alla distruzione e riflessi economici perchè consente una completa utilizzazione degli animali macellati.

 

Immagine di copertina: Raji Rasheed Seyi, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.