E’ stato pubblicato sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

Il testo, aggiornato rispetto alla versione del 2018, sarà ora sottoposto alla consultazione pubblica prevista dalla procedura di Valutazione Ambientale Strategica.

Si tratta – spiega il Ministro Gilberto Pichettodi uno strumento di programmazione essenziale per un paese come il nostro, segnato da una grave fragilità idrogeologica. Le recenti tragedie di Ischia e delle Marche hanno ricordato quanto sia assolutamente necessaria in Italia una corretta gestione del territorio e la realizzazione di quelle opere di adattamento per rendere le nostre città, le campagne e le zone montuose, le aree interne e quelle costiere più resilienti ai cambiamenti climatici”.

Il Piano – sottolinea il Ministro – era in lavorazione da tempo: da quando si è insediato il nuovo Governo, con il supporto di ISPRA, abbiamo accelerato le procedure e, come assicurato nelle scorse settimane, entro la fine dell’anno siamo riusciti a velocizzare l’iter che ci dovrà portare a definire un Piano atteso e necessario per la tutela del nostro territorio”.

Più in particolare, l’obiettivo del Piano è fornire un quadro di indirizzo nazionale per implementare azioni volte a ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici, nonché trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche. La proposta di Piano è stata già illustrata alle Regioni nel corso di due riunioni che si sono tenute il 7 novembre e il 20 dicembre scorso.

Esaminate le osservazioni e conclusa la procedura di VAS, il testo andrà all’approvazione definitiva con decreto del Ministro. Si procederà poi all’insediamento dell’Osservatorio Nazionale, che dovrà garantire l’immediata operatività del Piano attraverso l’individuazione delle azioni di adattamento nei diversi settori. L’Osservatorio definirà le priorità, individuerà i soggetti interessati e le fonti di finanziamento, oltre che le misure per rimuovere gli ostacoli all’adattamento. I risultati di questa attività potranno convergere in piani settoriali o intersettoriali, nei quali saranno delineati gli interventi da attuare.

Riportiamo di seguito quanto contenuto nel documento relativamente al settore agricolo.

Agricoltura e produzione alimentare

Le variazioni climatiche attese per le prossime decadi influenzeranno fortemente lo sviluppo del settore agricolo e le sue dinamiche produttive, soprattutto in areali altamente vulnerabili come quello mediterraneo (Bindi and Olesen 2010). Nello specifico, gli agrosistemi saranno soggetti a variazioni in termini di durata del ciclo fenologico, produttività e potenziale spostamento degli areali di coltivazione tipici (verso nord e quote più elevate), con risposte differenti in intensità e segnale a seconda della specie e delle aree geografiche di riferimento (Moriondo et al. 2013a) (Moriondo et al. 2013b).

In generale, le colture risentiranno dell’incremento di temperatura riducendo la lunghezza del ciclo di crescita con conseguente minore accumulo di biomassa e quindi riduzione della resa (Lobell and Field 2007) (Lobell et al. 2011). Le maggiori riduzioni di resa sono previste per le colture a ciclo primaverile-estivo (mais, girasole, soia), specialmente quelle non irrigate come il girasole.

Tuttavia, colture classificate come C3, come ad esempio il frumento, il riso, l’orzo, potranno in parte compensare gli impatti negativi delle mutate condizioni climatiche in quanto capaci di rispondere più efficientemente agli effetti diretti dell’aumento della concentrazione atmosferica di CO2 rispetto alle specie C4 (es. mais, sorgo, miglio, etc.) (Qian et al. 2010). Per le colture arboree, come ad esempio vite e olivo, la variazione del regime delle precipitazioni e l’aumento della temperatura potranno determinare una riduzione qualitativa e quantitativa delle produzioni nelle aree del sud Italia e potenziali spostamenti degli areali di coltivazione verso regioni più settentrionali o altitudini maggiori.

Il cambiamento climatico rappresenta un fattore di rischio anche per il bestiame allevato, con conseguenze che possono riguardare il loro benessere e la loro produttività (Notenbaert et al. 2017). Le temperature elevate, che già caratterizzano le estati italiane e che gli scenari climatici futuri prevedono in aumento, hanno un impatto negativo diretto sui processi fisiologici e comportamentali dell’animale come la termoregolazione, l’ingestione di alimenti e la risposta immunitaria. A questi effetti diretti si aggiungono inoltre gli effetti indiretti che i cambiamenti climatici possono avere ad esempio sugli alimenti (contaminazione da micotossine, qualità e disponibilità alimenti) e sulle dinamiche ecologiche e biologiche dei patogeni e dei loro vettori (Kipling et al. 2016).

Ulteriori impatti indiretti possono distinguersi tra impatti su allevamenti estensivi o intensivi. Per quanto riguarda i primi, gli impatti principali sono prevalentemente associati alla disponibilità foraggera e alla qualità degli alimenti a causa di probabili riduzione e modifiche delle specie presenti sulle superfici destinabili a pascolamento a seguito di fenomeni di desertificazione, salinizzazione delle falde o di avanzamento della macchia foresta nelle aree prative e pascolive. Per quanto riguarda gli allevamenti intensivi in stalla, le problematiche principali sono invece maggiormente associate a fattori che possono mettere a rischio attività imprenditoriali di alto valore aggiunto su cui le imprese agricole sono particolarmente esposte dal punto di vista finanziario (ad esempio impatti di eventi come alluvioni su fabbricati e attrezzature).

Nonostante in alcune aree e per alcune colture si possano avere anche ripercussioni potenzialmente positive, il settore agricolo e, conseguentemente, quello agro-alimentare saranno soggetti ad un generale calo delle capacità produttive, accompagnato da una probabile diminuzione delle caratteristiche qualitative dei prodotti.

La riduzione di questi impatti negativi e, quando possibile, lo sfruttamento di quelli positivi, potranno essere ottenuti solo mediante l’applicazione di adeguate azioni di adattamento.

Sia per le produzioni vegetali sia per quelle animali sono attualmente disponibili diverse soluzioni che possono aumentare il grado di adattamento ai cambiamenti climatici. Tali soluzioni comprendono ad esempio la realizzazione di interventi strutturali, l’implementazione di adeguate pratiche di gestione colturale e aziendale, la selezione genetica e l’adozione di atteggiamenti proattivi.

I programmi di sviluppo rurale, implementati su scala nazionale e regionale, hanno tra i loro obiettivi l’adattamento ai cambiamenti climatici e diverse misure sono state programmate in questo senso.

Tra le azioni di adattamento preferenziali ci sono quelle che includono anche obiettivi di mitigazione e quindi tutte le misure che seguono i principi della Climate Smart Agriculture (FAO 2013) che unisce gli obiettivi della sostenibilità delle produzioni alle necessità di adattamento ai cambiamenti climatici e di mantenimento dei livelli di reddito. Un aumento della resilienza dei sistemi produttivi potrebbe allo stesso tempo concorrere all’aumento del sequestro del carbonio nei suoli e quindi alla riduzione delle emissioni derivanti dal comparto agricolo.

 

 

Consulta il PNACC: https://www.mite.gov.it/pagina/piano-nazionale-di-adattamento-ai-cambiamenti-climatici