É stato pubblicato sul Bollettino 37/2021 dell’AGCM il parere relativo alla sottoscrizione di un “Protocollo di intesa sulla determinazione del prezzo del latte bovino alla stalla” tra l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Puglia  e diverse organizzazioni rappresentanti degli allevatori e delle imprese di trasformazione di latte bovino. L’Autorità ha espresso nel documento il suo orientamento contrario alla definizione di accordi interprofessionali che fissino il prezzo di vendita, ribadendo la necessità di evitare che il Protocollo d’intesa oggetto di valutazione introduca ingiustificate restrizioni della concorrenza.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha pubblicato sul Bollettino 37/2021 la sua risposta alla richiesta di parere sulla bozza di un “Protocollo di intesa sulla determinazione del prezzo del latte bovino alla stalla” tra la Regione Puglia – Assessorato all’Agricoltura – e diverse organizzazioni rappresentanti degli allevatori e delle imprese di trasformazione di latte bovino.

L’Autorità, nella riunione del 3 agosto 2021, ha formulato, ai sensi dell’articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le seguenti considerazioni.

Secondo l’AGCM, può essere valutata positivamente la definizione di un accordo quadro che disciplini le relazioni di fornitura tra produttori di latte crudo e trasformatori, tutelando la parte contrattuale più debole e garantendo ad essa, tra l’altro, che:

  • vengano preservate e valorizzate le produzioni locali, anche attraverso lo strumento della rintracciabilità ed il più ampio utilizzo possibile dei marchi dei prodotti DOP e IGP da latte bovino;
  • venga incentivata e valorizzata la qualità delle produzioni, anche mediante il mantenimento di un sistema premiale della qualità del latte crudo e l’implementazione di iniziative di promozione e sostegno dell’immagine dei marchi della Regione Puglia ufficialmente riconosciuti (‘Mozzarella di Gioia del Colle’ , Regime di qualità Regionale “Prodotti di Qualità”, ecc.);
  • i rapporti siano formalizzati, secondo gli obblighi di legge, prima dell’inizio del periodo di fornitura, con contratti di durata non inferiore ai 12 mesi e completi dei tutti gli elementi (prezzo, quantità, condizioni di fornitura, termini di pagamento non superiori a 30 giorni, ecc.).

Tuttavia, l’AGCM ritiene del tutto incompatibile con la normativa a tutela della concorrenza la fissazione di un prezzo di vendita da applicare in modo uniforme alla generalità dei contraenti, sia con riferimento ai produttori agricoli sia alla controparte rappresentata dai trasformatori industriali. Secondo quanto riportato dall’Autorità, tale clausola, così come formulata nella bozza di protocollo allegata alla richiesta di parere, rappresenta a tutti gli effetti un’intesa di prezzo che costituisce una restrizione hard core, e in quanto tale non soggetta a deroghe, ai sensi della normativa sulla concorrenza, sia nazionale che comunitaria. A tale riguardo, AGMC ricorda che il principale riferimento normativo eurounitario in merito alla contrattazione nel settore agricolo e, in particolare, nel settore del latte, è rappresentato dal Regolamento (UE) n. 1308/2013. Questa normativa, per quanto di interesse in questa sede, prevede specifiche deroghe all’applicazione delle regole antitrust in materia di intese restrittive della concorrenza nella fase di contrattazione con gli acquirenti (tra cui la possibilità di redigere “contratti tipo” compatibili con la normativa dell’Unione), soltanto per le Organizzazioni Professionali (o per le associazioni di OP) e le Organizzazioni Interprofessionali riconosciute, e per il cui riconoscimento sono necessarie specifiche e stringenti condizioni relative alle caratteristiche dimensionali, strutturali e relative alle attività svolte.

In ogni caso, il Regolamento specifica che:

  1. la deroga all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE è esclusa nei confronti degli accordi, decisioni e pratiche concordate di agricoltori, associazioni di agricoltori o associazioni di dette associazioni, di organizzazioni di produttori riconosciute o di associazioni di organizzazioni di produttori riconosciute “che comportano l’obbligo di applicare prezzi identici o in base alle quali la concorrenza è esclusa”;
  2. “sono dichiarati in ogni caso incompatibili con la normativa dell’Unione gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate [delle Organizzazioni Interprofessionali riconosciute, ndr] che […] comportano la fissazione di prezzi o di quote”.

Le disposizioni normative nazionali relative alla negoziazione dei prodotti agricoli – si legge nel parere – riferite, tra l’altro, agli “accordi quadro” e alle “intese di filiera”, configurano, invece, nel loro complesso, un corpus normativo piuttosto disorganico e farraginoso, non sempre perfettamente armonizzato e coerente con la normativa europea. Esso tende, tra l’altro, ad attribuire un ruolo centrale nella negoziazione collettiva alle organizzazioni di rappresentanza di categoria, piuttosto che alle Organizzazioni di Produttori o alle Organizzazioni Interprofessionali, valorizzate invece dalla normativa europea anche nell’ottica di incentivare l’aggregazione dell’offerta agricola. In ogni caso, ai fini della presente valutazione, e con specifico riferimento alle deroghe applicabili alla normativa a tutela della concorrenza, possono essere prese in considerazione esclusivamente le disposizioni eurounitarie, sovraordinate rispetto a quelle nazionali.

In considerazione di questo, l’Autorità ha ribadito il suo orientamento contrario alla definizione di accordi interprofessionali che fissino il prezzo di vendita, come espresso anche nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul settore lattiero caseario IC/51, conclusa nel 2016. In tale sede, l’Autorità aveva espresso preoccupazione per la circostanza che le modalità di contrattazione in Italia siano ancora sostanzialmente improntate alla vecchia logica dell’accordo interprofessionale, ricordando come, proprio in quanto tali, le modalità di contrattazione siano suscettibili di specifica valutazione da parte dell’Autorità ai sensi della normativa antitrust.

Infine, AGCM ha ricordato come, anche nell’ambito dell’ultima segnalazione sulla legge annuale per il mercato e la concorrenza, essa abbia auspicato la messa a punto di strumenti di tutela del comparto agricolo che non disincentivino la competizione sull’efficienza, inibendo il virtuoso processo di concentrazione degli allevatori. Al riguardo, in particolare, essa ha sottolineato il ruolo fondamentale che potrebbero svolgere nella concentrazione dell’offerta e nell’incremento del potere negoziale della parte agricola sia le Organizzazioni di Produttori che le Organizzazioni Interprofessionali riconosciute, per le quali la normativa europea prevede specifiche deroghe all’applicazione delle regole antitrust proprio in virtù del ruolo di concentrazione ed efficientamento dell’offerta che esse possono svolgere.

Nell’ambito della medesima segnalazione, l’Autorità ha inoltre osservato che anche le norme che impongono agli acquirenti di prodotti agricoli l’applicazione di prezzi di acquisto agganciati ai costi medi di produzione – inevitabilmente riferiti a imprese che presentano diverse strutture produttive e livelli di efficienza – possano disincentivare il processo di efficientamento delle filiere produttive agricole, favorendo, tra l’altro, un crescente ricorso all’utilizzo di prodotti e materie prime eventualmente disponibili a costi inferiori sui mercati esteri da parte delle industrie di trasformazione nazionale.

L’Autorità ha quindi richiamato l’attenzione dell’Amministrazione sull’esigenza di evitare che il Protocollo d’intesa oggetto di valutazione introduca ingiustificate restrizioni della concorrenza, procedendo a una sua eventuale riformulazione che tenga conto delle osservazioni e considerazioni da essa espresse.