Il contesto

Ieri, 14 Febbraio 2022, si è svolto l’ennesimo incontro sollecitato dagli allevatori di bovine da latte del Lazio con gli industriali e la GDO per vedersi riconosciuto il diritto ad un prezzo del latte alla stalla equo. E’ superfluo ricordare a voi lettori che la pandemia di Covid, una generica Cina, i venti ucraini di guerra e scuse minori hanno innescato una speculazione finanziaria globale che ha causato un incremento dei prezzi di quasi tutte le commodities, sia agroalimentari che industriali. Questa situazione, da molti definita “tempesta perfetta”, ha causato un generalizzato aumento dei prezzi di un enorme numero di prodotti. Obiettiva testimonianza di questo è la crescita dell’inflazione, ossia l’aumento continuo e generalizzato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi, che nel 2021 è cresciuta del 3,9 – 4,2%.

A fare eccezione a tutto ciò, e quindi a non aumentare (o meglio, a farlo in maniera molto attenuata), per ragioni difficilmente comprensibili ai più, è stato il prezzo del latte bovino alla stalla, in particolare in Italia.

In ogni angolo del nostro paese ci sono allevatori più o meno organizzati, e più o meno intermediati dalle organizzazioni professionali, che stanno chiedendo a gran voce un adeguamento del prezzo del loro latte a fronte di uno smodato aumento dei costi di produzione.

A solo titolo d’esempio riportiamo una tabella realizzata da Ruminantia per conto della Cooperativa Latte Più di Roma dove viene riportato il progressivo aumento dei prezzi degli alimenti zootecnici più utilizzati. I dati provengono dalla Borsa Merci di Bologna, sono franco partenza, e fanno riferimento alle 64 sedute di Borsa che si sono susseguite dal 27 Luglio 2020 al 9 Dicembre 2021.

Se a questo si sommano gli aumentati costi dei trasporti, dei concimi e dell’energia, credo che anche il solo buonsenso giustifichi il fatto che gli allevatori, al pari dei loro colleghi europei, chiedano che venga riconosciuto un aumento del prezzo del latte alla stalla.

I fatti

Gli allevatori di bovine da latte del Lazio, tranne qualche eccezione, si riconoscono in cooperative che provvedono alla raccolta e alla distribuzione del latte all’industria lattiero-casearia generalmente ubicata nella Regione, come la Centrale del Latte di Roma, Latte Sano, Centrale del Latte del Frusinate, Francia, Cuomo etc. Le Cooperative Salaria, Casilina, Zootecnica Viterbese, Romana latte, Aurelia, Latte della Capitale e altre minori, storicamente hanno sempre interagito poco e trattato per conto loro il prezzo del latte, e questo ha fatto molto comodo agli acquirenti.

L’aver compreso a fondo la forza del divide et impera, il veder chiudere un elevato numero di allevamenti e il rischio di un collasso dell’intero sistema produttivo laziale, hanno “illuminato” i presidenti di queste cooperative che hanno deciso di deporre le antiche rivalità ed ascoltare l’appello del loro collega Valentino Vela della Latte Più, iniziando a parlarsi e a fare fronte comune nelle trattative con gli industriali. Dopo innumerevoli e inconcludenti incontri con la controparte, le cooperative riunite hanno preteso l’organizzazione di un tavolo delle trattative mediato dalla Regione Lazio, dove far incontrare industria, GDO, sindacati agricoli e cooperative, per giungere ad una rapida definizione del prezzo del latte alla stalla suggerito essere di 45 euro/ettolitro come base.

Questo tavolo si è svolto il 14 febbraio 2022, e per dare ancora più peso alla trattativa le cooperative laziali hanno radunato in contemporanea, nella grande sala de La Corte dell’Arenaro a Torrimpietra, gli allevatori loro membri in modo che questi, simbolicamente alle spalle dei loro presidenti, potessero assistere in silenzio ad una trattativa che comunque sembrava difficile. Non nascondo che ho provato una profonda emozione nel vedere la sala gremita di centinaia di allevatori e del cosiddetto indotto, ossia le industrie ed i professionisti che forniscono beni e servizi agli allevatori. In questa atmosfera suggestiva e di grande emozione, dopo un’attesa molto lunga, il tavolo delle trattative a cui stavano partecipando l’assessora regionale dell’agricoltura Enrica Onorati, il presidente della commissione regionale agricoltura e ambiente Valerio Novelli, e i rappresentati delle organizzazioni agricole Cia, Coldiretti e Confagricoltura, ha fatto sapere che l’assessora ha deciso di non concedere il collegamento alla sala. Questo fatto ha generato sconcerto e frustrazione, ma al contempo anche sospetto. Dopo molte ore comunque i partecipanti al tavolo, ma non la Onorati, hanno raggiunto Torrimpietra per raccontarne il sostanziale fallimento, perché disertato come al solito dalla GDO e per la posizione ovviamente unitaria degli industriali del latte a non concedere il prezzo dei 45 centesimi chiesto dagli allevatori. Novelli, nel suo discorso introduttivo, ha più volte ribadito che la politica non ha il potere di intervenire in una trattativa tra imprese ma solo di stimolarla, affermazione che mi trova in disaccordo dal momento che il compito della legge è proprio quello di regolare i rapporti tra i privati.

Conclusioni

Un fatto è certo, la lotta degli allevatori per il diritto ad avere un prezzo equo del latte vaccino alla stalla ha fatto un salto di qualità, e in netta discontinuità con il passato. La legge mette a disposizione della politica regionale e dei sindacati agricoli gli strumenti per essere “convincenti” con l’industria del latte per un prezzo equo e di dichiarare correttamente l’origine del latte in etichetta, visto che è un claim che condiziona sia gli acquisti che il prezzo sugli scaffali della GDO. Dichiarazioni false o fuorvianti accumulano diversi reati, che vanno dalla concorrenza sleale alla truffa in commercio, fino alla pubblicità ingannevole, e come tali posso essere denunciati.

In questa nuova era dei rapporti degli allevatori con il “resto del mondo”, la politica può fare molto perché è lei che fa le leggi e che con le sue istituzioni può supportare gli allevatori a fare il salto di qualità nel trasformare una lotta emozionale in una più fredda, incastonata di numeri.

Certo è che appare sempre più urgente che gli allevatori, ossia la produzione primaria, si alleino con la gente, l’opinione pubblica e i consumatori, e che la politica e le organizzazioni sindacali si ricavino un nuovo ruolo e una nuova immagine in modo da non estinguersi, cosa che in uno Stato di diritto come il nostro non deve nemmeno minimamente essere auspicata.

I consumatori, con la loro continua ricerca di ciò che gli può fare bene e di ciò che non deve far male agli animali e all’ambiente, possono trovare negli allevatori un interlocutore previlegiato e aiutarli quando hanno il carrello in mano a essere convincenti con l’industria e la GDO, specie quella che si vanta del sottocosto presentandolo come un valore.