Molteplici studi hanno dimostrato come latte e prodotti derivati siano molto influenzati dalla zona geografica di produzione e dal tipo di alimentazione somministrato alle bovine (Borreani et.al, 2013; O’Callaghan et al., 2018). In uno scenario in cui il consumatore sembra essere sempre più interessato sia all’origine dei prodotti alimentari sia al loro potenziale impatto ambientale, è prioritario sviluppare strategie operative che permettano un’adeguata tracciabilità e valorizzazione dei prodotti lattiero-caseari. È noto che tra i fattori produttivi, il tipo di alimentazione delle bovine lattifere svolga un ruolo fondamentale nel condizionare le caratteristiche nutrizionali ed organolettiche del latte. Ciò si deve alle trasformazioni metaboliche dei componenti nutritivi della razione che avvengono nel rumine, ed al successivo flusso di metaboliti alla base della sintesi dei macro- e microcostituenti del latte nella ghiandola mammaria. In questo contesto, molto promettente è il fingerprinting metabolico, strumento analitico che permette l’identificazione anche delle molecole a basso peso molecolare, consentendo una mappatura fisica del processo produttivo di latte e derivati.

Lo studio in disamina ha utilizzato un’innovativa tecnica di spettrometria di massa ad alta risoluzione (DART-HRMS) con l’obiettivo di identificare possibili biomarcatori metabolici che consentano l’autenticazione e la valorizzazione di latti ottenuti con basi foraggere insilate o affienate. Sono state coinvolte 14 aziende specializzate localizzate in Pianura Padana, che sono state classificate in relazione a tre tipologie di razione:

  1. a base di insilato di mais (MS);
  2. un mix di insilati e foraggi (SH);
  3. prevalenza di fieno da prati polifiti (GH).

L’analisi in DART-HRMS, associata con una sofisticata elaborazione statistica, ha permesso l’identificazione di un pool di 25 molecole differenzialmente espresse nei campioni di latte delle tre tesi foraggere a confronto.

La razione basata sull’insilato di mais (MS) è associata ad un maggiore contenuto di glucosio, lattato e glutammato nel latte. La razione SH è risultata associata a creatinina, nogramina ed acidi grassi quali C18:2, C20:2 e C22:2, mentre la tesi sperimentale GH ha evidenziato come possibili biomarcatori molecole quali l’acido palmitico, l’acido glicerico ed alcuni flavonoidi.

La sperimentazione ha dimostrato che origine botanica e metodo di conservazione dei foraggi influenzano marcatamente il metabolismo ruminale e l’anabolismo lattifero della ghiandola mammaria, variazioni delle condizioni biologiche che si riflettono significativamente sulla qualità del latte e derivati. Ulteriori sperimentazioni indagheranno la sostenibilità ambientale ed il valore salutistico dei prodotti delle filiere zootecniche da latte. Su queste tematiche l’ateneo di Padova ambisce ad avere un approccio di ricerca sempre più volto alla transizione ecologica ed a una visione One-health delle produzioni animali dei ruminanti.

 

La presente nota è una sintesi del seguente articolo scientifico pubblicato sull’ International Dairy Journal dove è riportata tutta la letteratura citata: “Authentication of forage-based milk by mid-level data fusion of (+/-) DART-HRMS signatures” (2020) di G. Riuzzi, A. Tata, A. Massaro, V. Bisutti, I. Lanza, B. Contiero, M. Bragolusi, B. Miano, A. Negro, F. Gottardo, R. Piro, S. Segato.

Autori:

Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Antonio Gallo, Antonio Natalello, Sara Pegolo, Manuel Scerra – Gruppo Editoriale ASPA.