Le paste filate sono un vanto tutto italiano. La tecnica della filatura nasce infatti nel bel Paese da cui poi è stata esportata, soprattutto per merito della pizza, e attualmente formaggi a pasta filata vengono esportati in tutto il mondo.
La peculiarità dei formaggi a pasta filata risiede nella duplice lavorazione: la caseificazione fino a formazione della cagliata e poi la filatura.
Delle origini della pasta filata si sa poco, sembrerebbe che i primi a produrre tale tipologia di formaggi fossero gli antichi romani, che lavoravano forme particolari somiglianti alla testa di un cavallo, da cui potrebbe derivare il nome del caciocavallo. Anche nei secoli successivi ritroviamo descrizioni o menzioni di formaggi a pasta filata ma ciò che è certo è che la tecnica si sia sviluppata nel Mezzogiorno dove, a causa dell’alta temperatura, il latte che veniva condotto alla lavorazione era già parzialmente acidificato, condizione che favorisce la plasticità della cagliata.
Con la filatura abbiamo il passaggio da una struttura granulare discontinua, ovvero la cagliata, che portata ad alte temperature (75-90°C) diventata plastica e può essere tirata in filamenti continui senza perdere eccessivo grasso o umidità. Da quest’unica operazione possiamo ottenere formaggi molto differenti tra loro: i molli e freschi, come le Mozzarelle, la Burrata, le Scamorze; i semiduri freschi o stagionati come i Caciocavalli; i duri a media e lunga stagionatura come il Ragusano e il Provolone. Tutti questi formaggi possono mostrare dei difetti durante o a fine lavorazione.
Esploreremo di seguito quelli più importanti:
Acidità
L’acidificazione è uno dei processi fondamentali nella caseificazione dei formaggi a pasta filata, perché da questa dipenderà la plasticità della pasta.
Perciò possono verificarsi delle difficoltà sia se l’acidificazione è lenta, che se è eccessiva. Il primo caso può avvenire o all’inizio quando il latte è in caldaia o alla formazione della cagliata. Questo difetto porta all’ottenimento di formaggi troppo duri e consistenti, ed è ancor più grave nei formaggi molli. Tale situazione è dovuta a temperature troppo basse o fermenti inadatti.
Il contrario accade nel secondo caso, in cui le temperature dell’ambiente e della caldaia sono troppo elevate, o vi è un eccesso di innesto. Perciò avremo formaggi poco elastici e la resa sarà minore.
Per evitare una lenta acidificazione si possono mettere in atto diverse strategie, come utilizzare degli innesti ad acidità ottimale (termofili con acidità ≥ 20 SH/50); aumentare la quantità dell’innesto, innalzare la temperatura del latte in caldaia, o quella della cagliata, riscaldandola con acqua o siero caldi.
Per fronteggiare, invece, un’acidità eccessiva si devono mettere in atto le seguenti accortezze: ridurre le temperature e la quantità di inoculo del latte, accelerare i tempi di lavorazione, raffreddare la cagliata con acqua fredda, e ridurre la velocità della filatrice.
Tessitura
Per quanto riguarda la tessitura, i difetti che colpiscono le paste filate riguardano la formazione di una sfoglia eccessiva e delle screpolature. La sfoglia, che si sviluppa al centro delle forme con andamento radiale, è dovuta all’acidificazione eccessiva o ad un raffreddamento troppo lento delle forme. Le screpolature superficiali sono invece dovute alle correnti d’aria e agli ambienti di maturazione troppo asciutti. La pasta può risultare anche slegata, in questo caso si tratta di un errore tecnico per cui nella stessa filatrice vengono mescolate paste ad acidità differente.
Per quanto riguarda la mozzarella si può sviluppare la cosiddetta “Perlatura” nel liquido di governo, dovuta ad uno squilibrio salino e acido tra il liquido e il formaggio. Per prevenirlo è necessario uniformare il pH e il contenuto in sali del liquido di governo con quello delle mozzarelle. Quando, invece, si crea acqua nelle confezioni sotto vuoto la causa è la bassa temperatura della salamoia. Perciò i formaggi vanno raffreddati al meglio prima della salatura, mentre la salamoia deve trovarsi ad una temperatura più elevata.
Dunque, data la natura dei difetti per ottenere una buona tessitura dei formaggi a pasta filata dura è necessario migliorare il raffreddamento delle forme, che non deve essere troppo lento, ed utilizzare fermenti appropriati mentre per impedire lo sviluppo di spaccature bisogna adottare delle buone pratiche per asciugare la superficie del prodotto prima della cura, rallentare la velocità di circolazione dell’aria nei magazzini, aumentarne l’umidità relativa, e paraffinare velocemente i formaggi.
Per evitare di ottenere una pasta slegata o con venature non bisogna mescolare nella filatrice paste con diversa acidità. Per quanto riguarda lo sviluppo della sfoglia bisogna ridurre il livello di inoculo del siero innesto, accelerare la lavorazione e controllarne le temperature.
Sapore
Il sapore amaro, come abbiamo già affermato nei precedenti articoli ( Non sempre i formaggi sono “in forma”: difetti della categoria a pasta molle) è dovuto a processi proteolitici anomali, che portano allo sviluppo di peptidi dal sapore sgradevole. Spesso queste proteolisi sono causate da microrganismi, come nel Ragusano in cui possono essere dovute alla presenza di Coliformi. L’odore pungente, invece, può essere attribuibile ad un eccesso di lipolisi.
Un metodo in grado di prevenirne la comparsa è quello di ridurre l’invecchiamento dei formaggi, o adottare una salatura più spinta.
Utilizzando dei siero innesti correttamente acidi e non inquinati si può evitare lo sviluppo di sapori amari mentre, in merito agli odori anomali, le pratiche da mettere in atto per inibirne la comparsa sono: l’utilizzo di un buon latte, un siero fermento controllato e la riduzione delle lipasi utilizzate. Anche un buon controllo dell’umidità della pasta e della temperatura del magazzino può migliorare l’aroma del formaggio.
Colorazione
Le colorazioni rossastre della pasta dovute a interazioni tra zuccheri e proteine sembrerebbero dipendere dall’andamento della fermentazione e dalla mancata presenza di particolari ceppi batterici, ascrivibili ai Lattobacilli, ma tale difetto può essere anche dovuto a contaminazioni da parte di Pseudomonas. Dunque, per inibire lo sviluppo di colorazioni anomale bisogna evitare che la cagliata venga contaminata da tali ceppi e da ceppi lattici non ottimali: a tal proposito è necessario controllare la popolazione microbica del latte e del siero e sottoporli al test di rilevazione del difetto. È necessario, inoltre, impedire un’essiccazione troppo rapida della superficie del formaggio per ridurre la presenza di colorazioni anomale della crosta.
Gonfiore tardivo
Il gonfiore tardivo è uno dei difetti più problematici che si verifica per le paste filate. È causato da batteri lattici eterofermentanti, batteri propionici e clostridi butirrici. Può avvenire se durante la maturazione del formaggio si vengono a creare delle condizioni specifiche (pH, potenziale Redox e aW) che portano alla germinazione delle spore e alla proliferazione delle specie batteriche gasogene presenti nel latte di partenza a causa di contaminazioni.
Per prevenire il gonfiore è possibile addizionare al latte in caldaia il lisozima, nella dose massima ammessa pari a 25 mg/L, con un residuo nel formaggio non superiore ai 300 mg/kg: tale soluzione risulta efficace nel prevenire questo difetto, anche in presenza di spore butirriche superiori a 1000/L di latte in lavorazione.
Contaminazioni batteriche e fungine
Tra i difetti maggiori riguardanti le contaminazioni batteriche abbiamo il cosiddetto “Difetto Butirrico”, causato da un’eccessiva fermentazione butirrica ad opera di Clostridi butirrici. Questi causano gonfiore nelle paste dure e producono, con la loro azione fermentativa, acidi grassi in misura eccessiva e sbilanciata rispetto ai livelli normali.
Le contaminazioni batteriche riguardano anche la mozzarella, in cui sono i Coliformi a causare gonfiore o bollosità. Per prevenire tali fenomeni è necessario risanare il latte prima della sua lavorazione e migliorare, in ogni caso, le condizioni igienico-sanitarie della fabbricazione. Con riguardo alle contaminazioni da parte di muffe, queste possono rimanere superficiali o penetrare la pasta, soprattutto nel Provolone. Per inibirne lo sviluppo è necessario: disinfettare periodicamente i locali dei magazzini con fungicidi adatti (ad esempio fumigazioni con ossido di etilene); trattare preventivamente le corde di legatura, qualora siano in fibra di sisal; paraffinare i formaggi per tempo; trattare le croste con composti a base di sorbato.
Mentre per impedire le contaminazioni batteriche, bisogna: utilizzare un latte risanato dal punto di vista della carica microbica posseduta; pastorizzare il latte; adottare delle scrupolose pratiche igienico-sanitarie durante la lavorazione del latte e nei locali dove essa avviene.
La mozzarella sulla pizza
La mozzarella è formaggio dai molti usi ed in particolare è uno degli ingredienti principali della pizza. Affinché il prodotto finale sia ottimale, la mozzarella deve possedere i giusti requisiti per filare. Alcuni accorgimenti affinché questo avvenga riguardano:
- Utilizzare colture termofile contenenti ceppi di L. bulgaricus, i quali consentono alla mozzarella di fondere meglio;
- Farla stagionare il tempo necessario affinché abbia le migliori proprietà di fusione;
- Impiegare un latte che abbia il rapporto grasso/proteine non superiore a 0,7 – 0,9;
- Far sì che non si acidifichi eccessivamente.
Inoltre, per evitare l’imbrunimento del formaggio fuso sulla pizza è necessario impiegare ceppi di fermenti lattici Galattosio + o – di L. helveticus. E Per impedire che il formaggio rilasci l’olio sulla pizza è necessario utilizzare un latte che presenti un buon rapporto grasso/proteine, e che quindi non abbia un eccesso di grasso.
Il caso del Provolone
Il Provolone è un formaggio che necessita di numerosi controlli durante tutto l’arco della sua lavorazione, ed in particolare per quanto riguarda la maturazione, che può essere tardiva o precoce e risultare poi in un formaggio difettoso. Il difetto più particolare del Provolone è la colorazione rosata della pasta.
La causa di questo difetto, che solitamente si sviluppa in maniera crescente dalla periferia verso il centro, è data dagli starter. Molti studi hanno indagato su quali ceppi specifici arrecassero questo danno, che si tramuta molto spesso in un danno economico non da poco, in quanto la colorazione avviene verso la terza settimana di maturazione. Ricerche hanno accertato la correlazione tra la positività alla fermentazione del galattosio, soprattutto di ceppi di L. bulgaricus e L. helveticus, e l’apparenza della colorazione rosata brunastra. La soluzione perciò risiede in un utilizzo di colture adatte in modo tale da evitare tale difetto.
Per conoscere i difetti delle altre tipologie di formaggio è possibile visionare i precedenti articoli:
- Non sempre i formaggi sono “in forma”: difetti della categoria a pasta molle
- Non sempre i formaggi sono “in forma”: difetti dei freschi
Autori
Eleonora Fiorucci & Angela Di Berardino
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