Inizia un nuovo Focus di Domus Casei, interamente dedicato al caglio.
Il formaggio è un prodotto alimentare derivante dalla trasformazione del latte. Tale processo parte dalla conversione del latte in cagliata, una massa gelatinosa che forma un reticolo nelle cui maglie vengono intrappolati i globuli di grasso e siero, espulso successivamente.
Grazie alla completezza di cui è dotato, il latte, in tutte le sue variabili intero, parzialmente scremato e scremato, è utilizzato su larga scala per la produzione di formaggi tramite l’aggiunta di fermenti e sale da cucina alla matrice.
Il processo di conversione del latte in cagliata, prende il nome di caseificazione, ed è seguito dalla fase di maturazione.
Da un punto di vista tecnologico, la coagulazione può avvenire per effetto termico, per azione dell’acidità (coagulazione acida o lattica), per azione di enzimi coagulanti (coagulazione presamica o enzimatica) o per la contemporanea presenza di più fattori.
Normalmente l’azione coagulante del latte avviene per la presenza delle caseine, ma nella coagulazione termica, l’azione coagulante viene effettuata dalle siero-proteine del latte che inglobano le caseine nel reticolo coagulato e ne provocano la separazione. In questo caso le caseine non producono il coagulo perché non sensibili ai processi di riscaldamento, cosa invece rilevata nelle siero-proteine. La coagulazione termica consente di ottenere elevate rese di coagulo per la presenza delle caseine e delle siero-proteine ma la presenza di entrambe le frazioni proteiche del latte porta all’ottenimento di un coagulo particolare; ciò comporta un utilizzo molto blando e poco diffuso di questa metodica di coagulazione. Ciononostante, da questa tipologia di coagulazione si ottengono formaggi particolari come il Cacioricotta e il Queso Blanco.
In ambito alimentare le metodiche di coagulazione più utilizzate sono quindi la coagulazione acida, o lattica, e la coagulazione presamica, o enzimatica.
A prescindere dalla fonte di estrazione, la principale caratteristica del caglio e motivo di scelta nell’applicazione casearia, è l’attività coagulante, ovvero quanto quel caglio è in grado di coagulare la proteina.
L’attività coagulante di un caglio è rappresentata, secondo Soxhlet, da un rapporto tra i volumi di caglio su quello di latte. Infatti, l’attività coagulante di una proteasi, definita titolo (T), rappresenta proprio il numero di volumi di latte fresco di massa coagulanti (V) con un volume di caglio (Tv) a condizioni climatiche-temporali arbitrarie. Da qui, fissati un volume di caglio ed un volume di latte, e misurato il tempo di coagulazione, si ha che:
T=2.400 V/Tv
Commercialmente, ogni forma di caglio presenta un titolo differente. I cagli liquidi hanno un titolo compreso tra 2.000 e 5.000, per gli estratti di caglio è compreso tra 10.000 e 15.000, per la forma in polvere tra 100.000 e 150.000, mentre il titolo del caglio cristallizzato è di circa 10.000.000.
Ciononostante, la definizione di titolo data da Sohlet potrebbe risultare impropria in quanto associata all’utilizzo di un latte fresco normale. A tal proposito sono stati fatti vari studi per definire l’attività coagulante di un caglio, a prescindere dalla sua fonte di estrazione. Tra questi, Berridge nel 1952 ha scelto come substrato una soluzione di 120 g di latte scremato essiccato tramite nebulizzazione, ma senza pre-riscaldamento, in un litro di soluzione di CaCL2 a molarità M 0.001, ovvero 1.11 g di cloruro di calcio per litro. Questa definizione prende il nome di unità di caglio e corrisponde alla qualità di caglio per centimetro cubo capace di coagulare 10 centimetri cubici di substrato standard in 100 secondi a 30°C. Per calcolare l’unità di caglio UC è quindi possibile utilizzare la formula riportata di seguito:
UC= 10 V/ Tv
Un’ulteriore proposta per definire l’attività coagulante è stata esposta nel 1965 da Ritter e Shilt. La loro definizione di attività coagulante è quella che meglio risponde all’applicazione in caseificio, con una temperatura di 32°C e una durata di circa 30 minuti. Definire l’attività coagulante secondo questa terza definizione, è possibile andando a fare numerose prove con diluizioni crescenti di caglio, partendo da 1:100, in una soluzione al 6% di NaCl.
Le differenze tra le due tipologie di coagulazione del latte, ed una panoramica sui cagli, sono state affrontate nell’articolo “La coagulazione del latte e le tipologie di caglio“.
Affronteremo nel corso dei prossimi articoli, tutto ciò che riguarda il mondo della coagulazione del latte, e, più precisamente, i cagli coinvolti nella coagulazione enzimatica. Esistono, infatti, quattro tipologie di cagli in funzione della loro origine: vegetali, animali, microbici, e da DNA ricombinante. Nelle prossime settimane affronteremo nel dettaglio le singole tipologie.
Bibliografia:
Alais, C. (2000). Scienza del latte. Tecniche nuove.
Leggi tutti gli articoli del focus:
- Caglio e dintorni: come calcolare l’attività coagulante?
- Caglio e dintorni: il caglio animale
- Caglio e dintorni: la frontiera dei cagli vegetali
- La fattoria Ottopassi si racconta a Domus Casei: il caglio vegetale per un prodotto tradizionale
- Caglio e dintorni: i microbici e da chimosina ricombinante
- Caglio e dintorni: Chr. Hansen da circa due secoli sviluppa caglio ed enzimi coagulanti adatti a numerose applicazioni casearie
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