L’annuale cerimonia degli Italian Cheese Awards è forse ciò che al meglio caratterizza l’integrità del settore lattiero – caseario.

Al di là degli aspetti tecnici dei singoli formaggi, delle loro caratteristiche sensoriali e organolettiche, i cui giudizi spettano agli addetti ai lavori, è il fattore umano il vero satellite che rotea attorno a un prodotto che consumiamo da sempre. Sin dalla preistoria l’uomo, ancora privo del linguaggio verbale, ha ideato più di un sistema per entrare in contatto con i suoi simili: dagli utensili alle raffigurazioni rupestri, ha cercato la propria identità.

Con l’arrivo delle prime società rurali, sostentate  principalmente dalle attività allevatoriali, egli si identifica, dal latino identitas (stessa cosa), nel ruolo dell’allevatore ovvero di custode degli animali, di colui che curando il bestiame ne preserva la carne e il latte per ricavare da quest’ultimo, il formaggio.

Più che un’antica tecnica, la produzione casearia è il prodotto dell’autenticità dell’allevatore.

Da un punto di vista psico-sociale è stato conseguente il bisogno di sentirsi “responsabile” non solo verso sé stesso ma anche di fronte ai bisogni della comunità a cui appartiene. Non è un caso che nei secoli a venire si evolve di pari passo con la produzione: da piccola filiera, si espande da nord a sud del Paese. Qui nasce da un lato il susseguirsi di nuove metodologie e dall’altro il sentimento di quell’unicità identitaria, di cui sopra, che ancora oggi anima l’orgoglio gli uomini e le donne del settore lattiero – caseario.

Ecco quindi che gli Italian Cheese Awards acquisiscono un senso molto più ampio agli occhi di chi vi partecipa: da semplice produttore, il casaro, diviene promotore di sé stesso e della sua storia identitaria.

Perché fin dei conti ci piace pensare che il formaggio sia l’opera viva della tradizione casearia; dalla cura agli animali ai tratti peculiari di un territorio, e non solamente il prodotto finale che vediamo in vetrina al supermercato, dove il consumatore medio lo acquista in offerta. E perché in fondo ognuno racconta la propria unicità come meglio crede, e poco importa che si trovi tra le rocce degli Abruzzi oppure ancora più su tra i dirupi dei malgari. E’ tutto parte di un’unica grande realtà che rende onore al nostro Paese nel resto del mondo.