Nel dicembre del 1931 arriva in Italia un piccolo uomo dalla ascetica figura vestito in dhoti bianco, il tradizionale vestito indiano confezionato con il popolare tessuto khadi che lui stesso fila con un arcolaio che si porta appresso, con un paio di semplicissimi sandali ai piedi, assieme ad una capra di alta taglia che lo segue come se fosse un cane e che ogni giorno gli dà il latte che assieme a frutta e verdure costituisce il suo cibo. È il Mahatma Gandhi (1869 – 1948) l’uomo che avrebbe portato all’indipendenza l’India, il suo paese, facendo crollare l’Impero Britannico.

Mohandas Karamchand Gandhi noto anche come Mahatma o Grande Anima ha uno stile di vita che comprende un’alimentazione vegana e nel 1914, ammalato di pleurite, i medici gli consigliano di bere latte di mucca e lo stesso consiglio gli è dato nel 1918 quando è colpito da dissenteria accompagnata da febbre alta, ma in entrambi i casi non segue il consiglio dei medici. Il rifiuto è basato anche per la sua opposizione allo sfruttamento degli animali da parte dell’uomo e successivamente, quando divenuto maturo e poi anziano, si tramuta nel compromesso di bere il latte di una capra con la quale sviluppa un rapporto di familiarità. Anche nella sua ultima cena, il 30 gennaio 1948, prima di venire assassinato, Mahatma Gandhi si ciba di verdure cotte, arance e latte della capra. Gandhi è fautore di una vita semplice, vive coerentemente i propri principi di sobrietà e dignitosa povertà pertanto si nutre esclusivamente di verdure crude o bollite e di frutta, principalmente datteri, arance e uva, e solo per i sopraggiunti motivi di salute accetta di bere il latte di capra: “è stata la tragedia della mia vita” così definisce la scelta in una autobiografia dopo che aveva fatto del non bere latte un caposaldo della propria esistenza. Normalmente, come sappiamo dalle sue abitudini in un viaggio in nave del 1931, alle 6 o 7 del mattino beve un bicchiere di succo d’arancia appena spremuto, seguito poco dopo da un bicchiere di latte della sua capra. Alle 10 del mattino consuma acqua calda con limone e miele o cannella in polvere. Il pranzo consiste in un grappolo d’uva e un bicchiere di latte di capra. La cena comprende verdure crude grattugiate, come carote o sedano, e due mele grattugiate. Il latte è sempre della sua capra familiare che lo segue anche nei suoi viaggi all’estero e in Italia con almeno due significativi episodi.

Il 12 dicembre 1931 Gandhi arriva a Roma e nella Città Eterna in due giorni visita alcune scuole e i servizi per l’infanzia della classe operaia, gli alberghi della Garbatella e il servizio della maternità dell’Onmi, ma anche i principali monumenti della città eterna tra cui la Cappella Sistina, un suo grande desiderio, ma non è ricevuto dal Papa Pio XI Achille Ratti, a cui aveva chiesto udienza, e che si rifiuta di riceverlo accampando la scusa del suo abbigliamento indecente, ma più probabilmente per idee professate da Gandhi. In un rapporto segreto di polizia si legge «perché non ha voluto assoggettarsi ad un vestimento più decente» e mai, nemmeno per il Papa, Gandhi avrebbe acconsentito a indossare giacca e cravatta, gli abiti occidentali.

A Roma Gandhi incontra invece Benito Mussolini che lo sottopone a un tour de force militaresco, legioni e manipoli di Avanguardisti, Balilla e gerarchi in divisa sui quali Gandhi sorride mormorando disgusting, consolandosi poi, come annota nel suo diario del 13 dicembre 1931, “Oggi filati 180 giri” perché a Roma, oltre alla sua capra, si è portato il suo charka, l’arcolaio a ruota, per continuare a filare e poi tessere il khadi, stoffa simbolo dell’indipendenza indiana. Un colloquio privato con Mussolini di circa venti minuti avviene in un luogo non precisato e dopo averlo incontrato, come racconta il figlio Vittorio, Mussolini afferma “Quest’uomo e la sua capra fanno tremare l’impero britannico” ma è interessante che Donna Rachele, la moglie di Mussolini, nelle sue memorie scrive che «Il Mahatma si presentò a Villa Torlonia (residenza della famiglia di Mussolini) tenendo al guinzaglio la sua inseparabile capretta».

Partendo da Roma in treno, il 14 dicembre 1931 Gandhi arriva alla stazione marittima di Brindisi per imbarcarsi sulla motonave del Lloyd Triestino Pilsna diretta in India. A Brindisi Gandhi incontra il sacerdote don Pasquale Camassa (1858 – 1941), uno dei principali artefici della divulgazione della cultura e dell’istruzione alla popolazione locale nonché direttore del Museo Civico locale e alla popolazione noto come Papa Pascalinu, che si presenta portando una preziosa coppa risalente al V secolo a. C. che porge al Mahatma per raccogliere e quindi bere il latte appena munto della capra che lo segue anche in questo suo viaggio. Di questo evento il Mahatma Gandhi conserva un durevole ricordo della sosta a Brindisi e dell’incontro con il Camassa e dovette parlarne parlare in patria, perché il prof. Alberto Del Sordo nel suo libro Brindisi. Linee storiche essenziali (Schena 1977) ricorda che una coppia di giovani indiani, giunti a Brindisi nei primi anni settanta, giungono al Museo Civico per rintracciare e fotografare l’inusitato storico recipiente, in cui il Mahatma aveva bevuto il latte di capra.

 

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.