Alle pendici del Monte Elbrus, in quel territorio caucasico, ponte geografico e culturale tra Europa e Asia, sono germogliate molte leggende, tra cui una in particolare ci interessa. Se ci si addentra tra le valli strette e oscure, in quei piccoli villaggi folkloristici di pastori qualche canuto signore o qualche esile vecchietta saprà ancora raccontare una storia lunga millenni. Si narra che Maometto donò un prodotto prodigioso alla popolazione caucasica, con il monito di non diffonderne la ricetta. E così la comunità fece, tenne all’oscuro del resto del mondo conosciuto un prodotto che denominò Keyif ovvero piacere, delizia. Questa portentosa bevanda leggermente alcolica, che oggi viene chiamata Kefir, aveva il potere di rinvigorire l’animo e l’organismo e chi se ne nutriva viveva in salute per molto tempo. Si sa però che sono pochi i segreti che un essere umano può mantenere, e pian piano si diffuse la notizia che gli abitanti di quelle arcane e anguste regioni vivevano al riparo dalle malattie fino a raggiungere i 100 anni. La curiosità tardò un po’ per essere appagata, ma alla fine, nonostante l’inflessibilità dei caucasici, il trucco venne a galla. Verso la fine del XIX sec il Nobel Russo per la Medicina Il’ja Il’ič Mečnikov iniziò ad indagare circa la loro longevità e ne attribuì la causa proprio al Kefir. 

Leggende a parte, gli studi di Mečnikov sono stati molto importanti per la diffusione dei latti fermentati. Il Dottore Russo si occupò proprio dell’effetto sulla longevità indotto dai latti acidi, per azione dei ceppi microbici presenti in essi. 

Generalità sul kefir e sui nostri amici, i microrganismi

Il nostro viaggio, dunque, alla scoperta dei latti fermentati continua seguendo gli ultimi trend. Il Kefir, infatti, ha avuto negli ultimi anni un seguito inaspettato. Dalla produzione casalinga si è passati e si è incentivata anche la produzione industriale, il che ci fa comprendere quanto questo prodotto sia richiesto. Molte sono le aziende lattiero-casearie che si sono cimentate nella valorizzazione di questo latte fermentato, che ha iniziato a dilagare negli scaffali dei prodotti freschi dei nostri supermercati. 

Dopo aver parlato del latte fermentato più consumato al mondo e dell’unica tipologia italiana (rispettivamente Vi raccontiamo i latti fermentati: lo yogurt e Vi raccontiamo i latti fermentati: la tradizione centenaria sarda ci rivela il Gioddu), diamo spazio a questo alimento in voga. 

Il kefir è un latte fermentato dal sapore più deciso dello yogurt. È acidulo e leggermente frizzantino, e possiede un bassissimo contenuto alcolico, ci aggiriamo nel range 0.08–2.0%. L’aroma e il gusto, come per gli altri latti fermentati, sono determinati dagli acidi grassi liberi (FFA), prodotti in seguito a lipolisi, e da chetoni, esteri e aldeidi (composti volatili che influenzano l’aroma). La densità anche è diversa, rispetto allo yogurt. È meno compatto, infatti viene consumato maggiormente come bevanda, ma è decisamente più viscoso. È prodotto a partire da latti proveniente da ruminanti (di ogni specie), a seguito di fermentazione acido-alcolica che si sviluppa sui cosiddetti grani di kefir. 

Questi grani hanno una dimensione che varia da 1 a 4 cm, e somigliano a piccoli cavolfiori sia per la forma che per il colore. La struttura è tenuta stabile e omogenea tramite un film di esopolisaccaride, chiamato kefirano, e proteine, in cui batteri lattici, lieviti e batteri acetici convivono in connessione simbiotica. 

I microrganismi, come abbiamo già precisato altre volte, possono variare in relazione all’ambiente di produzione, al clima e al latte di origine. Si possono, però, elencare dei microrganismi che sicuramente partecipano alla fermentazione del kefir nella maggior parte dei casi, che sono gli stessi ad essere usati come inoculo in ambito aziendale. Le specie di batteri predominanti che si possono riscontrare nei grani sono: 

  • Lactobacillus kefiranofaciens, 
  • Lacticaseibacillus paracasei, 
  • Lactiplantibacillus plantarum, 
  • Lactobacillus acidophilus, 
  • Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus. 

Per quanto riguarda i lieviti abbiamo:

  • Saccharomyces cerevisiae, 
  • S. unisporus, 
  • Candida kefyr, 
  • Kluyveromyces marxianus ssp. marxianus 

I lieviti sono fondamentali in questa comunità, in quanto creano un ambiente che facilita la crescita dei batteri, oltre a produrre metaboliti importanti quali peptidi, vitamine, etanolo, CO2, e contribuiscono all’aroma del prodotto. Gli effetti benefici di questa bevanda sono garantiti dal connubio e dalla simbiosi dei vari microrganismi che agiscono e dall’esopolisaccaride che funge da protezione sia per il consorzio che per la discesa nel tratto gastro-intestinale. Come in un videogioco, i vari step che portano al sistema gastro-intestinale inducono stress nel consorzio, e gran parte della sua riuscita in questo percorso è garantita dalla protezione effettuata dalla matrice latte e dal kefirano, l’esopolisaccaride. 

Produzione: casaliga e industriale

Prima di analizzare gli effetti benefici di questa bevanda, è interessante sapere in che modo può essere preparata. 

Per millenni la produzione è stata principalmente casalinga, e ancora oggi sono molti gli strumenti che vengono venduti per facilitare questo tipo di realizzazione. 

Anzitutto il kefir può essere, come direbbero gli inglesi, dairy o non-dairy, ovvero prodotto a partire dal latte di origine animale, o da altri matrici come l’acqua, il tè, o ultimamente le bevande ricavate da “latti” alternativi, quali soia, riso, cocco ecc. Gli studi evidenziano una differenza negli effetti benefici tra il dairy kefir e il non-dairy. Questo perché, come precisato anche altrove, il latte è l’alimento più completo e il suo valore nutrizionale è reso tale dalla presenza di tutte le categorie di macromolecole biochimiche (proteine, grassi, carboidrati) di cui l’essere umano necessita, con l’aggiunta di vitamine, minerali e altri microelementi. 

Appurato dunque che il kefir prodotto a partire dal latte ha delle caratteristiche e delle proprietà superiori rispetto agli altri, ci dedicheremo a questo per la sua produzione e i suoi benefici. 

Si parte dai grani di kefir, che vanno nutriti, un po’ alla maniera del lievito madre, anche se non si vuole consumare il latte fermentato tutti i giorni. Infatti, sebbene la fermentazione aumenti la shel-life del prodotto, non garantisce la vitalità dei microrganismi, che potrebbero morire, o meglio potrebbero morirne alcuni per essere soppiantati da altri. In particolare, se lasciato troppo tempo (anche se in frigo) senza nutrimento, il consorzio perde il suo assetto ed equilibrio iniziali; iniziano così a proliferare soprattutto batteri acetici e, se il tempo si prolunga eccessivamente, muffe. 

Da assidua consumatrice di kefir devo ammettere che mi è successo. L’estate, in particolare, è un periodo drammatico: l’alta temperatura induce una crescita spasmodica che si tramuta poi in una proliferazione di batteri indesiderati, inoltre si aggiungano umidità e pigrizia (la mia nel non voler sostituire il nutrimento dei miei piccoli amici). 

Dunque, importante, per la produzione casalinga è mantenere attivi e vitali i grani, attraverso un ricambio di matrice. 

La fermentazione avviene a temperatura ambiente (20-25°C), per circa 18-24 h; l’importante è che i grani di kefir siano sommersi dal latte, se ne può aggiungere di più in base alla quantità che si vuole ottenere. La massa dei grani aumenterà del 5-7% e la matrice si trasformerà grazie alla fermentazione. Il lattosio verrà trasformato in acido-lattico, gli zuccheri in alcol e CO2, e vari metaboliti secondari verranno prodotti. 

Per quanto riguarda invece la produzione industriale, può essere inoculato lo starter sul modello dello yogurt (chiamato metodo Russo) oppure può essere gestita una fermentazione comparabile a quella casalinga, ovvero sui grani di kefir. Per quanto riguarda la fermentazione, essa si svolge nei tank di produzione; non formandosi coagulazione, come invece avviene per lo yogurt, è lineare e non ha necessità ulteriori se non il controllo ferreo di temperatura e pH. 

Data la breve vitalità che possiedono i microrganismi, e i costi esorbitanti per mantenerli stabili durante la catena del freddo e nel packaging, alcune industrie sanno pensando di realizzare del kefir in polvere. Tale prodotto può essere ottenuto tramite l’atomizzatore o tramite il liofilizzatore. Evidenze scientifiche hanno dimostrato la netta differenza tra le due metodologie, in favore del liofilizzatore, tramite il quale si manterrebbero più accuratamente le peculiarità e qualità dell’alimento. 

Proprietà benefiche 

Arriviamo al dunque: perché questo kefir è così gettonato e studiato anche dalle industrie? Ebbene Mečnikov non si sbagliava nello studiare i microrganismi dei latti fermentati. Il consorzio del kefir è come abbiamo detto complesso, la comunità scientifica ancora non ha certificato l’esistenza di probiotici tra i ceppi della comunità che svolgano la loro precipua attività (di probiotici e dei loro effetti avevano parlato ampiamente in Vi raccontiamo i latti fermentati: prebiotici e probiotici). Nonostante questo, è proprio l’attività simbiotica esercitata dai vari ceppi, sostenendosi l’un l’altro, a esercitare gli effetti benefici dell’alimento. Si tratta in particolare di giovamenti di cui si valgono il metabolismo e tutto ciò che implica. Nella lista seguente indicherò alcuni esempi, per saperne di più è possibile visionare la bibliografia. 

Per cui il kefir può essere un potenziale:

  • Anti-ipertensivo, la degradazione proteolitica e lipolitica dei costituenti del latte forma peptidi attivi, tra cui gli ACE-inibitori, ovvero inibitori dell’enzima che converte l’angiotensina in un potente vasocostrittore. 
  • Anti-cancerogeno, tale attività si esplica ritardando la crescita tumorale, tramite apoptosi, miglioramento della risposta immunitaria e del microbiota intestinale, processi anti-ossidativi, inibizione della proliferazione e attivazione dei pro-carcinogeni. Gli studi per verificare tali attività sono stati svolti su leucemia, cancro al seno, cancro al sistema gastro-intestinale e sarcoma;
  • Anti-diabetico, nel diabete di Tipo II è stato visibile un miglioramento tramite l’attivazione della Fosfoinositide 3-chinasi o di altre molecole a monte della via di segnalazione dell’insulina, che risulta in un migliorato assorbimento del glucosio;
  • Anti-microbico, i microrganismi producono sia l’ambiente, tramite l’abbassamento del pH, che molecole, come le batteriocine, che impediscono la proliferazione di microrganismi patogeni;
  • Ipocolesterolemico, effetto dovuto agli stessi microrganismi che diminuiscono il colesterolo sierico inibendo l’assorbimento del colesterolo nell’intestino tenue;
  • Anti-ossidativo, il kefir è una ricca risorsa di antiossidanti;
  • Anti-infiammatorio, tramite la sottoregolazione di citochine pro-infiammatorie, e tramite l’aumento della produzione di immunoglobuline A, attraverso la stimolazione della risposta della mucosa intestinale attivata dal’esopolisaccaride. 

Per concludere, il kefir è un prodotto dalle mille capacità e dal gusto unico. Si può bere da solo o abbinare a frutta e cereali e consumarlo come uno yogurt. 

Bibliografia e Sitografia

  • M. A. Farag, S. A. Jomaa, A. A. El-Wahed, H. R. El-Seedi (2020). The Many Faces of Kefir Fermented Dairy Products: Quality Characteristics, Flavour Chemistry, Nutritional Value, Health Benefits, and Safety. Nutrients, 12, 346.
  • M. C. García Fontán, S. Martínez, I. Franco, J. Carballo (2005). Microbiological and chemical changes during the manufacture of Kefir made from cows’ milk, using a commercial starter culture. International Dairy Journal, 16, 762-767