La forza dei prodotti a marchio DOP e IGP sta facendo da traino all’export italiano in un momento, a livello globale, complicato sia dalla crisi post pandemica che dalla guerra in Ucraina.
È un sistema che coinvolge nel suo complesso duecentomila operatori e 291 consorzi di tutela. Nonostante la chiusura dei mercati extra UE e i due anni di stop and go per il Covid, si è registrata una buona tenuta della cosiddetta Dop Economy, che nel 2021 ha raggiunto il record di fatturato alla produzione con un valore di 19,1 miliardi di euro, segnando un +16.1% e un +12,8% di export (dati Ismea-Qualivita 2022).
Tuttavia esiste un altro giacimento di prodotti Made in Italy che fanno da volano per l’economia interna, generando ricchezza sia direttamente, con la vendita degli stessi, che indirettamente, con il turismo per conoscerli e apprezzarli. Si tratta dei PAT, Prodotti Agroalimentari Tradizionali, istituiti con Decreto Ministeriale 8 settembre 1999, n. 350.
I PAT sono tutelati a livello nazionale e non comunitario come le DOP, le IGP e le STG, e vengono inseriti in appositi elenchi grazie alla collaborazione tra Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (ex MIPAAF) e Regioni.
“Ai fini del presente decreto sono considerati prodotti agroalimentari tradizionali quelli le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo. Per l’individuazione dei prodotti agroalimentari tradizionali le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano accertano che le suddette metodiche sono praticate sul proprio territorio in maniera omogenea e secondo regole tradizionali e protratte nel tempo, comunque per un periodo non inferiore ai venticinque anni.”
Per queste eccellenze italiane, quasi mai gli anni sono venticinque, in genere sono infatti molti di più e non è difficile che si parli di tradizioni secolari. Produzioni limitate come quantità che però costituiscono l’ossatura del patrimonio enogastronomico italiano, emblemi di ciascuna Regione che possono nascere solo in quel determinato territorio perché è lì che il sapere popolare ha saputo valorizzare quello che la terra offre.
L’ultima revisione, la ventiduesima, è stata pubblicata in GU il 21 Marzo 2022 e ne riconosce 5450, la Campania ne detiene da sola 580, aggiudicandosi il record della Regione con più PAT.
La loro suddivisione negli elenchi ministeriali è fatta per Regione e per categoria: bevande alcoliche, carni e frattaglie, formaggi, grassi, pasta fresca e prodotti di panetteria, prodotti di origine animale (miele), gastronomia, pesce, prodotti vegetali naturali o trasformati.
Le PAT casearie (in cui non rientra il burro che si trova invece nella categoria dei grassi), sono sempre una lista molto lunga di prodotti in tutte le Regioni, a prescindere dall’estensione o dalla densità abitativa, e forse sono quelle che più rappresentano il legame fra territorio e cultura popolare. Le razze animali da cui si produce il latte per la produzione di formaggio sono un patrimonio da tutelare, a cui viene riconosciuto un ruolo primario sia per la nutrizione che per lo sviluppo rurale. Con il rischio di estinzione che oggi molte di esse corrono, tutelare questi prodotti diventa un modo per valorizzare razze autoctone che, seppur con pochi capi, riescono a mantenere quella che definiamo biodiversità. Ad esempio, un formaggio tipico della val di Saviore, in Valle Camonica, il Fatulì, viene realizzato con solo latte di capra Bionda dell’Adamello, prodotto solo in alpeggio e con caratteristiche organolettiche uniche.
Non di rado un prodotto PAT è anche un Presidio Slow Food, e il Fatulì è fra questi.
Ci sono poi formaggi nati come prodotti di recupero, tipo il Graukaese, ottenuto da latte scremato dopo aver prodotto il burro e che è oggi l’emblema dei formaggi altoatesini, più della stessa DOP Stelvio.
Ci sono ancora prodotti che sono considerati ‘border line’, perché la tradizione non può essere standardizzata per definizione e spesso il processo produttivo si scontra con le normative, soprattutto europee, in materia di sicurezza alimentare.
I racconti potrebbero essere potenzialmente infiniti: storie, arte, cultura, tutto questo dietro ad una forma. Ma quello che conta è che grazie a questi prodotti è possibile mantenere vive non solo le tradizioni, ma il tessuto sociale di questi piccolissimi distretti produttivi che sono a rischio continuo di spopolamento. La loro salvaguardia è garanzia vera di tutela del made in Italy che ha reso l’Italia uno dei Paesi più acclamati e imitati al mondo.
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